09 Dicembre 2025
Un gruppo di coloni israeliani ha rubato e accoltellato, lapidato e impiccato l’asino appartenente a un bambino palestinese della comunità beduina di Al-Ma'azi. Un episodio di violenza che si inserisce in un quadro ormai ampiamente documentato di aggressioni, intimidazioni e attacchi mirati contro famiglie e villaggi palestinesi in Cisgiordania. Una realtà che, secondo numerose ong e organismi internazionali, rientra nel più vasto contesto del genocidio e delle politiche repressive attuate da Tel Aviv nei confronti della popolazione palestinese, con un impatto devastante sulle comunità rurali e in particolare sui minori.
La vicenda è emersa attraverso una foto diffusa online e da testimonianze raccolte da residenti palestinesi, secondo le quali un gruppo di coloni ha rubato, accoltellato, lapidato e impiccato un asino appartenente a un bambino del villaggio. “Ce l’hanno portato via, lo hanno colpito e l’hanno lasciato morto”, avrebbe raccontato un parente, descrivendo una scena di forte choc emotivo per il minore. Secondo l’ONU (OCHA) e ong come B’Tselem, Yesh Din e Breaking the Silence, negli ultimi anni in Cisgiordania è aumentato il numero di attacchi da parte di gruppi di coloni radicalizzati tra cui aggressioni fisiche a pastori e contadini, incendi dolosi di campi e abitazioni, uccisione di animali da allevamento, furto o danneggiamento di proprietà, e minacce armate e sgomberi forzati di tende e stalle. Il 2024 e il 2025 sono stati descritti dalle organizzazioni internazionali come gli anni più violenti dell’ultimo decennio, con un’impennata di episodi contro famiglie palestinesi in aree rurali, spesso senza che gli autori vengano identificati o perseguiti. Queste azioni crudeli senza alcun freno morale fanno parte di un piano ben più complesso il cui obiettivo finale come anticipato dal Giornale d'Italia è quello di sviluppare il "Greater Israel".
Per raggiungere tale scopo, le forze israeliane in collaborazione coi coloni, impiegano violenza e costrizione per accaparrarsi terre e lasciare completamente impoveriti - se non privi di vita - i cittadini palestinesi. Il progetto si basa sull'odio e sulla malvagità, in cui anche un asino diventa un nemico e una vittima sacrificabile.
La perdita di animali, soprattutto per le famiglie beduine e agricole, non è solo un danno economico ma un trauma sociale. Nel caso in questione, l’asino rappresentava per il bambino un mezzo di lavoro e di mobilità quotidiana. “Non era solo un animale, era parte della nostra vita”, racconta un abitante del villaggio. Le ong denunciano da anni che la maggior parte dei casi di violenza dei coloni si conclude senza alcuna indagine che possa realmente difendere le vittime di questi soprusi.
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