10 Febbraio 2021
Fonte: LaPresse.it
E’ stata scoperta, ancora, una nuova mutazione del coronavirus. A fornire l’ennesima infelice notizia in merito alla pandemia è uno studio condotto dai ricercatori dei laboratori di virologia dell’Università di Milano, coordinati da coordinati da Pasquale Ferrante, Serena Delbue e Elena Pariani, in collaborazione con l'Istituto clinico di Città Studi del capoluogo lombardo, e pubblicato su “Emerging Microbes & Infections”. La mutazione, a quanto si è appreso, è è presente nel gene codificante per la proteina accessoria Orf-6.
Dall’Università statale di Milano ricordano che lo studio: “Come ampiamente riportato in letteratura l'analisi della sequenza dei diversi isolati di Sars-CoV-2 ha evidenziato la notevole importanza delle mutazioni che il virus introduce casualmente durante la sua replicazione e che, talvolta, gli conferiscono una maggiore capacità replicativa e di 'evasione' del sistema immunitario”. Nella maggior parte dei casi, le mutazioni segnalate come determinanti per l'infettività virale si trovano sulla proteina Spike, ossia la parte più esterna del virus, che funge da recettore e da target del sistema immunitario. Nel caso studiato dai ricercatori milanesi, la significativa alterazione della proteina accessoria Orf-6 non riguarda direttamente le capacità infettanti del virus, ma può essere un fattore in grado di alterare i meccanismi patogenetici della malattia Covid-19.
“Dal momento che il ruolo di questa proteina nel corso della replicazione virale è quello di modulare la risposta immunitaria dell'ospite, interferendo con la produzione degli interferoni, la sua modificazione potrebbe avere conseguenze sulla diffusione del virus nell'organismo umano infettato e sull'evoluzione clinica della malattia” hanno spiegato gli studiosi.
“Questa osservazione sottolinea l'importanza del monitoraggio di tutte le mutazioni che Sars-CoV-2 accumula, anche di quelle che coinvolgono le regioni regolatorie, ad oggi meno studiate, ma che costituiscono più della metà del genoma virale” hanno proseguito i virologi.
I ricercatori ritengono che, nello scenario attuale, caratterizzato da notevoli incertezze riguardo alla patogenesi di Covid-19, la variante con Orf-6 troncata rappresenti un utile strumento per gli studi in vitro relativi alla modulazione della risposta immunitaria innata, che potranno evidenziare possibili diversi meccanismi patogenetici e suggerire lo studio di nuove strategie terapeutiche.
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