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Cisgiordania, coloni e soldatesse israeliane attaccano civili a Kaubar e al-Bireh durante raccolta olive, considerata risorsa economica e culturale - VIDEO

La raccolta delle olive, attività essenziale a livello economico ma di grande significato religioso-culturale, è minata dalle azioni violente ed intimidatorie dell'Idf che rivendica quelle terre coltivate come parte della loro "zona di sicurezza"

19 Ottobre 2025

"I coloni ci aggredisconoci impediscono di raccogliere le olive. E se vogliono, chiamano i soldati a cacciarci via". La guerra dei coloni israeliani nelle porzioni territoriali palestinesi occupate non passa solo attraverso false accuse di "spionaggio" contro bambini, donne e uomini, ma sta prendendo di mira anche una categoria sociale specifica: gli agricoltori. Ostacolati in quella che, per i palestinesi, rappresenta non solo una fondamentale attività redditizia, ma proprio il legame con le proprie radici culturali, l'eco della tradizione biblica: ovvero la raccolta delle olive.

Cisgiordania, coloni e soldatesse israeliane attaccano civili a Kaubar e al-Bireh durante raccolta olive, considerata risorsa economica e culturale - VIDEO

La raccolta delle olive si è aperta lo scorso 10 ottobre. È una tradizione, oltre che un'attività annuale, che coinvolge diverse zone del territorio palestinese, tra cui la città di Kolbar (Kaubar) a nord di Ramallah (nella Cisgiordania occupata); il fazzoletto di terra tra Betlemme ed Hebron, più a sud; la città di Nablus e il suo circondario (Jorish ed AqrabaYanoun); BeitaSalfeetQalqilya. Tuttavia, nonostante la parvenza di pace millantata dall'accordo firmato tra i potenti a Sharm el-Sheikh, le violenze di coloni e soldati israeliani si riversano anche su centinaia di agricoltori, contro cui l'esercito di occupazione indirizza lacrimogenicolpi d'arma da fuoco. Molti sono i palestinesi che continuano a portare avanti la raccolta, anche con l'aiuto di attivisti e organizzazioni umanitarie. Ma i metodi omicidi dell'Idf rende rischiosa un'attività considerata profondamente radicata nella cultura sociale del popolo. "L'ulivo è parte della Terra Santa, è menzionato nel Corano. I nostri antenati hanno custodito questi alberi per secoli, li hanno protetti e curati" sono le testimonianze di cittadini locali. Molti dei territori su cui sorgono gli ulivi - ad esempio a Neve Daniel (Betlemme) vengono considerati dagli israeliani come parte della "zona di sicurezza" a loro ascritta sicché l'ingresso in quei campi è praticamente interdetto. Le squadre che pattugliano i territori coltivati sono armati di mitra, nonostante la Corte Suprema israeliana abbia riconosciuto agli agricoltori il pieno diritto ad accedere ai campi di Qanater e Daak, per esempio.

Con lacrimogeni e colpi di fucile, l'obiettivo è l'isolamento delle comunità agricole, sollecitate ad abbandonare i terreni e a rinunciare ad una raccolta la cui "rinuncia" sta costando molto in termini economici. Obiettivo di fondo, secondo quanto denunciato da molte organizzazioni per i diritti umani, è ridisegnare i confini della Cisgiordania, riscrivere le consuetudini locali attraverso la graduale uccisione nelle campagne palestinesi. Secondo l'Onu, sarebbero almeno 11 le vittime per gli spari dei coloni e dell'Idf nelle campagne palestinesi. Neppure ai giornalisti - come mostra il secondo video - è permesso registrare la raccolta olive: contro di loro gli israeliani lanciano gas lacrimogeni. Nel primo video invece si assiste invece allo scioccante addestramento di soldatesse israeliane per "reprimere i contadini e colpirli con le bombe" mentre lavorano agli uliveti di Kobar e al-Bireh.

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