16 Ottobre 2022
fonte: pixabay
Giulio e Filippo si conoscevano da diversi anni; lavoravano nella stessa azienda con incarichi simili, anche se in
territori diversi ma confinanti. Quando per caso le loro
strade s’incrociavano, in qualche paesino della bassa Padania o nelle valli Bresciane, questo diventava occasione per
un caffè o un veloce pranzo. Gli incontri erano sempre conditi da qualche chiacchiera sui vertici societari. Filippo, infatti, era informatissimo su tutto ciò che accadeva nei piani
alti dell’azienda e, tra i pettegolezzi e i “si dice”, a volte riportava notizie utili e importanti sui programmi futuri o
un’indiscrezione su qualche grosso dirigente. Periodicamente i due si ritrovavano in sede per partecipare a
qualche riunione d’area o per uno dei tanti corsi d’aggiornamento. tuttavia non era mai nata tra di loro una vera e
propria amicizia, quella fatta di confidenze personali, di
partecipazione e affetto, il loro rapporto, invece, navigava
su un livello confidenziale molto superficiale, pur se alimentato da reciproca e spontanea simpatia; erano gli opposti che si attraggono, due mondi diversi, due modi
contrapposti di vedere la vita e di viverla. Giulio, marito e
padre, aveva la responsabilità di una famiglia, viveva in
un ambiente sociale molto esigente e critico, mentre Filippo, scapolo irriducibile e senza responsabilità coniugali,
conduceva una vita diametralmente opposta, fatta di locali
notturni, di legami temporanei, di feste e trasgressioni.
all’ultimo loro incontro, in occasione di una cena tra vecchi
colleghi, era arrivato in compagnia di una giovanissima e
spregiudicata ragazza, che presentò come la sua fidanzata, suscitando tra tutti i suoi coetanei cinquantenni, oltre ad
occhiate cariche di libidinosa voluttà, sussurrati scambi
d’informazioni sulla già nota leggerezza della ragazza. Poi
le loro strade si divisero. nuove aziende, nuovi mestieri,
ancora tanti chilometri da percorrere, sempre per le stesse
strade della bassa Padania, tra borghi sbiaditi dalle compatte nebbie invernali o tra le aride pianure arse da estati
afose e soffocanti; inevitabile che, prima o dopo, s’incrociassero nuovamente in qualche paesino o in un autogrill,
come accadeva quando erano colleghi nella stessa azienda.
Era passato quasi un anno da quella cena, quando il caso
li fece incontrare in quel piccolo bar tra le verdi e ordinate
colline della Franciacorta; l’avvenenza della barista l’aveva
reso una tappa obbligatoria per i tanti randagi come loro
due che battevano quelle strade. Dopo la sorpresa, i saluti,
un ammiccamento alla cassiera e un caffè, si aggiornarono
sinteticamente sulle reciproche situazioni professionali;
Giulio illustrò a Filippo la realtà lavorativa che stava vivendo e che in quel periodo lo stressava particolarmente,
questo perché, gli confidò, si era separato da qualche
tempo e tribolava tra avvocati e tribunali, con il lavoro che
andava a rotoli e un umore tendente sempre verso i colori
più scuri. Filippo, invece, iniziò a raccontare che da qualche
tempo bazzicava il mondo dei locali notturni della provincia, tra spogliarelliste ed entraîneuse, con un ruolo poco
chiaro che Giulio non capì perfettamente, ma sul quale non
volle indagare più di tanto. in fondo quello era il suo ambiente naturale e Giulio non aveva pregiudizi, il personaggio, alla fine, si era guadagnato il suo naturale
palcoscenico. Sapeva già, confidò a Giulio con un atteggiamento di comprensivo rammarico, della fine del suo
matrimonio; la cosa gli era stata riportata dai vecchi e comuni colleghi. Pur non essendo mai stato sposato né tantomeno aver avuto mai a che fare con le fastidiose
conseguenze che comporta una separazione, sapeva benissimo quale trauma e quanti stravolgimenti può causare un
tal evento nella vita di un uomo. Dopo, quasi a volergli dimostrare ancora di più la sua solidarietà e comprensione,
gli confidò che anche lui stava vivendo un momento difficile con Giusy, questo era il nome della sua giovane fidanzata, e che tale situazione gli procurava tanta ansia e
