12 Settembre 2025
Viviamo in un’epoca in cui l’espressione di un pensiero, un’idea o un’emozione sembra non poter esistere senza essere immediatamente confrontata con qualcos’altro. Il paragone, che potrebbe essere uno strumento utile per comprendere meglio la realtà, viene invece spesso utilizzato come scorciatoia per giudicare, banalizzare o spostare il focus dell’argomento.
Sui social questo meccanismo è amplificato. Basta scorrere i commenti sotto un post per accorgersene: anziché discutere nel merito di ciò che è stato detto o condiviso, si assiste a un proliferare di confronti, spesso forzati e fuori contesto. Un contenuto sull’arte contemporanea diventa occasione per dire che "una volta si dipingeva davvero", un pensiero su un problema attuale viene subito messo in relazione con "quello che succedeva negli anni ‘80", e così via.
Questo approccio non solo impedisce una comprensione autentica del messaggio, ma alimenta uno scambio superficiale e reattivo, dove il valore del contenuto viene subordinato al bisogno di esprimere un giudizio personale. Il risultato? Discussioni che degenerano in litigi, fraintendimenti e una generale incapacità di ascoltare.
Il paragone può essere utile, ma solo se fatto con consapevolezza, con il desiderio di approfondire e non di ridurre. Forse dovremmo riscoprire la capacità di osservare un’idea per ciò che è, senza sentirci obbligati a misurarla con qualcos’altro per darle valore.
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