22 Marzo 2021
Fino al 78% dell’acqua distribuita nelle nostre città rischia di essere sprecata a causa delle perdite della rete idrica: nella Giornata Mondiale dell’Acqua arriva la denuncia di Legambiente, contenuta nel suo report “Acque in rete - Criticità e opportunità per migliorarne la gestione in Italia”.
Ci sono casi estremi come quello di Frosinone ma tutte le città italiane, escluse Bologna, Firenze, Milano e Torino che sono sotto il dato medio nazionale del 37%, dal punto di vista degli sprechi idrici non sono messe bene. Molto da fare c’è per esempio a Roma, Bari e Cagliari. Guardando alle perdite di rete, i dati raccontano come l’acqua che preleviamo non venga trattata adeguatamente e in modo sostenibile, ma spesso dispersa e sprecata, con un gap tra acqua immessa nelle reti di distribuzione e acqua effettivamente erogata che va da una media del 26% nei capoluoghi del Nord al 34% in quelli del Centro Italia, fino al 46% nei capoluoghi del Mezzogiorno.
Parlando, invece, di consumi: quello pro capite non è mai andato sotto i 100 litri. Le città meno virtuose Milano e Reggio Calabria, con un consumo che supera i 170 litri. Quelle, invece, dove si spreca meno Palermo e Napoli, rispettivamente con 111 litri e 114 litri.
Altro capitolo dolente quello della qualità delle acque, per le quali, in particolare al Sud troppo spesso mancano dati per le valutazioni: non sono noti, infatti, per il quinquennio 2010-2015, lo stato chimico del 17% e quello quantitativo del 25% delle acque sotterranee, lo stato chimico del 18% dei fiumi e del 42% dei laghi italiani. Non ancora monitorato e classificato lo stato ecologico del 16% dei fiumi e del 41% dei laghi. In Clabria e Basilicata tali dati sono sconosciuti al 100%.
L’Italia è il primo paese per prelievi di acqua potabile in Europa, oltre 9 miliardi di metri cubi all’anno: per questo l’Oms la colloca come paese a stress idrico medio-alto: si utilizzano il 30/35% delle risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6% ogni 10 anni.
I problemi dell’acqua italiana riguardano anche il sistema depurativo più volte multato dall’Europa: finora la prima condanna è costata la nostro Paese 77 milioni di euro. Sono, tuttavia, altre tre le procedure di infrazione aperte nei nostri confronti sulla materia che saranno risolti, probabilmente, con altre salatissime multe Su dati del ministero dell’Ambiente elaborati da Legambiente e aggiornati al maggio 2020, si registrano ancora 939 gli agglomerati non conformi alle direttive europee, per quasi 30 milioni di italiani interessati dai relativi disagi. Tre agglomerati su quattro in infrazione si trovano nel Mezzogiorno o nelle Isole e generano oltre il 60% dei carichi non depurati.
Per garantire un servizio idrico equo, efficiente e sostenibile, Legambiente chiede innanzi tutto la ratifica italiana del 'Protocollo Acqua e Salute Oms-Unece' che garantisca un approccio complessivo sul tema e promuova l’integrazione delle politiche sull’acqua e i servizi igienico-sanitari. Bisogna, poi, approvare i Piani di Sicurezza dell’Acqua (Wsp) entro il 2027 su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alla risposta e al coinvolgimento delle gestioni piccole e in economia, e l’introduzione di un sistema integrato di prevenzione e controllo esteso all’intera filiera idropotabile. Legambiente, inoltre, chiede l’applicazione di strumenti di partecipazione adeguati con l’individuazione di percorsi aperti e inclusivi insieme a tutti i soggetti interessati che, a partire dall’identificazione delle criticità, individuino le politiche da introdurre per risanare e tutelare le risorse idriche del Paese. Rispetto agli interventi da attuare per una gestione dell’acqua volta al risparmio idrico e al riuso, l’associazione ritiene prioritari la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani; la regolamentazione delle acque minerali; una maggiore informazione sulla qualità delle acque di rubinetto. Importanti, inoltre, azioni a sostegno dell’incremento della ricarica delle falde, completamento e velocizzazione delle bonifiche, interventi sulle reti idriche e sui depuratori, riduzione degli sprechi e aumento del riuso delle acque depurate, anche attraverso la modifica del DM 185/2003, operando su perdite di rete e agendo con innovazioni in settori specifici come l’agricoltura, e l’industria e anche in ambito civile; un rafforzamento della rete di controlli ambientali.
Infine anche dall’Europa è arrivata, il 12 gennaio scorso, la direttiva 2020/2184 sull’utilizzo dell’acqua che i Paesi membri dovranno recepire entro il 2023. Saranno aggiunti limiti più stringenti per alcuni contaminanti, nuove sostanze da monitorare come i Pfas, che in Italia hanno inquinato le acque di falda nelle province di Vicenza, Verona e Padova, e una lista di controllo degli inquinanti da tenere sotto osservazione, tra cui le microplastiche, prevedendo inoltre la promozione dell’acqua di rubinetto per limitare il consumo di quella imbottigliata.
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