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Cassano (Direttore IEO): "Ad Haiti il tumore al seno è la seconda causa di morte, abbiamo costruito da zero un percorso di diagnosi, chirurgia e terapia"

Nell’intervista a Il Giornale d’Italia, il Direttore della Radiologia Senologica dello IEO ripercorre le tappe del progetto con Fondazione Rava: dalla formazione dei medici locali all’educazione delle donne con health promoter in creolo, fino alle sfide della guerra civile e ai nuovi obiettivi che puntano ad ampliare l’iniziativa nella Repubblica Dominicana

26 Novembre 2025

Enrico Cassano, medico chirurgo, specializzato in oncologia e radiologia, Direttore della Divisione di Radiologia Senologica dell’Istituto Europeo di Oncologia, nell'intervista rilasciata a Il Giornale d'Italia ha ripercorso le tappe del progetto con Fondazione Rava: dalla formazione dei medici locali all’educazione delle donne con health promoter in creolo, fino alle sfide della guerra civile e ai nuovi obiettivi che puntano ad ampliare l’iniziativa nella Repubblica DominicanaProfessore una volta arrivati ad Haiti, quale è stata la situazione che avete trovato?

Allora l'oggetto della prima missione è stato quello di capire com'era la problematica tumore al seno nella popolazione femminile haitiana e abbiamo scoperto che il tumore della mammella rappresenta la seconda causa di morte per tumore per le donne haitiane, senza avere nessuna possibilità di cura e di diagnosi. Per cui, sulla base di queste esperienze, di queste osservazioni, abbiamo cominciato a pensare cosa potevamo fare per aiutare a risolvere, almeno parzialmente, questo tipo di problema. E quindi abbiamo fatto una seconda missione dopo aver portato un ecografo, che ci è stato donato dall'Istituto europeo di oncologia, abbiamo cominciato a formare dei medici locali sia sulla parte clinica, quindi le visite, sia sulla parte ecografica che sulle procedure bioetiche. Dopodiché abbiamo costruito un percorso che le donne possono fare in caso di diagnosi positiva cioè la chirurgia e le terapie oncologiche.

Il progetto va avanti ancora oggi, nonostante ci siano delle grandi difficoltà legate al fatto che ad Haiti c'è una guerra civile, proprio grazie al fatto che abbiamo formato personale sanitario locale. Accanto alla formazione dei professionisti ci siamo occupati anche dell'informazione delle donne e abbiamo creato delle health promoter, cioè delle matrici che, grazie anche all'ausilio di depliant e manifesti scritti in creolo e con donne haitiane stilizzate, potessero insegnare alle donne haitiane come si fa l'auto palpazione andando nei centri di aggregazione delle donne haitiane stesse. Quindi le chiese, i mercati e così via, in modo tale che potessero cominciare a capire quale è la reale problematica del tumore al seno così da potersi rivolgere ai centri dove fare la diagnosi e la cura, come il nostro, dove possono essere prese in carico per affrontare questa tipologia di problema

Quanto è stato difficile formare i medici haitiani e quanto è stato complesso far comprendere l'entità del problema? 

La complessità di formare il personale haitiano è stata legata a diversi fattori, anche e soprattutto a quello linguistico. Però, devo dire che ho sempre trovato disponibilità, interesse e curiosità anche da parte di medici locali, perché non è cosa abituale per loro ricevere colleghi dal mondo occidentale che si spendano per fare formazione, insegnino loro attività di questo tipo. Quindi da parte loro, tenendo ben presente i loro ritmi che ovviamente sono ritmi diversi da quelli a cui noi siamo abituati ad affrontare a Milano abbiamo potuto creare un bel gruppo di personale sanitario disponibile

Quali sono gli obiettivi futuri del progetto?

Gli obiettivi futuri del progetto sono di continuare sulla strada intrapresa nella speranza che il prima possibile la situazione politica e di sicurezza in Haiti, che attualmente è in piena guerra civile e non permette di andare sul posto, si possa riprendere  in modo da ampliare ulteriormente il progetto. Tra questi programmi avevamo anche quello di installare un mammografo che in realtà abbiamo mandato già da tempo, ma che purtroppo non siamo mai riusciti a montare perché nessuno è potuto andare  e quindi giace lì. Chissà se lo troveremo ancora, ma comunque speriamo di poterlo presto montare ed utilizzare.

E proprio per le difficoltà che abbiamo nel portare avanti il progetto di Haiti, abbiamo intenzione di partire con un progetto analogo anche nella Repubblica Domenicana, altro Paese in gravissima difficoltà.

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