numerosi dubbi. L’espressione triste dell’uomo deluso e
sofferente spinse Giulio a formulargli l’inevitabile domanda: “Mi spiace, non state più insieme, la vostra storia
è finita?”, chiese timidamente. “tutt’altro!” gli rispose
“stiamo sempre insieme, solo che lei si è messa in testa di
volere intraprendere la carriera di... pornostar!”. Giulio assorbì la notizia con l’aplomb estraneo e distaccato del giocatore di poker, mentre, ricordando l’avvenenza maliziosa
della ragazza, pensava che, in fondo, quello fosse il suo naturale destino e che aveva tutto quello che le occorreva per
riuscire nell’ambita carriera. “Beh…in fondo è un lavoro
come un altro e credo che Giusy abbia tutti i requisiti per
avere successo”, rispose Giulio, come se Filippo gli avesse
detto che la più grande aspirazione della ragazza era di
fare la cassiera alla Rinascente e consapevole che l’amico
non avrebbe colto il risvolto leggermente sarcastico delle
sue parole. La pacatezza della risposta sembrò avere un effetto benefico su Filippo, che sembrò rincuorato dalle parole dell’amico, che forse avevano contribuito a cancellare il suo imbarazzo, interpretandole come un avallo a proseguire la relazione, nonostante tutto. Di colpo la maschera
dell’uomo compunto e triste sparì dalla sua faccia mentre,
in modo entusiasta, iniziò a esaltare le qualità “artistiche”
della fidanzata, che già si era esibita in qualche spettacolo,
magnificandone il talento e il gradimento del pubblico. al
momento dei saluti, si scambiarono i nuovi numeri di telefono con la promessa, appena possibile, di rivedersi magari
per una cena.
il sabato mattina lo dedicava all’ozio totale; nel suo piccolo ma confortevole bilocale libero da impegni di lavoro
e nei fine settimana che adele passava con la madre, Giulio
si concedeva lunghe dormite, scriveva o si abbandonava
ad appassionanti letture e, se aveva l’estro giusto, si dedicava a qualche lavoretto casalingo che non poteva più
aspettare. a svegliarlo, intorno alle nove, fu lo squillo del
telefono. non aveva l’abitudine di spegnerlo, con adele
ancora bambina e con tutte le diatribe con la madre e, per
ogni eventualità, preferiva lasciarlo acceso anche di notte.
Perciò quello squillo inatteso gli procurò un risveglio ansioso, svanito quando riconobbe il numero di Filippo. Che
voleva a quell’ora quasi antelucana e di sabato? il dubbio
poteva risolverlo solo rispondendo; “pronto Filippo?”
esordì Giulio, dopo essersi raschiato la gola dalle fuliggini
del sonno. “Buongiorno, come ti va! ogni tanto ti ricordi
di me!”. Filippo, dopo i saluti e l’inevitabile battuta di rimando, lo informò che si trovava a Milano con Giusy e che
si sarebbero fermati fino a tardi perché la ragazza, ormai
pienamente avviata alla carriera, si sarebbe esibita quella
sera stessa in un teatro insieme con altre artiste. “è un’oc-
casione per vederci e stare un po’ insieme” proseguì Filippo, invitandolo esplicitamente a incontrarsi nella serata
per assistere insieme allo show. La curiosità, un po’ morbosa, di Giulio accese la sua attenzione, cancellando gli ultimi residui di sonno e scatenando tutta una serie di
riflessioni sull’opportunità o meno di accettare l’invito per
la sera. Giulio era ormai un uomo libero, svincolato da ogni
legame matrimoniale e, entro certi limiti, non doveva dare
conto a nessuno di come conduceva la sua vita; quella era
un’esperienza nuova e insolita, un mondo che conosceva
da lontano e piuttosto approssimativamente, ma che lo incuriosiva. alla fine accettò l’invito per la serata e dopo una
doccia che cancellò i residui della notte, abbondante caffè
e sigarette, Giulio iniziò a pensare allo spettacolo serale in
compagnia dell’amico; si chiedeva se assistere alla performance della ragazza, che certamente non avrebbe rispettato canoni di castità e di pudicizia, gli avrebbe procurato
imbarazzo, fastidio o eccitazione...? non sapeva darsi una
risposta. avrebbe dovuto viverla quell’esperienza, e voleva
viverla, per rispondere alla domanda, per capire come
avrebbe reagito, soprattutto per fare una nuova esperienza.
