29 Dicembre 2022
fonte: Twitter @Virus1979C
Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, ha chiesto di indagare la pm Letizia Ruggeri per depistaggio, in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna ritrovati sul corpo di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate di Sopra uccisa nell'autunno 2010, per il cui omicidio è stato condannato all’ergastolo Massimo Bossetti.
Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, ha disposto l'iscrizione nel registro degli indagati per frode processuale o depistaggio per la pm del caso Yara, Letizia Ruggeri. La questione su cui si è pronunciato il tribunale di Venezia, competente sui magistrati di Bergamo, riguarda le 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano, all'ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione potrebbe aver deteriorato il Dna, rendendo vano qualsiasi eventuale tentativo di nuove analisi. Poiché è stata interrotta la catena del freddo: i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero in laboratorio.
La richiesta è quella di indagare la pm di Bergamo Letizia Ruggeri per depistaggio, in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna. È questa la richiesta che arriva dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza, che ha ordinato la trasmissione degli atti al pm della procura veneta, così da iscrivere nel registro degli indagati la pm Ruggeri, che al tempo si era battuta per cercare la verità sull'omicidio di Yara.
Il giudice ha così risposto alla denuncia e all'atto di opposizione presentati dagli avvocati difensori di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all'ergastolo, "in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri". Da qui "la necessità di un'estensione soggettiva dell'iscrizione nei suoi confronti" in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio. Reato contenuto nell'articolo 375 del codice penale e punito con il carcere da 3 a 8 anni: "per chi "immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato".
Né le verifiche né i testimoni hanno fatto emergere la prova che, da parte degli indagati, ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei 54 campioni di Dna che hanno costituito la prova-principe. Ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede.
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