11 Maggio 2023
Il 2014 è l’anno della prima guerra dell'Ucraina orientale, anche identificata come conflitto del Donbass. Ufficialmente ebbe inizio a maggio, quando alcuni manifestanti armati si sono impadroniti dei palazzi governativi delle regioni di Donetsk e Lugansk. Solo un mese prima le autorità della Crimea avevano annunciato l'indipendenza dall'Ucraina e la regione venne annessa dalla Russia, con un trattato non riconosciuto dalla comunità internazionale.
La scintilla fu l’avvicinamento tra Ucraina e Unione europea, segnato dall’accordo firmato da Petro Poroshenko che, dopo le proteste nel marzo del 2014, era succeduto a Viktor Janukovic, che aveva di nuovo portato il Paese sotto l’orbita della Russia. Il nuovo presidente fu appoggiato dalla maggior parte del popolo ucraino, ma non dagli abitanti della Crimea e dell’Est, da sempre filorussi. Gli insorti riuscirono comunque a combattere e a controllare parzialmente diverse città dell’Est, da Kramatorsk a Mariupol. Molte città più piccole in tutto il Donbass caddero in mano ai secessionisti.
Arsen Avakov, l’allora ministro degli Interni, disse e che il problema secessionista sarebbe stato risolto entro 48 ore, o attraverso negoziati o con l'uso della forza. "Ci sono due modi opposti per risolvere questo conflitto. Un dialogo politico e l'approccio pesante. Siamo pronti per entrambi”. Il nuovo governo ucraino definì gli insorti “terroristi” e mosse le truppe per recuperare i territori. Tra offensive e tregue, militari e mercenari stranieri, la guerra si protrasse per mesi con combattimenti e stragi, con un bilancio finale di 9mila morti, 22mila feriti e 1,5 milioni di profughi verso la Russia.
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