il luogo dell’appuntamento era nelle vicinanze dell’abitazione di Giulio, pertanto pensò di raggiungerlo a piedi
evitandosi lo stress del posteggio e approfittando della
scarpinata per scaricare un po’ di tensione. La serata era
piacevole, l’inizio dell’estate aveva stemperato le rigide serate milanesi e la vita all’aperto era ripresa con i ritmi e il
movimento caotico della grande città durante il sabato
sera. individuò immediatamente l’enorme jeep dell’amico
fin dal suo arrivo nella piazza, gli sportelli e il portabagagli
spalancati, notò una coppia di boxer che si azzuffavano tra
di loro, il suo amico che cercava di calmarli, poi il caschetto
biondo della sua ragazza che parlava con una bruna dai
lunghi capelli. Era ancora più bella di come la ricordava,
più matura e maliziosa, più femmina. Lo salutò con caloroso trasporto, aderendogli addosso, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia e dicendosi tanto felice di
rivederlo. Poi gli presentò la bruna, Jane Brown, al secolo
Maria a., nota e navigata artista del porno e sua madrina
nella carriera che aveva intrapreso.
il teatro, alla fine, era uno dei tanti cinema a luci rosse
che in quegli anni invadevano le varie zone di Milano; dei
pesanti tendoni davano accesso alla grande sala con la sua
aria decadente e i residui di migliaia di antiche sigarette
che coloravano le pareti di una lucida patina giallastra; parecchie file ordinate di poltroncine in falso velluto rosso,
erano occupate da una quarantina di uomini di età varia.
nelle prime file, quelle più prossime il palcoscenico, una
folta comitiva di goliardici e chiassosi ragazzoni di periferia attendeva eccitata l’inizio dello spettacolo, nelle file più
arretrate, defilati e isolati, maturi signori quasi infastiditi
dalle luci ancora accese. E poi altra gente comune, anonime
facce da impiegati, professionisti, operai, coppie di amici
in cerca di emozioni. tutti in attesa dell’inizio dello spettacolo. i due uomini si fermarono a ridosso di una delle colonne squadrate che reggevano il soffitto, dove sarebbero
rimasti tutto il tempo, staccati dal resto del pubblico. Giulio
non aveva idea di cosa sarebbe accaduto da lì a qualche minuto, cosa prevedesse lo “spettacolo”, quanto sarebbe durato. ad interrompere i suoi pensieri fu l’impatto sonoro
martellante e fastidioso di un pezzo house, seguito dal temporaneo e totale buio che avvolse totalmente la sala, prima
che la luce di un riflettore illuminasse il piccolo palco,
dove, dopo qualche minuto e da una piega del sipario, apparve un tipo impomatato con i capelli visibilmente tinti e
i calzoni troppo corti. Salutò con eccessivo entusiasmo il
“numeroso e simpatico pubblico”, sciorinò, come una filastrocca natalizia imparata a memoria, tutto il programma
della serata quindi invitò il pubblico ad applaudire l’artista
che per prima si sarebbe esibita; urlò un esotico e incomprensibile nome d’arte, stimolò il dovuto applauso d’incoraggiamento, dopodiché lasciò la scena, inghiottito
nuovamente dalle pesanti tende. La luce sul palco, intanto,
si era ridotta a un piccolo occhio di bue puntato al centro
del sipario che, lentamente, si andava aprendo. Una ragazzona, dalle forme così straripanti che il succinto abito leopardato faticava a contenere, riempì il palcoscenico e, al
suono di una seducente musichetta, iniziò con studiata lentezza a togliersi il già poco vestiario che indossava, restando, in breve tempo, completamente nuda; muovendosi
a passo di danza, con gesti provocatori al limite del buon
gusto, abbandonò la ribalta per scendere in mezzo al pubblico, iniziando a percorrere il corridoio centrale dispensando carezze e ammiccamenti e ricevendone, in cambio,
più o meno timidi palpeggiamenti. Giulio, dalla sua postazione defilata a ridosso della colonna, osservava la scena
con curiosità; si era concentrato soprattutto sulle facce e
sulle espressioni del pubblico quando la ragazza, che era
anche abbondantemente bella e ci sapeva fare, elargiva sorrisi e carezze al più prossimo, offrendo al suo tatto le sue
disponibili bellezze. alcuni avevano espressioni concentrate, serie, ma che non mascheravano repressi desideri e
spericolate fantasie, altri con le facce deformate da tutta
una varietà di sorrisi.
