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Rai, parola d'ordine: decomunistizzare. Ma il sovranpopulismo all'italiana ha già il fiato corto e la rivoluzione sovranista stenta a decollare

Ecco perchè Giorgia Meloni voleva cambiare direttore al Tg1

01 Giugno 2023

Rai, parola d'ordine: decomunistizzare. Ma il sovranpopulismo all'italiana ha già il fiato corto e la rivoluzione sovranista stenta a decollare

Alla faccia della rivoluzione sovranista in Rai. "Qua il rischio vero è che la montagna partorisca il topolino....". Questo si sente dire sempre più spesso per i corridoi di viale Mazzini. A mezza bocca naturalmente perché il clima è quello del "taci il nemico ti ascolta". Guai a farsi sentire con qualche commento salace o con qualche battuta che potrebbe essere scambiata per un attacco o una velata critica al governo. Il rischio è di fare la fine della Corte dei Conti e come minimo parte una batteria di 10 comunicati stampa più due o tre di quelli dei sindacati di destra. Hanno tutti una fortissima paura di essere beccati in flagrante dai "fedelissimi". Che sono poi quelli che credono di essere in missione per conto di Dio: chiusi nelle loro stanze (sicuro che non fanno il solitario con il pc?) non parlano con nessuno non vedono nessuno ma sentono tutto (o credono di sentire). Soprattutto però hanno una missione da compiere: decomunistizzare la Rai. Il problema però è che erano partiti con mille speranze rivoluzionarie (era da mesi, al grido "siamo pronti", che miravano e rimiravano organigrammi di ogni tipo) e soltanto adesso si accorgono che gli mancano i panzer per vincere la guerra. Complimenti per la strategia! Insomma mancano i bomber del sovranpopulismo all'italiana sui quali avevano puntato per rifare l'Italia e gli italiani del dopo Fazio e Annunziata. Gente che capita l'antifona (si fa presto a dire Fazio ma poi vallo a fare tu il 10% in prima serata su Rai 3) ha preferito lasciar perdere. Insomma, dopo tutto il casino fatto per mandare a casa Fuortes si scopre che non c'era un progetto editoriale degno di questo nome pronto a sostituire la tanto detestata narrazione globalcomunista. Valeva la pena fare tutto questo trambusto per poi ritrovarsi con i palinsesti pieni di buchi che al massimo verranno ricoperti con qualche mezza calzetta proveniente dagli altri canali, i soliti 2 o 3 intellettualotti di destra già visti e rivisti (sono sempre gli stessi da trent'anni) e qualche ragazzotto o ragazzotta di presunti underdog (ma soltanto presunti perché in realtà già da tempo ricoprono posizioni di rilievo nell'organigramma di viale Mazzini oppure già da tempo conducono la loro bella trasmissioncina dallo zero virgola di share)? Infine, ci sono un sacco di minestre riscaldate buone per tutte le stagioni.


Forse aveva ragione Giorgia Meloni che non sarà perché non lo è una grande stratega ma ha fiuto politico da vendere quando predicava prudenza e voleva far arrivare Carlo Fuortes alla scadenza naturale del mandato. Tanto a lei interessava solo cambiare il direttore del TG1 (e avrebbe potuto farlo anche con la precedente gestione). Perché da buona conoscitrice della politica italiana teme attacchi di tutti i tipi in vista delle prossime elezioni europee e quindi serviva qualcuno in grado di difenderla senza se e senza ma. Capito?

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