17 Novembre 2022
Correva l’anno 2019, 31 gennaio, e l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini stabilì con un decreto che i documenti identificativi dei minorenni recassero la formula “Firma del padre e della madre o di chi ne fa le veci”. Quella decisione fu “un eccesso di potere”, dice l’avvocato Federica Tempori citando la sentenza del tribunale civile di Roma che dà ragione alle sue clienti, due donne conviventi more familiari, che a quel decreto si sono ribellate.
In un certo senso si potrebbe dire che, con questa decisione dei giudici, ha vinto il modello rappresentato dal vecchio libretto di giustificazioni scolastiche. Chi non ricorda “Firma del genitore o di chi ne fa le veci”? Ma in realtà è proprio questa la formula che, continua la sentenza riportata nelle parole di Tempori, dello studio legale Mazzari-Tempori-Manzi, meglio si conforma alle ”norme comunitarie e internazionali”.
Questi i fatti. Una coppia di donne omosessuali, delle quali una è la madre legale della bambina che hanno a carico, alcuni mesi fa si è presentata all’ufficio anagrafe del comune di residenza allo scopo di ottenere un documento identificativo per la piccola. Le pratiche relative all’adozione erano già state tutte espletate; passare dallo sportello dell’ufficio comunale sembrava una pura formalità, ma ecco arrivare proprio da lì l’imprevisto inaspettato: l’obiezione “salviniana” da parte dell’impiegato. La battaglia sul piano strettamente terminologico si è subito trasformata in una battaglia legale: la coppia si è rivolta prima alla giustizia amministrativa (il Tar del Lazio) poi a quella ordinaria che il 9 settembre ha accolto le sue ragioni con un’ordinanza. Essa è la base della sentenza giunta alcune ore fa.
Ma perché in essa si parla di eccesso di potere? L’avvocato spiega che il giudice che nel comportamento di Salvini ha ravvisato uno sconfinamento di competenze: “La carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già preesistente nell'atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l'atto di nascita”.
Fonti di Palazzo Chigi comunicano che la decisione del giudice potrebbe essere materia di riflessione per il governo, poiché presenta difficoltà di esecuzione e imporrebbe una riscrittura delle carte d’identità.
Di Gianluca Vivacqua
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