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Caso Legrottaglie, la lettera del carabiniere Gioacchino Versace ai poliziotti indagati, Rita Dalla Chiesa commossa - VIDEO

Per il carabiniere Gioacchino Versace, "questo non è più solo uno Stato che non protegge i suoi servitori. È uno Stato che li giudica prima ancora di capire"

18 Giugno 2025

Nella puntata di lunedì 16 giugno, durante la trasmissione Quarta Repubblica condotta da Nicola Porro su Rete 4, una commossa Rita Dalla Chiesa, deputata di Forza Italia, ha voluto condividere in diretta la lettera pubblicata sui social da Gioacchino Versace, carabiniere, dedicata ai colleghi della Polizia di Stato indagati per omicidio colposo dopo un conflitto a fuoco con 2 criminali in fuga, a seguito dell’assassinio del carabiniere Carlo Legrottaglie.

La lettera del carabiniere Gioacchino Versace ai poliziotti indagati nel caso Carlo Legrottaglie

Eccolo, l’ennesimo paradosso italiano. L’ennesima ferita al cuore di chi indossa una divisa.

Carlo Legrottaglie, Brigadiere Capo dell’Arma, prossimo alla pensione, cade sotto i colpi di due delinquenti in fuga. Un uomo che ha servito lo Stato per una vita intera, ucciso in strada mentre faceva quello che ha sempre fatto: il suo dovere. In silenzio. Senza clamori. Con la dignità di chi sa che ogni turno potrebbe essere l’ultimo.

Poi la seconda scena. I colleghi della Polizia di Stato – fratelli, prima ancora che colleghi – riescono a intercettare quei criminali. È un conflitto a fuoco, teso, improvviso, violento. Si spara. Si decide in una manciata di secondi. Si agisce per salvare vite, per fermare chi ha appena ucciso uno di noi. Ma oggi, proprio quei colleghi sono indagati per omicidio colposo.

Lo chiamano “atto dovuto”. Forse lo è. Ma fa male lo stesso. Perché noi sappiamo cosa significa trovarsi lì, nel mezzo.

Solo chi ogni giorno rischia la vita può capire quei momenti.

Solo chi serve in strada, sulle volanti, nelle pattuglie notturne, nei territori dimenticati, può capire cosa vuol dire prendere una decisione in due secondi che ti cambia la vita.

Non c’è tempo per sfogliare il codice penale.

Non c’è spazio per pensare agli avvisi di garanzia.

C’è solo il dovere, il sangue che pulsa nelle tempie, la paura che si trasforma in lucidità.

Perché se sbagli, muore un cittadino.

Se esiti, muori tu.

Se tentenni, cade il collega accanto a te.

A chi oggi processa, giudica, indaga da dietro una scrivania, chiediamo una sola cosa: provate a stare cinque minuti nei nostri stivali.

Provate a pattugliare una strada sapendo che ogni auto potrebbe essere l’ultima. Provate a bussare una porta senza sapere chi vi aspetta dietro.

Noi non chiediamo impunità. Noi chiediamo comprensione vera. Giustizia vera. E rispetto.

A voi, fratelli della Polizia di Stato, che oggi siete indagati per aver fatto il vostro dovere, va la nostra vicinanza profonda, fraterna, indistruttibile.

Noi Carabinieri vi siamo accanto, con il cuore e con l’anima. Perché chi rischia la vita come voi non è mai solo. Siamo lo stesso sangue, lo stesso giuramento, la stessa solitudine, la stessa rabbia e lo stesso amore per l’uniforme che portiamo addosso.

Carlo è morto da servitore dello Stato. Voi avete agito per onorare quel sacrificio.

E oggi ci ritroviamo a dover spiegare perché in Italia, fermare un assassino può costarti non solo la vita… ma anche un’indagine.

Questo non è più solo uno Stato che non protegge i suoi servitori. È uno Stato che li giudica prima ancora di capire.

E a noi, che ancora crediamo nel dovere, restano solo due strade: resistere o arrenderci.

Ma chi porta la divisa non si arrende mai.

Resistiamo. In piedi. Uniti. Da Carabinieri. Da Poliziotti. Da fratelli.

Gioacchino Versace

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