12 Agosto 2025
Fonte: Associazione CAF
In Italia, viviamo sotto uno sconcertante paradosso: più lo Stato riduce la sua presenza, più il volontariato diventa indispensabile, fino a trasformarsi nell’unico collante sociale rimasto. Non si tratta solo di un gesto nobile, ma di una contorsione necessaria per sopperire a ciò che dovrebbe essere diritto garantito. Trasporto sociale, risposta agli incendi, sicurezza negli eventi: tutto finisce sulle spalle dei cittadini solidali.
Un'Italia divisa, un volontariato affaticato
Nel 2023, circa il 9,1% degli italiani (oltre 4,5 milioni di persone) ha svolto attività di volontariato organizzato . Numeri che, pur importanti, non sono né virtuosi né sostenibili se si trasformano in surrogati delle istituzioni. Di contro, nell’Unione Europea — già nel 2015 — la partecipazione al volontariato formale oscillava attorno al 19–20% e quello informale al 20–22%, cifre nettamente superiori a quelle italiane .
Nei paesi più virtuosi, come Paesi Bassi (informale 82,5%, formale 40,3%), Finlandia (74,2% / 34,1%) o Svezia (70,4% / 35,5%), il volontariato è radicato, strutturato e supportato, non un rimedio estemporaneo .
L’Europa ha capito tutto — noi no
La Commissione Europea ha da tempo identificato le criticità strutturali del comparto: manca un quadro normativo chiaro in molti Stati membri, non esistono strategie nazionali dedicate, i fondi sono instabili, il riconoscimento degli skill acquisiti è debole, e crescere professionalmente in questo settore è un miraggio . Nel 2011 già si parlava di fino al 5% del PIL generato dal volontariato — un’industria silenziosa che produce valore, se adeguatamente supportata .
Negli anni successivi, l’UE ha promosso il “Blueprint for European Volunteering 2030” — raccomandazioni chiare per costruire una rete europea del volontariato basata su infrastrutture solide, finanziamenti stabili, riconoscimento e politiche condivise . Un percorso di modernità che l’Italia continua ad ignorare.
Il risultato? Un Paese in cui il volontariato è condannato a supplire la crisi istituzionale
Il risultato è devastante: un volontariato sovraccarico, lasciato a operare senza strategie, con risorse scarse e competenze non valorizzate. I volontari diventano eroi, ma anche vittime di un costruzione sociale zoppa. E in questo modo, il nostro paese affaccia verso un caos di disuguaglianze: chi vive in territori con organizzazioni solide riceve sostegno; chi ne è privo resta senza rete.
Non è eroismo: è responsabilità istituzionale mancata
Il volontariato non deve essere una toppa fragile: è una risorsa cruciale, da integrare con serietà. Serve una svolta radicale:
-Strategie nazionali chiare: piani d’azione condivisi tra enti e associazioni;
-Finanziamenti duraturi e trasparenti, non contributi spot;
-Quadri normativi e diritti certi per volontari e organizzazioni;
-Valorizzazione delle competenze volontarie, anche nel mercato del lavoro.
Finché questo non accade, resteremo in balia di un sistema che affida le sue falle a coscienze generose, anziché a istituzioni responsabili.
di Marco Macri
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