19 Dicembre 2025
Condominio (Pixabay)
Doveva essere una riforma di buon senso, capace di mettere ordine nella giungla della gestione condominiale. Si sta invece trasformando in un caso politico imbarazzante per la maggioranza la proposta di legge sul condominio (a prima firma dell’On. Elisabetta Gardini, FdI), finita rapidamente al centro di una valanga di critiche e polemiche.
Le censure più immediate riguardano l’impianto complessivo del testo, giudicato da molti operatori del settore eccessivamente burocratico e oneroso. L’introduzione di nuovi requisiti per gli amministratori - come l’obbligo di laurea e l’iscrizione ad un albo nazionale - e la previsione di figure aggiuntive, quali il revisore condominiale, vengono viste come misure che rischiano di tradursi in aumenti spropositati di costi per i condòmini senza garantire un effettivo miglioramento della qualità della gestione.
Il nodo del problema non è solo tecnico, ma politico. Il disegno normativo appare a molti come una riforma calata dall’alto, costruita più per regolamentare e controllare che per risolvere i problemi concreti di milioni di condòmini. Insomma, l’obbligo di laurea per gli amministratori, l’istituzione di albi, l’introduzione di nuovi adempimenti e figure professionali aggiuntive delineano un sistema più burocratico, più costoso e meno accessibile, soprattutto per i condomìni di piccola e media entità.
Il vero detonatore della protesta è la norma che apre alla possibilità di rivalersi sul conto corrente condominiale anche quando il debito è causato da pochi morosi. In altri termini, chi paga regolarmente rischia di farsi carico delle inadempienze altrui, salvo un futuro e incerto diritto di regresso. Una scelta che molti definiscono - senza mezzi termini - ingiusta e pericolosa perché scarica sui cittadini onesti l’incapacità del sistema di contrastare efficacemente la morosità.
Non stupisce, allora, che molte associazioni di amministratori di condominio, associazioni dei consumatori e numerosi giuristi abbiano parlato di norme confuse, sproporzionate e potenzialmente incostituzionali. Ciò che sorprende è che lo scontro più duro sia esploso all’interno della stessa maggioranza. La Lega ha già preso le distanze dal testo bollandolo come un concentrato di nuovi balzelli e vincoli. Forza Italia sta preparando una propria proposta alternativa, segnale inequivocabile che la fiducia nel progetto legislativo targato Gardini è ai minimi.
E Fratelli d’Italia? Difende l’impianto generale, ma intanto frena. Si invoca il confronto, si parla di buon senso, si prende tempo. Tradotto: senza un accordo politico il provvedimento rischia di finire su un binario morto. Una eventualità tutt’altro che remota, vista la diffusa irritazione degli alleati e il malumore tra gli elettori i quali vedrebbero profilarsi l’ennesima riforma capace di complicare la vita quotidiana anziché semplificarla.
Il paradosso è evidente. Nel tentativo di mettere ordine nel condominio, il legislatore ha creato un mastodontico disordine politico. E così una riforma che ambiva a modernizzare il settore rischia di diventare l’ennesimo esempio di iper-regolazione distante dal Paese reale. A questo punto la domanda non è più se il progetto di legge verrà modificato, ma se sopravviverà. L’ipotesi di un accantonamento silenzioso o di una riscrittura radicale sotto altra veste si fa sempre più concreta.
Di Fulvio Pironti
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