15 Marzo 2025
Milano Perduta, il documentario storico sui navigli milanesi, i più antichi canali artificiali d'Europa per il trasporto e l'irrigazione. Lungo questi canali si è sviluppato, nei secoli, un grande tesoro rappresentato da nobili residenze estive, mulini, castelli, abbazie, paesaggi rurali e naturali bellissimi
Sono 5 i Navigli lombardi: Bereguardo, Grande, Martesana, Paderno e Pavese. Si tratta dei più antichi canali artificiali d'Europa. Costruiti a partire dal XII secolo permettevano di collegare Milano con il Lago Maggiore (attraverso il fiume Ticino), con il lago di Como (attraverso il fiume Adda) e con la città di Pavia e il fiume Po. Erano importanti vie d'acqua per il trasporto e per l'irrigazione dei campi. Lungo questi canali si è sviluppato, nei secoli, un grande tesoro rappresentato da nobili residenze estive, mulini, castelli, abbazie, paesaggi rurali e naturali bellissimi. Il Sistema Navigli è un’area ricompresa tra i fiumi Ticino e Adda di circa 1.800 km2 di superficie, con uno sviluppo di 162 km lineari di canali e di 2,5 milioni di abitanti.
Il naviglio fu realizzato per garantire a Milano un'abbondante fornitura di legname da ardere e da costruzione, carbone, vino, calce, pietre vive e cotte, grassi, pesci e merci, che dal Lago Maggiore, dalla Svizzera e dai territori circostanti giungevano in città con facilità e a basso costo. Serviva anche per esportare grano, riso, lino e altre merci verso la Svizzera, incrementando le entrate dei milanesi. Inoltre, il Naviglio irrigava i campi, alimentava mulini e pascoli, contribuendo alla prosperità della regione.
Lungo i suoi pigri chilometri attraverso la campagna, il Naviglio non era solo un canale funzionale, ma un elemento di bellezza e memoria, ornando Porta Ticinese e località come Cassinetta di Lugagnano. Oggi, tra le alzaie assolate e le ville dimenticate, si respira un senso di nostalgia per un patrimonio irrimediabilmente perduto. Questa malinconia è la stessa che si prova di fronte alla Villa Gaia, restaurata e splendente, o al quasi rudere di Palazzo Archinto, abbandonato prima ancora che si sia fatta piena luce sulla sua storia e sui suoi misteri.
Ma il rimpianto va oltre la perdita di una via d’acqua antica di otto secoli. Esso nasce dalla consapevolezza di aver tradito uno dei momenti più alti e moderni della civiltà milanese e lombarda. Per secoli, il Naviglio ha visto passare marmi per il Duomo, commerci e idee. Abbiategrasso, il suo centro simbolico, prende il nome proprio dalla fertilità della valle del Ticino, un tempo ricca di pascoli e commerci. Qui sopravvivono ancora portici, case antiche, ville e chiese, come la Santa Maria Vecchia, e soprattutto il Castello, un tempo teatro di caccia e amori per i Visconti.
Non sono solo i monumenti conservati con cura ad Abbiategrasso o quelli offesi e traditi come il Castello di Cusago a ispirare rimorso. È il canale stesso, con le sue vecchie cascine e le sue acque dimenticate. Non si tratta di un semplice lamento nostalgico per un passato idealizzato, ma della presa di coscienza di un’occasione perduta. Abbiamo creduto ciecamente nel mito dell’asfalto e del petrolio, dimenticando il valore di questa strada d’acqua.
Un tempo, i Navigli erano un sistema vitale per Milano, un'arteria attraverso cui fluttuavano merci e persone. Oggi, mentre altre città europee come Parigi, Amsterdam e Bruges hanno preservato i loro canali, Milano ha lasciato che le sue vene d’acqua si prosciugassero. È rimasto il Lambro, ormai inutile, e l’Idroscalo, nato per idrovolanti che non volano più.
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