16 Dicembre 2025
Mohamed Shahin Fonte: X @OssRepressione
L'imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di Torino, Mohamed Shahin, è stato liberato nelle scorse ore dal Centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta, in cui era finito per le sue dichiarazioni denuncianti 80 anni di occupazione israeliana in Palestina. La guida religiosa, arrivata in Italia dall'Egitto nel 2004, è noto in tutto il Paese per il suo impegno per la causa palestinese e per il dialogo inter-religioso.
Mohamed Shahin è un imam di origine egiziana, 47 anni, residente in Italia dal 2004. Vive a Torino da oltre vent’anni, dove guida la moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo, nel quartiere multietnico di San Salvario. Sposato con Asmaa e padre di due figli di 9 e 12 anni, Shahin ha sempre rivendicato un forte legame con la città: "Torino è casa. È l’unico posto in cui mi sento davvero a casa", ha dichiarato dopo la sua liberazione dal Cpr di Caltanissetta.
La sua figura è diventata di rilevanza nazionale dopo il decreto di espulsione firmato dal Viminale, che lo definiva una “minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Stato”. Accusa respinta dall’imam, che tramite i suoi legali ha più volte ribadito: "Sono un uomo di fede, ho sempre lavorato per la pace e il dialogo. In 21 anni non ho mai violato la legge". Parole confermate anche da esponenti del mondo cattolico e associativo torinese, che lo descrivono come una figura impegnata nella convivenza e nel dialogo inter-religioso.
Al centro del caso ci sono alcune dichiarazioni pronunciate il 9 ottobre 2023 durante una manifestazione pro Palestina. Shahin aveva affermato: "Condanno sempre la violenza, ma il 7 ottobre è stato una reazione ad anni di occupazione". Una posizione che ha suscitato forti polemiche. In seguito ha precisato: "È stato scritto che io giustifico quello che è successo il 7 ottobre, ma la mia risposta è chiara: non posso parlare solo di quella data. È il risultato di 80 anni di occupazione e di undici guerre precedenti".
Quelle frasi sono state esaminate dalla Procura di Torino, che ha archiviato il procedimento ritenendole “espressione di pensiero che non integra reato”. Un passaggio decisivo anche per la Corte d’Appello, che ha disposto la sua liberazione sottolineando che, “in uno Stato di diritto”, opinioni politiche o religiose non possono da sole fondare un giudizio di pericolosità.
Dopo la scarcerazione, Shahin ha ringraziato i suoi avvocati e ha dichiarato: "Amo l’Italia e gli italiani. Queste azioni ingiuste non fanno altro che aumentare il mio amore per Torino e la mia fiducia nel sistema giudiziario". Sulla possibilità di un rimpatrio in Egitto è netto: "In quanto oppositore di Al-Sisi, sarebbe una condanna a morte".
Il Viminale ha annunciato ricorso in Cassazione, ma intanto la figura di Mohamed Shahin resta simbolica di un conflitto più ampio tra sicurezza, libertà di espressione e diritti fondamentali.
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