13 Febbraio 2024
Faust e Mefistofele
Si gela. Lo studio è una terrazza coperta, completamente finestrata sui due lati esposti a Nord e a Est. Quando soffia il Maggiore, è costretto a indossare una giacca di saxony tweed sopra il maglione di cachemire e la camicia di flanella. Sono le due di notte. Ha scritto per quattro ore di fila. Si alza e ruota piano la testa. I muscoli delle spalle e del collo sono contratti. We-go è sempre rimasto accucciato sui suoi piedi. Ora si sgranchisce e zampetta verso la porta: si prepara a uscire. Due piani di scale, indossa il British warm appeso al vecchio attaccapanni e scende in giardino. We-go va verso il cancello: “No, vieni!”.
Scende verso il lago, passando accanto al campo da bocce. Pochi gradini, apre il cancelletto di ferro battuto e scende in spiaggia. Fa quattro passi, rabbrividendo per il freddo, aspetta che We-go faccia pipì contro un tronco spiaggiato e torna a casa.
La camera da letto è esposta a Ovest e non è battuta dal Maggiore. Sotto il piumone, il letto è freddo. Si rannicchia abbracciato al cuscino e si addormenta quasi subito.
“Sono Bernhard Fuchs, svegliati”.
“Sono sveglio”. Quel nome gli suona famigliare: “Sei davvero quel Bernhard Fuchs?”.
“Sì, sono io”.
Sa che è il nome del diavolo, o almeno uno dei tanti nomi del diavolo, ma non ha paura.
“Ti tengo d’occhio da un po’: stai migliorando”.
“In che senso?”.
“Ti impegni molto. Dai tutto te stesso. Notte dopo notte, il tuo romanzo prende forma”.
Annuisce, ma non dice nulla.
“Come sai, io sono un editore”.
Annuisce di nuovo. Pensa a Il diavolo nel cassetto, all’incontro col diavolo di Paolo Maurensig.
“Non hai nulla da chiedermi?”.
“Come sta Maurensig?”.
“A questa domanda non posso rispondere. Ci sono cose inconoscibili e il mistero della vita e della morte è una di queste. Fammi un’altra domanda”.
“Perché esisti?”.
Fuchs ride: “Dovresti saperlo, l’hai scritto tante volte… L’uomo ragiona per opposti: senza il male, non saprebbe cos’è il bene”.
“E qual è il senso di tutto questo?”.
“Di nuovo una domanda sull’inconoscibile”.
Annuisce: “Cos’altro dovrei chiederti? Che senso ha questo incontro se non posso sapere ciò che è essenziale?”.
“Non puoi superare la tua condizione umana, ma puoi migliorare la tua vita”.
Riflette: “In che senso?”.
“Dai, non fare l’ingenuo. Faust e Mefistotele, il patto”.
“Maurensig mi ha messo in guardia: tu non fai nulla senza ottenere in cambio la nostra anima”.
Fuchs ride di nuovo: “L’anima… che parola vuota! Nessuno sa se esista, né cosa sia”.
“Tu però lo sai perfettamente. Hai dato successo e notorietà a Maurensig per poi farlo ricadere nell’oblio. Ne ha sofferto e ti ha smascherato”.
“E con questo? Tutto passa, tutto cambia, tutto viene dimenticato. In termini umani, qualche anno di notorietà sembra un’eternità. Ma ti garantisco che visto da qui è tutta un’altra cosa. Vanitas vanitatum et omnia vanitas”.
Riflette: “Certo, l’ho sempre saputo”. Fa una pausa: “Scrivere non ha alcun senso. Eppure, per me è necessario”.
“Lo so. Per questo sono venuto da te”.
Sospira: “Qual è il patto?”.
“Molto semplice: tu puoi pubblicare con Mondadori e vincere il Premio Strega in cambio di un piccolo sacrificio”.
“Quanto piccolo?”.
“Devi diventare gay e prendere l’AIDS”.
Arrabbiato: “E questo sarebbe un piccolo sacrificio?”.
“Certamente. Ti avverto: se la mia richiesta ti sembra eccessiva, sarai destinato in eterno a restare un perdente”.
“Ma io sono già malato e non sono gay, perché mi chiedi proprio questo?”.
“Lo sai. Vedi, essere un perdente non sarebbe una grande condanna. La tua condanna sarà peggiore, perché sarai un perdente nonostante le tue qualità”.
“E’ già capitato”.
“Certamente. Pensa a tutti gli autori morti senza sapere che sarebbero diventati famosi”.
“Franz Kafka, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Guido Morselli…”.
“Esatto”.
“Ma ora loro sanno di essere diventati famosi?”.
“Questo, te l’ho già detto, non posso dirtelo. Ora però decidi, è quasi l’alba”.
“Accetterei in cambio del Nobel”.
Fuchs ride soddisfatto: “Lo vedi? Tutti voi avete un prezzo. Nessuno è incorruttibile. Tuttavia, per il Nobel mi devi dare molto di più”.
Impaziente: “Cosa?”.
“Devi diventare gnostico, tu sai cosa significa”.
“Sì, certo. Anzi, non ne sono sicuro: dovrei dire e scrivere che tu sei il signore del mondo e soltanto compiendo il male si compie la volontà di Dio?”.
“Più o meno. Non hai le idee chiare e la colpa è tua, che hai rifiutato l’iniziazione”.
E’ una vecchia storia ed è vera. Ma lui non credeva in Dio, come poteva credere al diavolo? Così si è rifiutato di diventare un illuminato.
“Fuchs, per il Nobel avrei fatto qualsiasi cosa. Qualche anno fa, forse anche per il Premio Strega. Non ho proprio nulla contro i gay e l’idea dell’AIDS non mi spaventa: sono sempre stato malato. Un malato estremamente fortunato perché non sento dolore”. Abbassa la testa, resta un attimo in silenzio poi conclude: “Ma ora ho 61 anni. Le cose sono andate male, ma non quanto a molti altri. Tutto sommato sono un uomo felice e mi considero fortunato. Un inglese direbbe don’t push your luck too far”.
Fuchs alza la voce: “Sei un vigliacco. Ti accontenti di nulla e ti illudi di essere quello che non sei”.
“Proprio così. Ho scritto tante volte che illudersi è meglio che non illudersi. Nella mia vita non ho mai preso nulla seriamente, eppure mi sono sempre comportato seriamente. Sembra una contraddizione, ma non lo è. Ci dobbiamo impegnare, come ha scritto il grande “Hank” Bukowski dobbiamo combattere come pesi massimi, affrontare il toro che ci carica a testa bassa. Poi tutto finisce, tout passe, tout lasse, tout casse, et tout se remplace. Se esiste un senso, come hai appena detto tu, è inconoscibile”.
Fuchs, indispettito: “Te lo chiedo per l’ultima volta: accetti di diventare gay e malato di AIDS?”.
“No. Trovati pure un altro”.
“Va bene, come vuoi. Ma voglio darti una lezione che non dimenticherai. In fondo, sono sempre Bernhard Fuchs, Mefistofele, il diavolo… Farò vincere il Premio Nobel a Roberto Vannacci”.
Stupefatto, inorridito: “In cambio di cosa?”.
Ride: “Questo non te lo dico”.
Di Alfredo Tocchi.
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