19 Giugno 2025
Fonte: imagoeconomica
Negli ultimi decenni, abbiamo assistito alla nascita e alla crescita di quella che potremmo definire una “società psicologica”. In ogni ambito – dal lavoro alla famiglia, dall’educazione alla salute – il ricorso allo psicologo è diventato quasi automatico, quasi una tappa obbligata del percorso umano. La psicologia viene proposta come la chiave per decifrare ogni disagio, per risolvere ogni blocco, per superare ogni fragilità. Ma siamo sicuri che questo approccio stia realmente portando benefici alla nostra società?
In primo luogo, occorre chiarire un equivoco di fondo: la psicologia, pur avendo basi scientifiche in alcuni rami, non è una scienza esatta. Non si può equiparare alla matematica o alla fisica. Essa si muove tra l’osservazione, l’interpretazione e l'esperienza soggettiva. Eppure, oggi le viene attribuito un valore quasi assoluto, come se fosse l’unico linguaggio in grado di spiegare l’essere umano.
Questa fiducia cieca nella psicologia sta contribuendo, paradossalmente, a plasmare una società più egoista, iper-razionale e meno aperta alla speranza. Concentrati sull’analisi di sé, sulla “gestione delle emozioni”, sull’autorealizzazione a tutti i costi, rischiamo di perdere di vista l’altro, il senso di comunità, la gratuità dei gesti, la bellezza dell’imprevisto. L’individuo diventa un progetto da ottimizzare, da “aggiustare”, come se la felicità fosse un algoritmo da seguire, un programma da correggere.
In tutto questo la spiritualità è stata messa in secondo piano, relegata spesso a “rifugio” per i deboli o per chi non trova risposte altrove. Eppure, è proprio la spiritualità – intesa non solo in senso religioso, ma come attenzione al trascendente, al mistero, alla profondità dell’esistenza – a dare senso alla vita, a renderci più forti e più consapevoli. La spiritualità non ci invita a guardare solo dentro di noi, ma anche oltre, al di là delle spiegazioni, verso ciò che non si può misurare ma solo vivere.
Siamo sicuri che il nostro malessere interiore abbia sempre bisogno di una diagnosi? Forse, più che di una terapia, abbiamo bisogno di un ritorno al silenzio, al sacro, all’ascolto autentico. Forse dovremmo imparare di nuovo a lasciarci stupire, a porci domande senza la pretesa di avere subito tutte le risposte. Forse è tempo di riscoprire che non tutto si cura con la parola e l’analisi, ma anche con la presenza, con il senso, con la fede.
In un mondo che cerca certezze scientifiche per ogni cosa, la spiritualità ci ricorda che la vita è anche mistero, relazione e fiducia. E che solo integrando mente, corpo e spirito possiamo davvero crescere come esseri umani completi.
Di Stefano Duranti Poccetti
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia