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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Ischia, bella da far paura. Morti sotto la cascata di fango, ma non è la prima volta che succede

 

"I soccorsi non arrivano, le mani sono così fredde da non poterle muovere e sembra non esserci speranza. Si avverte nell'aria una consapevolezza glaciale: è troppo tardi!"

27 Novembre 2022

Frana Ischia, si cercano i dispersi nel fango: 135 sfollati, 11 dispersi, 1 vittima. Ma non è la prima volta 

Si può crollare. Crolli e ti rialzi.

Anche se il mostro di fango e melma striscia per portarti via. Alle cinque del mattino, mentre dormi. Un boato. "La montagna fa rumore", gli ischitani lo sanno da sempre. “È venuto giù il mondo”.

Crolla il mondo, e ti rialzi, funziona così. Se vivi tra terra e mare, su un terreno friabile seppur fertile, questa sensazione un po’ la assimili. La precarietà la respiri, a un certo punto ci convivi. Le cose non cambiano. Un muto assenso ti convince che il dono della bellezza porta con sé anche il difetto della devastazione. Pare talvolta che su questa terra di tufo aleggi ancora qualche spirito classico, il mostruoso Pan che gioca a rincorrere le ninfe.  

Non c'è luce tra Casamicciola alta, Piazza Bagni e Via Celario. Il fango arriva sopra le ginocchia. È complicato camminare. L'aria è gelida, insensibile. Dalle case squarciate si intravede un cielo nero, come se la melma possa essere in grado di fagocitare anche l’orizzonte.

Piove, non smette di piovere. Il fiotto del fiume di lava che continua a scorrere, giù verso il mare, somiglia al rumore assordante di una cascata. Un rumore che ingloba tutto, tanto più perché quassù, in questa zona già pesantemente colpita dal terremoto dell’agosto del 2017, non si sentono voci.

Solo le pale meccaniche, che cercano di farsi largo in mezzo alla lava di acqua e detriti, grondaie, tubi, travi, impianti, colonne, recinzioni che lambiscono le sponde. I marciapiedi nemmeno si vedono più. Le automobili parcheggiate sono giocattoli accartocciati.

Sulle case sono visibili ancora le crepe del sisma, le porte e le finestre sventrate e gli ingressi bloccati.

"I soccorsi non arrivano, le mani sono così fredde da non poterle muovere e sembra non esserci speranza. Si avverte nell'aria una consapevolezza glaciale: è troppo tardi!", racconta una cittadina che invano cerca di scendere il fiume. 

Intanto si cercano i dispersi. Impiegati più di trecento uomini della protezione civile e dei vigili del fuoco che conducono un'operazione eroica che già ieri sera a tanti appariva impossibile. Lì tra acqua, macerie e fango, dicono in molti: "Non c'è più nessuno che possa respirare". Le operazioni di scavo si sono fermate per la notte, mentre vanno avanti solo quelle di evacuazione degli sfollati, saliti intanto a 135. I dispersi ufficiali sono 11.

Le forze dei vigili del fuoco mobilitate dalla prefettura di Napoli arrivano sul posto ieri 26 novembre alle 13. Le telefonate ai nonni, ai padri, ai figli, agli amici, hanno invece inizio all'alba: "Allontanatevi dalla montagna!". 

L'intera comunità si mobilita, aiuta come può. Indossa stivali, prende in mano "le armi" che trova. Ma quali armi davanti a una pioggia che non cessa di crollare su una popolazione inerme? “È venuto giù il mondo”, continuano a dire. Un mondo che sprofonda, si accartoccia su stesso, straripa da quelle pendici gonfie d’acqua.

Tra le tante telefonate che non arrivano quella di Eleonora Sirabella, 31 anni, la prima vittima di una tragedia che di morti, si teme, ne avrà molti di più.

Mentre si susseguono immagini terrificanti di un'isola così bella da far paura affiora alla mente una sola convinzione: Ischia si rialzerà ancora. Perché lo ha già fatto. Tante, troppe volte.

Quella di Anna de Felice, trascinata via dal fango nel 2009, non è una tragedia diversa. Anche quella, come lo spirito classico impone, fu una tragedia annunciata.  Era il 10 novembre, erano le 8:10 del mattino. Una frana dal Monte Epomeo scese giù fino al mare e travolse l’automobile dove viaggiava la sedicenne per andare a scuola, lì nella piazza che ora porta il suo nome. Si muore per la pioggia mentre si va a scuola.

Ancora più indietro. Il Monte Vezzi Il 30 aprile del 2006 fu colpito da un’altra frana. L’abitazione di un’intera famiglia spazzata via. Persero la vita Luigi Buono e le sue tre figlie Anna, 18 anni, Maria, che ne aveva quasi 17 e Giulia, 13 anni. Si salva la madre Orsola Migliaccio con la figlia più piccola.

Succede di crollare. Crolli e ti rialzi. Ma ora basta.  

"La colpa è dell'abusivismo", l'argomento che si agiterà per mettere un tappo su una voragine troppo grande, troppo annosa, che nessuno vuole guardare. Perché gli ischitani lo sanno, sarà questo il capro espiatorio che verrà condotto tra le case martoriate, tra le vite devastate, tra i morti annunciati.

Poi la purificazione, il silenzio. L’abbandono.

È già successo. Crolli e ti rialzi. È vero. Ma questa volta crolliamo tutti. Questa volta il silenzio non è più concesso.

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