in una decina di minuti la ragazza aveva completato il
suo tour; risalì sul palco, raccolse le poche cose che la coprivano e, salutando il pubblico con uno scuotimento delle
sue abbondanti protuberanze mammarie, sparì dietro le
quinte accompagnata da un breve quanto asfittico appaluso e qualche fischio d’apprezzamento. Filippo, muto fino
a quel momento, lo richiamò alla realtà chiedendogli se lo
show gli stava piacendo e cosa pensava della ragazza. Giulio, che era un tipo dalla risposta sempre pronta, stavolta
tentennò, non sapendo cosa rispondere. in sincerità gli
avrebbe dovuto rispondere che tutta la faccenda gli appariva di uno squallore estremo e che quasi provava un senso
di pietà per quella ragazza costretta a mascherarsi da pantera del sesso. “Wow! intrigante, veramente una bella ragazzona” gli rispose Giulio mentendo. altre anonime
artiste si esibirono con un cliché molto simile alla prima,
una sequenza quasi monotona di corpi nudi che percorrevano disinvoltamente i corridoi della sala, distribuendo attimi di eccitazione. Quando anche l’ultima ragazza
completò il suo show sparendo tra le pieghe del sipario, Filippo, afferrando il braccio di Giulio e avvicinandosi al suo
orecchio per sovrastare la fastidiosa cacofonia dello stacco,
gli urlò, tutto compiaciuto, che la prossima a esibirsi sarebbe stata proprio Giusy. La curiosità di Giulio ebbe
un’impennata verso l’alto, si staccò dalla colonna, dove si
era appoggiato, si spostò leggermente di lato per vedere
meglio il palco, sorrise all’amico mentre pollice e indice si
chiudevano in un complice oK.
La figura minuta ma armoniosa di Giusy apparve subito
dopo il suo sorriso gioioso, che illuminò, ancora di più, il
palcoscenico. La ragazza aveva una marcia in più, e si vedeva, era disinvolta e coinvolgente, elegante nelle movenze
con quel sorriso irresistibile sempre incollato alla faccia che
metteva quasi in secondo piano la freschezza del suo
corpo, un concentrato di canoni di bellezza e sensualità.
iniziò, come le sue colleghe prima di lei, a percorrere nuda
il corridoio centrale, ancheggiando maliziosamente sui
suoi altissimi tacchi e dispensando quel suo seducente sorriso a destra e manca, soffermandosi di tanto in tanto vicino al fortunato occupante della poltrona più prossima,
per una fargli una carezza e riceverne tante. La sua performance, ad un certo punto, ebbe una variante più audace e
coinvolgente per il pubblico, infatti, arrivata alla fila di poltrone perpendicolare alla colonna dove sostavano i due
amici, vi si infilò dentro, scavalcando una selva di gambe
e di mani intraprendenti, per andarsi, poi, ad appollaiare
sulle ginocchia di un ragazzo al centro della fila, il cui viso
si accese immediatamente di un rosso vivo. Gli afferrò la
testa e, arruffandogli i capelli, la attirò a se fino a incastrarla
tra i piccoli ma perfetti seni. il ragazzo, colto di sorpresa e
visibilmente impacciatissimo, abbozzò un sorriso al quale
cercò di dare la durezza dell’uomo navigato e avvezzo ad
ogni esperienza ma che si trasformò in una grottesca caricatura. Le sue mani erano sospese nell’aria timorose del
contatto, fin quando Giusy non le afferrò facendole atterrare sui suoi glutei perfetti. Dalla sala si levò lo scroscio di
un applauso, fischi e urla d’incitamento, tanta gente era in
piedi, curiosa e in attesa di eventi ancora più piccanti. ancora qualche altro strusciamento, un altro atterraggio pilotato di quelle mani timide sulle sue tette, poi la showgirl
baciò il ragazzo, smontò dalle sue ginocchia e riprese a scavalcare nuovamente quella selva di gambe e mani appiccicose, in direzione della colonna da dove i due assistevano
allo show. Giulio immaginò subito quello che stava per accadere, e la gomitata ricevuta nel fianco da Filippo ne fu la
conferma; Giusy, che nel frattempo era emersa dalla fila di
poltrone, infatti, si stava dirigendo senza esitazione proprio
verso di lui, con un sorriso enigmatico, diverso da quello
finto che aveva indossato fino a un attimo prima, guardandolo dritto negli occhi mentre percorreva quei pochi metri
che li separavano, come se avesse puntato la sua indifesa
preda da cacciare.
Giulio se la ritrovò tra le braccia, incollata al suo corpo;
attraverso la maglietta poteva sentire il calore della sua
pelle, il battito del suo cuore e la pressione dei suoi capezzoli sul suo petto. odorava di buono, di fresca gioventù.
