16 Ottobre 2023
Per la prima volta si pagheranno 5 euro a persona solo per varcare il ponte di Mestre, mentre si presume - come da passate edizioni- che ce ne vorranno almeno altri 25 per accedere alla Biennale e altrettanti per musei e gallerie collaterali. Che cos’è la Biennale?
Molti italiani vivono nell’assoluto disinteresse per la mostra di arte contemporanea veneta, i pochi che la conoscono assistono inermi allo spettacolo più snob e inaccesibile di sempre, in grado di generare tuttavia milioni di euro di fatturato, provenienti da vari canali, così come è di milioni l’impegno di spesa.
Molti italiani perciò rinunciano a Venezia o per meglio dire, alla mostra. La precedente Biennale Arte 2022 ha accolto c.a 800.000 avventori dei quali il 59% arrivato dall'estero e per il 41% dall'Italia. Il 35% in più rispetto all’edizione 2019 che aveva chiuso con c.a 600.000 visitatori. Quindi dall’Italia c.a 360.000 visitatori di cui 239.276 sono stati giovani: solo 120.000 italiani adulti, equivalenti al 15% dei visitatori totali.
Eppure Venezia conta almeno 20 milioni di turisti annui: la Biennale è quindi una manifestazione per studenti?
Andiamo avanti: quanto costa la Biennale? La Biennale Arte 2017 ha avuto un costo di 13 milioni di euro, che in teoria verrebbe finanziato per oltre il 90%, da royalties, donazioni, biglietteria, bandi. Il biglietto intero per questa edizione, dovrebbe passare da 30 a 25 euro (lo stesso prezzo del biglietto per gli Uffizi di Firenze), non esistono riduzioni per insegnanti statali; i giornalisti hanno uno sconto del 40% e secondo le stime, nella precedente edizione sono stati c.a 10000 i giornalisti paganti. Come fondazione la Biennale partecipa ai bandi Mibact, ad esempio per l’allestimento del 'padiglione Italia' che costa di erse centinaia di migliaia di euro; l’edizione del 2019 è costata circa 20 milioni di euro mentre la spesa attuale viene stimata in almeno 30, di milioni.
In città, per l'occasione, si affitta di tutto, da piccoli spazi ai grandi palazzi sia sul Canal Grande che all'interno, per un tot. di circa 200 location, con prezzi di affitto che variano dai diecimila ai cinquantamila euro al mese: un business che interessa anche alcune chiese vuote, che si prestano - con lauti affitti - a veicolare le esposizioni al loro interno e con grandi manifesti pubblicitari che coprono le facciate. 85 padiglioni internazionali ufficiali sparsi in cittá, ciascuno con il suo curatore, mettono in conto cifre che vanno dai 100 ai 500 mila euro di spesa ciascuno: a seconda delle opere, degli spazi, delle difficoltà di allestimento e di assicurazione. Non mancano artisti che monopolizzano interi palazzi: con curriculum nelle location ‘comprate’ più costose del mondo, addirittura fino alla galleria Borghese di Roma, come è successo per l’inglese Damien Hirst della galleria Saatchi, che ha esposto nel 2017 e poi appunto, a Roma.
Così grosse le gallerie, come Gagosian, che se non riescono a infilare un artista dentro la manifestazione ufficiale tramite i padiglioni - come fecero nella scorsa edizione le gallerie Zwirner, Hauser e Wirth, Antenna Space Shanghai, Jtt New York e le italiane Cortesi, Spazio Sa, Allegra Ravizza, Osart gallery, P420, Continua etc.- che provano ad affittare spazi o gallerie nel centro storico oppure ad aprirne di veramente grandi come il magnate francese Pinault a Punta della Dogana e a Palazzo Grassi, da tempo ormai sue gallerie. Venezia non è che l'apoteosi di un enorme grand tour dello strapotere delle gallerie multinazionali che imperversano con i loro programmi avulsi dall’arte tradizionale e dal paesaggio italiano, in quanto tutto è decontestualizzato. Ma senza un vero motivo a cui non sanno rispondere neanche il consiglio di amministrazione e i suoi componenti, il sindaco di Venezia Brugnaro, il governatore regionale Zaia e il componente tecnico Claudia Ferrazzi, nonchè da Cicutto, produttore cinematografico, presidente dal 2020 per volere dell’ex ministro Franceschini.
E’ da tempo che ci si aspetta discontinuità: possibile che nell’era di un governo che anche rispetto alla cultura e alla scuola ha dimostrato una certa preoccupazione, non vi sia nessun reale approfondimento? Sembra che - a pochi mesi di distanza dall’inaugurazione, fissata per il 17 aprile 2024 - resti la logica di sempre: le partecipazioni nazionali sono prossime all'inesistenza quantitativa tanto che al Padiglione Italia del curatore Cerizza, esporrà il solo Mario Bartolini, artista toscano.
Il sottosegretario Sgarbi scrive sul Giornale che il curatore del Padiglione Italia si era messo in evidenza con una mostra al “museo più scassato d'Italia, il Pecci di Prato, [...] vista da meno di cinquemila persone, è stato il laboratorio delle prove tecniche per il Padiglione Italia della prossima Biennale di Venezia. La commissione che ha selezionato il progetto del binomio critico-curatore/artista, ha ritenuto di offrire al ministro un bollito di idee presentate nel 2022 a Prato, sotto la denominazione “Hagoromo”, che dovrebbero rappresentare l'Italia nel 2024. L'Italia e la sua creatività. Con tutto il rispetto per i ripetenti accoppiati, l'Italia è altro, e molto di più”. In effetti tali figure sembrerebbero legate ad alcune gallerie ben precise, molto influenti nell’arte contemporanea e partecipanti già da diverse edizioni.
E poi si fa di tutto per far comprare ai musei stranieri le opere indicate da funzionari, parlamentari o dei loro amici per poi farle ricomprare ai musei statali, per poi cederle a privati o nuovamente a stranieri, in un circolo che mette ai margini il 99% degli addetti all’arte, per non dire di insegnanti, studiosi e specialisti italiani.
Anche gli storici dell’arte sono in vergognosa ritirata, speranzosi o illusi di rientrare nelle grazie del giro della Biennale, del ministero, della soprintendenza o di una delle gallerie partecipanti: nessuno considera vantaggioso criticare un’organizzazione così vasta ma anche così arbitraria e discrezionale, sperando di raccoglierne le briciole. Un groviglio di interessi che ricorda la politica: ma a differenza di quest'ultima, non si trova ancora - a pochi mesi dall'inaugurazione ufficiale - una critica seria, ossia una lettura obiettiva, per gente comune ma anche per funzionari, amanti dell’arte, dipendenti del pubblico e del privato, né effettivamente si sa chi siano i partecipanti e a che titolo, per fare una critica, per migliorare o anche per apprezzare.
Per chi non lo sapesse, certi allestimenti 'site specific' -ossia che coinvolgono i visitatori in spazi talmente ambigui da rendere ormai obsolete le divisioni tradizionali di pittura, scultura, fotografia - sin dagli anni '60 si susseguono come in una coazione a ripetere, ci sará un motivo? L’elenco dei partecipanti come in ogni edizione degli ultimi venti anni è così lungo e anonimo da renderlo praticamente irrilevante. Resta Venezia con il suo fascino, i suoi canali, i suoi scorci silenziosi ed enigmatici. Per il resto vale ancora la pena visitare la Biennale?
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