19 Giugno 2022
Una madre allontana il figlio dal padre, il Tribunale dei minori di Lecce prende la sua decisione: la donna perde responsabilità genitoriale. In primo grado era stato disposto che il bambino venisse dimesso dalla comunità in cui era stato collocato con il padre, che fosse affidato a quest'ultimo e posto sotto il controllo dei servizi sociali. E' stato inoltre disposto un programma psicologico distinto per padre, madre e figlio e incontri in uno spazio neutro tra questi ultimi due. Condizioni da rimodulare al compimento dei 10 anni del bambino. La donna aveva impugnato la decisione, ma la decisione della Corte d'Appello è stata confermata: ansiosa e controllante, ha creato attorno al bambino un clima di negatività e sfiducia verso il mondo e il padre provocando al minore un trauma grave.
La Corte ha confermato quanto appurato in sede di primo grado, ossia il forte condizionamento psicologico esercitato dalla madre sul figlio, come confermato anche dalle relazioni del responsabile della comunità e dei consulenti. La personalità della madre è risultata infatti ansiosa e controllante, buono invece il rapporto del minore con il padre. La donna inoltre, come evidenziato dalla Corte, non progredisce nel rapporto con il figlio di cui non riesce a riconoscere i bisogni. Essa presenta un disturbo paranoide ed è rigida nelle proprie percezioni persecutorie, frutto solo del suo pensiero, che trasmette negativamente al figlio. La decisione di privare la madre della responsabilità genitoriale è dettata dalla necessità di tutelare il bambino e garantirgli un percorso di crescita sano ed equilibrato. Decisione ovviamente momentanea poiché obiettivo del progetto che il Tribunale ha chiesto ai servizi sociali è quello di garantire al minore il diritto alla bigenitorialità, che comporta il necessario recupero del rapporto con la madre.
Dopo la decisione in primo grado, la madre aveva deciso di ricorrere in appello in Cassazione sollevando ben 5 motivi di doglianza:
- Contesta la valutazione acritica della Corte di Appello della consulenza tecnica, che ha concluso per la diagnosi di alienazione parentale omettendo ogni verifica di fondamento scientifico della stessa. Di contro è stato dato per buono l'esito assolutorio del giudizio per maltrattamenti familiari a carico del padre del minore.
- Lamenta la violazione dell'onere della prova per avere la corte riconosciuto valore probatorio all'elaborato peritale, finendo in tal modo per alleggerire l'onere posto a carico del padre del minore.
- Rileva l'omesso esame di un fatto decisivo come le ragioni del rifiuto del minore nei confronti del padre.
- Con il quarto, sempre l'omesso esame di un fatto decisivo come l'esame del provvedimento del tribunale ordinario da cui emerge la condotta per nulla ostruzionistica nei confronti del padre del bambino.
- Rileva il mancato rispetto di diverse regole procedurali come le mancate riprese audio e video in sede di ascolto del minore da parte del giudice.
La Cassazione ha dunque dichiarato il ricorso ammissibile, ma lo rigetta.
- Infondato il primo motivo del ricorso poiché il giudice, quando un genitore denuncia condotte di allontanamento da parte dell'altro genitore dal figlio minore, indicativi della PAS, è tenuto ad accertare prima di tutto la veridicità di tali comportamenti ricorrendo alle prove comuni, a prescindere dal giudizio di validità o meno di detta teoria. A rilevare è il giudizio sull'idoneità genitoriale e la capacità dei genitori di garantire al figlio la continuità nel rapporto con l'altro.
- La Corte di appello inoltre ha ritenuto che le consulenze appaiono lineari e non contraddittorie. I consulenti hanno escluso un disturbo della personalità, esse hanno però sostenuto che la donna ha una visione paranoide della realtà e della vicenda giudiziaria, dimostrando di non distinguere tra quella che è la propria percezione della realtà e i fatti.
- Inammissibile il secondo motivo relativo alla mancata acquisizione dei video e degli audio degli incontri protetti madre figlio perché la Corte di appello ha già affermato che la donna non ha dedotto fatti specifici in grado di metter in dubbio la genuinità delle relazioni degli addetti alla comunità.
- Infondato il terzo motivo perché la Corte ha spiegato che la disfunzionalità del rapporto madre figlio era rilevabile nella incapacità della donna di dare al piccolo le necessarie sicurezze per la sua crescita. La stessa trasmetteva al minore una visione negativa del padre e sospettosa del mondo, condizionando così il piccolo, che non poteva avviarsi verso l'autonomia.
Il minore nei primi anni, ha quindi avuto una percezione della realtà "altamente spaventante e traumatica", per cui l'equilibrio che lo stesso deve raggiungere richiede tempo e interventi specifici. Vero che occorre riconoscere al minore il diritto alla bigenitorialità, ma proprio perché l'interesse a una crescita sana ed equilibrata è prioritario è necessario adottare le misure necessarie per tutelarlo. Nel caso di specie le decisioni prese sono state corrette e ragionevoli tanto che il bambino ha continuato a vedere la madre, seppure nel corso di incontri protetti.
- Inammissibile il quarto motivo per assenza di specificità, così come è inammissibile il quinto per la novità della questione dedotta.
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