Le poggiò delicatamente le mani sui fianchi e il contatto
con la pelle setosa, tiepida e delicata gli trasmise immediatamente un brivido di piacere, mentre si sforzava di controllare il fermento che si agitava nell’animo: un misto
d’istintiva eccitazione soffocata, però, dall’imbarazzo per
l’amico che, accanto a lui, gli sorrideva compiaciuto. Giulio
s’immaginò con la stessa espressione impacciata di quel ragazzo che, prima di lui, aveva ricevuto le attenzioni di
Giusy; lei lo baciò umidamente sul collo mentre le sue mani
si muovevano sulla sua schiena in un lento e sensuale massaggio. Giulio premette sui suoi fianchi staccandola da se
e per un attimo si guardarono dritti negli occhi, l’espressione di Giusy, che adesso era diventata seria, si colorò di
un invisibile sorriso maliziosamente complice.
Risalì sul palco, salutò nuovamente il pubblico e sparì,
come tutte le altre, dietro il sipario. Giulio, che non si era
ancora tolto di dosso il profumo di Giusy e il calore della
sua pelle sulle mani, rivolgendosi all’amico con aria sofferente, gli disse che era stanco di stare in piedi, che moriva
di sete e dalla voglia di fumare una sigaretta. aveva visto
un bar a due passi dal teatro, disse che sarebbe andato a
bere una cosa e che lo avrebbe aspettato lì fino alla fine
dello spettacolo.
L’aria fresca della sera fu un toccasana per Giulio, respirava a pieni polmoni e mentre si accendeva la sigaretta che
già aveva in mano, riviveva l’esperienza appena vissuta
che lo aveva, suo malgrado, coinvolto direttamente.
Quell’ultimo sguardo e quel non-sorriso enigmaticamente
malizioso gli erano rimasti in testa e lo facevano pensare e
fantasticare; fantasie e pensieri in conflitto con la sua morale e con quel senso di lealtà e rispetto che bisogna avere
verso gli amici.
il bar aveva un piccolo bancone, davanti al quale troneggiavano due alti sgabelli, uno dei quali era occupato da una
procace ragazza che riconobbe come quella che si era esibita per prima; la minigonna lasciava libere un paio di
gambe statuarie, la maglietta attillata sembrava dovesse
esplodere da un momento all’altro per l’abbondanza del
seno. Vista da vicino era proprio diversa, senza trucco e
senza quell’espressione finta, sembrava una qualsiasi provocante ragazza, come tante altre che il sabato sera mostrano il meglio di sé. Giulio, assetato, ordinò una birra; la
sua voce attirò l’attenzione della ragazza, che, liberando
l’altro sgabello dalla borsa che vi aveva poggiato, lo invitò
a sedersi. Bastarono le poche parole pronunciate dalla ragazza per far capire a Giulio le sue origini; la cadenza era
più che familiare e riconobbe l’inconfondibile pronuncia
arrotondata del dialetto palermitano. “Grazie, sei gentilissima!” le disse sorridendo per ringraziarla per la cortesia
e, proseguendo le disse con certezza “sei di Palermo,
vero?”. “anche tu?” rispose la ragazza porgendogli la
mano con entusiasmo, “mi chiamo Rosalia, sono di Bagheria!”. niente di meglio che giocare sulle comuni origini per
rompere il ghiaccio, se poi sei siciliano e vivi in una città
del nord, scatta subito quella solidarietà, quella complicità
e quello spirito di appartenenza che solo gli isolani possiedono. nella conversazione che ne seguì, Rosalia, oltre alla
sua abbondante bellezza e alla simpatia che emanava, dimostrava anche una semplicità d’animo disarmante per la
vita che conduceva.
