01 Marzo 2022
Fonte: LaPresse
Dopo 70 anni, la guerra è tornata in Europa e, nonostante le pesanti sanzioni economiche, non è ancora chiaro quale sarà la prossima mossa di Putin. L’Occidente rimane unito, ma cresce il rischio di una spirale bellica. Marco Antonellis ha parlato del conflitto Russia-Ucraina con Ferruccio De Bortoli, giornalista italiano, due volte direttore de Il Corriere della Sera, per Il Giornale d’Italia.
In Italia, il leader leghista Matteo Salvini sembra nascondersi dietro Papa Francesco e Mario Draghi. Nelle dichiarazioni ufficiali non cita mai il nome del leader russo. Perché?
«I sovranisti europei e i paesi dell’est, che avevano confidato in un rapporto di vicinanza e di aiuto, sono rimasti orfani di Putin, che per molti ha rappresentato un modello di cesarismo politico a difesa della nazionalità. Il Presidente della Federazione Russia è stato in grado di esercitare un certo fascino perverso persino verso due dei nostri populisti, spingendo alcune forze ad erigerlo a modello e possibile alleato: ricordiamo che si discuteva dell’associazione della Russia alla Nato dell’ingresso nell’Unione Europea. Sarebbe interessante che si facesse un’autocritica, nella quale rientrerebbe a pieno titolo anche Matteo Salvini. Riconoscere gli errori di valutazione fa in modo che anche le scelte immediate - come le sanzioni - possano essere più credibili agli occhi di coloro che le subiscono. Purtroppo, in occasione delle altre sanzioni successive al 2014, abbiamo assistito a - soprattutto coloro che avevano qualche covenant commerciale molto forte, tra cui l’Italia - un distinguo eccessivo che prosegue tutt’oggi».
«Per difendere i valori occidentali e fermare la guerra, abbiamo la necessità di essere granitici e compatti dietro alcune misure economiche che non possono risultare all’ “acqua di rose”, perché sono le nostre ultime armi diplomatiche e commerciali. Se le indeboliamo noi stessi con troppe eccezioni e distinguo, l’errore rischia di diventare un assetto».
Tenendo conto che la Borsa di Mosca non riesce nemmeno ad "aprire", come valuti l’effetto delle sanzioni europee?
«Dal punto di vista economico, quando un Paese vede la propria valuta perdere il 30%, la borsa non riuscire ad aprire e raddoppiare il tasso di sconto, è chiaro che si tratta di una situazione di guerra economica. Osservando i fondamentali della Russia, si può notare che ha un Baker simile al nostro, ma una liquidita gigantesca superiore e soprattutto gli asseti attivi molto più preziosi che quotati».
«La guerra fa bene al gas e al petrolio, i due prodotti che la Russia esporta e che non sono sostituibili dall’oggi al domani: questo è l’elemento di maggiore forza che ha Putin. Non sappiamo quale sia lo stato del potere interno in una autocrazia, né quale sia il grado di resistenza: tendiamo a farci condizionare dal peso storico dell’ex Unione sovietica, ma il potere potrebbe essere minore di quel che pensiamo. Credevamo che la storia fosse finita, ma ci siamo trovati di fronte a uno dei momenti più drammatici della guerra fredda. La situazione attuale ci riporta indietro alla crisi dei missili di Cuba del ‘62, terminata con Krusciov che ripiega i missili e l’Occidente che li ritira. Questo conferma come una trattativa debba concedere qualcosa all’oppressore: non è pensabile che Putin si ritiri senza ricevere nulla in cambio. Nonostante contrasti con l’opinione pubblica, che vorrebbe il ritiro dell’orso russo, servirà della realpolitik per trovare un compromesso con Putin. Anche quello che è successo in Georgia nel 2008 dovrebbe farci riflettere per capire in che modo uscire da questo stato di guerra, senza che possa estendersi e diventare irrisolvibile».
«Paradossalmente siamo nella condizione in cui è Putin a dover trovare una via onorevole che gli consenta di dire che non ha perso. Dall’esterno non possiamo capire a pieno la dinamica di un potere intero, anche a causa dell’inquinamento delle forme di informazione. L’episodio in cui Putin provoca il Capo dei Servizi Segreti Esteri in diretta porta a pensare che, in 22 anni di autocrazia, ci sia stata una qualche forma di ritrosi nelle dinamiche di potere. Ora la cosa più importante da salvaguardare sono le vite, i profughi la sicurezza di un popolo. Presto ci troveremo nuovamente all’ABC di un’ondata di persone in fuga dalla guerra come in Afghanistan».
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia