09 Dicembre 2025
Philippe Donnet e Giulio Terzariol
Gli effetti dell’inchiesta della Procura di Milano sui possibili reati di natura finanziaria connessi alla acquisizione di Mediobanca da parte di Monte dei Paschi di Siena non sono al momento definibili né immaginabili. Per ora si sono manifestati immediati riflessi in Borsa: il titolo Mps ha perso oltre il 12 per cento in meno di una settimana, passando da 8,7 a 7,5 euro, prima di tentare una timida risalita.
Il faro acceso dalla Procura sugli indagati, i grandi azionisti Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri e l’amministratore delegato del gruppo Montepaschi, Luigi Lovaglio, hanno portato in evidenza fatti ben noti ai lettori delle cronache finanziarie: l’anomalo collocamento di una tranche di azioni Mps da parte del Tesoro il 13 novembre 2024; il palese interesse dell’esecutivo nell’indirizzare il ridisegno della geografia finanziaria nazionale, che ha avuto concretezza anche in un altro episodio clamoroso, l’utilizzo del Golden power per inibire l’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit, due banche italiane.
Infine, è emerso il potente legame di interessi che da Mediobanca irradiano sulle Assicurazioni Generali, in forza del 13,2 per cento delle azioni del Leone in portafoglio a Piazzetta Cuccia, che rendono la banca milanese il primo azionista di Trieste. Un rapporto che per Mediobanca vale da anni un terzo degli utili netti e che ha condizionato la crescita e l’evoluzione dell’assicuratore triestino, un tempo allineato ai valori e alle dimensioni dei maggiori gruppi europei, oggi nettamente staccato da Allianz, Axa e Zurich per capitalizzazione di Borsa. Per intendersi: Generali vale sul listino 52,5 miliardi di euro, Zurich e Axa una ottantina a testa, Allianz 138.
Cosa accadrà nelle prossime settimane non si può sapere. I tempi della giustizia sono lunghi, le indagini devono fare assoluta chiarezza, non basta l’estrapolazione di alcune intercettazioni telefoniche, per quanto imbarazzanti, per arrivare a sentenza. Va provato l’esistenza di un concerto, ovvero di un accordo occulto, della volontà di nascondere qualcosa al mercato, nella fattispecie la volontà di acquisire il controllo sulle Generali evitando l’obbligo di opa. E qui va ricordato che la vicinanza di intenti tra gli azionisti Caltagirone e Delfin, con oggetto le Generali, data almeno quattro anni, dai tempi dell’infelice lista che proponeva come amministratore delegato Luciano Cirinà e presidente Claudio Costamagna. È quindi opportuno provare a fare un po’ di chiarezza.
Mentre la polemica politica percorre sentieri tutti suoi («Bancopoli!»...), è oggettivamente difficile pensare di ritornare a uno status quo ante, da taluni invocato. Tornare cioè al gennaio scorso, prima del lancio dell’offerta pubblica di scambio annunciata da Lovaglio. Le compravendite si sono concluse, i manager sono stati liquidati, le integrazioni avviate. Tornare indietro è una ipotesi francamente complessa da percorrere. Più possibile che i diritti dei piccoli azionisti eventualmente lesi possano essere, se provati, riconosciuti. Si parla già di una possibile class action. Auguri.
Restano le società e qui è opportuno porre la massima attenzione. Il Monte dei Paschi di Siena ha avviato un calendario fitto di impegni, che passa dalla redazione del piano industriale per il prossimo triennio, fino all’assemblea che dovrà modificare lo statuto per introdurre la possibilità di presentare una "lista del cda uscente" e alla composizione della lista dei candidati amministratori che, nell’aprile 2026, dovrà sostituire gli attuali.
e Assicurazioni Generali, che hanno invece rinnovato il board nello scorso aprile, sono alle prese con problemi più sofisticati, industriali con la vicenda Natixis e di rappresentatività, con un consiglio di amministrazione che, secondo i critici, non è più pienamente rappresentativo della volontà del principale azionista, proprio perché l’azionista da aprile è cambiato. E poi ci sono i manager, su tutti Lovaglio e l’amministratore delegato delle Generali, Philippe Donnet. Per Lovaglio è un momento di difficoltà. Anche se il consiglio di amministrazione di venerdì scorso gli ha confermato piena fiducia, i prossimi mesi appaiono in salita. Mentre sembrano in discesa per Donnet, nel recente passato fortemente criticato dall’attuale azionariato di Mediobanca. Il manager francese sembra ancora una volta essere riuscito a girare la barca in favore di vento. Ha giocato carte importanti, come la nomina di Giulio Terzariol al nuovo ruolo di direttore generale e si è detto disponibile a rivedere l’accordo mai diventato operativo con i francesi di Natixis nell’asset management. Azioni che hanno smussato gli angoli di contrasto, aprendo a un dialogo e anche a una prospettica evoluzione che avrebbe proprio in Terzariol la figura di continuità.
L’inchiesta della Procura milanese, che certamente considera anche l’esposto di primavera dell’allora amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, indebolisce la forza dei suoi critici, permettendo a Donnet di riconquistare un ruolo da protagonista, con una propria autonomia, proprio mentre alcuni lo vedevano pronto a farle valigie. Ne beneficerà anche la compagnia. Infatti, al di là degli scontri personalizzati, quel che più conta è il futuro delle società coinvolte, di chi vi lavora e di chi vi ha investito o vi ha affidato i propri risparmi. Da questo punto di vista è opportuno osservare che il Monte dei Paschi di Siena, a differenza della Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio e del gruppo Caltagirone, non risulta indagato. Come ovviamente non lo è Generali. Se ne è accorta la Borsa in alcune occasioni della scorsa settimana, quando dopo giornate di prolungato panic selling ha registrato i primi timidi acquisti sul titolo Mps, in forza soprattutto della solidità che il Monte dei Paschi ha saputo conquistarsi sul mercato nel corso della gestione Lovaglio, ovvero dal febbraio 2022, dopo quindici anni di continui rovesci a cui si sono aggiunti i fondamentali rappresentati dalla recente trimestrale chiusa al 30 settembre. Per alcuni investitori, infatti, lo scossone in Borsa ha rappresentato una occasione di acquisto. In attesa dell’evoluzione dell’inchiesta.
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