a Giulio faceva quasi tenerezza. Filippo e Giusy, con la
brunetta e un tizio, che nonostante gli abiti più casual, riconobbe come il “presentatore”, non più impomatato e coi
calzoni giusti, arrivarono dopo una decina di minuti; lei,
senza il pesante trucco di scena, appariva fresca come una
liceale ed era ancora più bella. S’incollò nuovamente addosso a Giulio appollaiato sul suo sgabello, come se Filippo
non esistesse, bevve dal suo bicchiere un sorso di birra, gli
chiese una sigaretta e mentre lo riguardava fisso negli occhi
come aveva fatto prima, volle conoscere le sue impressioni
sulla sua performance. Questa donna è pericolosissima,
una trappola pronta a catturarti e a distruggerti, pensava
Giulio, mantenendo il più possibile un atteggiamento distaccato mentre raffiche del profumo della donna e il calore
del suo corpo gli ricordavano e rinnovavano l’eccitazione
di prima. in cuor suo, Giulio le avrebbe voluto rispondere
con altre e più insinuanti frasi, ma si limitò a dirle: “Sei
molto brava, disinvolta e molto sexy…e non aggiungo altro
per non scatenare la gelosia di Filippo”, accompagnando
la risposta con una risata che innescò anche quella della
coppia. Per una ventina di minuti la conversazione coinvolse tutto il gruppo, poi Filippo propose di andare tutti
insieme a cenare in un locale appena fuori Milano. Giulio,
che per tutto il tempo si era ritrovato Giusy sempre pericolosamente incollata a lui, non aveva previsto la prosecuzione della serata dopo lo spettacolo e la proposta gli
generò una certa ansia. Si chiedeva perché di colpo si sentiva estraneo alla compagnia e riluttante a unirsi a loro per
la cena?
Perché quella voglia di andare via, di tornare tra le mura
familiari della sua casa, di ritrovare serenità e sicurezze
nelle sue cose e nelle sue abitudini? Paura e, allo stesso
tempo, consapevolezza che il comportamento di Giusy
avrebbe potuto generare dinamiche incontrollabili, coinvolgendolo in una storia che, ne era certo, gli avrebbe stravolto la vita. non era il suo mondo, quello, dove non c’era
posto per i suoi princìpi e la sua moralità; non era quella la
vita che desiderava per il suo futuro, dalla quale adele ne
sarebbe stata esclusa, costringendolo a ingombranti segreti
e sensi di colpa.
“Che peccato! mi spiace veramente, l’avessi saputo
prima…ma ho già preso l’impegno di prendere mia figlia
a casa di un’amichetta per poi cenare insieme a lei”, mentì
Giulio con l’espressione convincente di chi sta perdendo
un’occasione irripetibile. L’espressione di Giusy, sempre
sorridente e ammiccante, si mutò in quella dispiaciuta
dalla delusione, che non le impedì, in un ultimo tentativo,
di sussurrargli in un orecchio un “Vieni, dai, ti prego”,
poche parole ma che confermavano inequivocabilmente
l’interesse della ragazza per l’uomo. Cosa voleva da lui?
Perché voleva coinvolgerlo in una storia nata già malata,
in una tresca che Giulio avrebbe vissuto con il disagio verso
l’amico e, soprattutto, verso adele. no! Doveva resistere
alla tentazione, doveva rinunciare a quel corpo così giovane, ai momenti di infuocata passione e supremo piacere
che, immaginava, avrebbe potuto vivere con lei in una tempesta di emozioni senza controllo che lo avrebbe portato
chissà dove.
no! La sua razionalità, con prepotenza, rintuzzò i tentativi della sua incoscienza e, soffocandoli, li cancellò. “Mi
spiace lasciarvi, ma adesso devo proprio andare” dichiarò
con fermezza irrevocabile Giulio, “sono già in ritardo e non
voglio far nascere problemi con la mia ex”.
La compagnia lo salutò manifestandogli il dispiacere per
la sua assenza alla cena, ripromettendosi di rivedersi in
qualche altra occasione. Giusy fu l’ultima a salutarlo, e lo
fece con un trasporto tale da riaccendere nell’animo di Giulio quella strana mistura fatta di imbarazzo e eccitazione e
a fargli pensare che stava perdendo una grande occasione.
“Chiamami quando vuoi” gli sussurrò Giusy, mentre infilava nella tasca posteriore dei pantaloni un foglietto con il
suo numero e sfiorando le labbra dell’uomo con un delicato
bacio. Giulio procedeva lentamente verso casa immerso nel
caos del sabato sera, indifferente e distratto per tutto ciò
che accadeva attorno a lui, solo, come se invece si trovasse
in una città deserta. nella sua testa soltanto un pensiero,
un’immagine, un profumo, il sapore di quelle giovani labbra. E il rammarico per un desiderio che aveva dovuto reprimere, per quello che era un atto mancato, una dolorosa
ma necessaria rinuncia.
La casa lo accolse con il suo odore familiare, quasi a dargli il bentornato, quasi a ricordargli che quello era il suo
mondo, la sua vita
Di Pippo Donato
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