21 Febbraio 2022
"Nell'analisi sui consumi mediatici degli italiani fatta anche quest'anno dal Censis nel Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese, si evince che gli italiani hanno incrementato di ben il 21,9% nel periodo 2015/2021 l'utilizzo di Internet per guardare film e del 2,8% nel solo biennio 2019-21 quello della pandemia. Complessivamente degli italiani che usano internet, il 41,4% lo usa per vedere film; una percentuale elevata anche se in linea con i trend mondiali che vedono da tempo uno svuotamento delle sale e l'incremento del consumo di audiovisivi dalle piattaforme Web". Lo scrive il professor Mauro Masi, delegato italiano alla proprieta' intellettuale e presidente della banca del Fucino, in un saggio pubblicato sul settimanale Milano Finanza. "Quanto incide tutto cio' sull'industria del cinema nel nostro Paese? La risposta non e' semplice: prima del Covid (quindi con riferimento all'anno 2019) in Italia la filiera cinematografica (produttori, distributori, industrie tecniche, esercenti, produttori di apparecchi cinematografici) generava un giro d'affari di circa 4 miliardi di euro con la presenza di oltre 2000 aziende in prevalenza di piccole dimensioni (il 97% delle imprese e' sotto i 10 milioni di fatturato). Queste ultime hanno dimostrato peraltro una buona tenuta con una crescita media dei ricavi tra il 3% e il 6% annuo dal 2013 al 2017 nonche' una redditivita' piuttosto elevata (con una "ebitda margin" significativamente superiore al 10%). Come si e' detto, gia' prima della pandemia, il settore delle sale cinematografiche veniva indicato come l'anello debole della filiera proprio perche' stava subendo in maniera molto incisiva la concorrenza di altri media". "Ora la pandemia da Covid - scrive ancora Masi - ha accelerato e migliorato l'alfabetizzazione digitale ed ha sicuramente accentuato (ma non causato) la crisi del cinema in sala dovuta principalmente ad altre ragioni quali l'inadeguatezza tecnologica della maggior parte delle sale nazionali e un diverso modo di fruizione dello spettacolo cinematografico da parte delle generazioni piu' giovani. Infatti grandissima parte del pubblico di eta' inferiore ai quarant'anni non solo non frequenta le sale cinematografiche ma e' ormai abituata a fruire il "prodotto cinema" solo sui tablet, sui cellulari, sui computers e vari altri devices ma esclusi gli schermi televisivi, con un impatto negativo anche sui classici meccanismi del lancio pubblicitario. Tale nuova situazione - dove sara' prevedibile una coesistenza dello sfruttamento dei film in sala con le piattaforme "streaming" salvo a conciliare le varie possibili windows in esclusiva - comportera', a mio avviso, la necessita' di un nuovo modello di business e differenti strumenti finanziari, non essendo piu' possibile, come per il passato, fare conto sugli incassi da box-office che costituivano una parte importante dei ricavi. I nuovi strumenti finanziari dovranno essere sicuramente non solo flessibili, ma adeguati alla mutata catena del valore anche in termini temporali nell'arco di sfruttamento del prodotto cinema sui vari media. Resta poi ovviamente il tema della qualita', ma su questo l'industria italiana di settore mantiene una cifra elevata anche a livello internazionale come dimostra anche la recente nomination del film di Sorrentino (E' stata la mano di Dio, peraltro prodotto e distribuito da Netflix) agli Oscar del prossimo marzo", conclude Masi.
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