Salute, nutrizione e microbiota
23 Dicembre 2025
Nella medicina ayurvedica, una delle più antiche tradizioni terapeutiche dell’umanità, la salute non nasce nei farmaci ma nella digestione. È in questo contesto che il buttermilk, noto in India come Takra, assume un ruolo che va ben oltre quello di una semplice bevanda: diventa un vero e proprio rimedio medico.
Lontano dall’immaginario occidentale, dove il buttermilk è spesso associato a un latte fermentato industriale o a preparazioni culinarie, il Takra ayurvedico è il risultato di un processo preciso: yogurt naturale diluito, zangolato (sbattuto fino alla separazione del grasso) e privato della parte grassa. Ciò che resta è un liquido leggero, caldo per natura, altamente digeribile e terapeuticamente attivo.
Secondo l’Ayurveda, lo yogurt è un alimento “pesante”, che può ostacolare la digestione se assunto in modo scorretto. Il Takra, al contrario, è considerato un attivatore del fuoco digestivo (Agni), capace di ridurre le tossine metaboliche (Ama) e di ristabilire l’equilibrio dell’intestino.
Non a caso, i testi classici lo definiscono “nettare per il tratto gastrointestinale”. Viene tradizionalmente prescritto in caso di gonfiore, digestione lenta, diarrea cronica, colon irritabile, emorroidi e disturbi intestinali persistenti, spesso là dove la medicina moderna fatica a individuare cause organiche evidenti.
La preparazione del Takra non è un dettaglio culinario, ma parte integrante della sua efficacia terapeutica.
Si utilizza yogurt naturale non zuccherato, preferibilmente fresco. A questo si aggiunge acqua a temperatura ambiente, in proporzione variabile da una parte di yogurt e una di acqua fino a una parte di yogurt e tre o quattro di acqua, a seconda dell’effetto desiderato.
Il composto viene quindi zangolato, cioè sbattuto energicamente e a lungo, fino a quando la parte grassa affiora in superficie sotto forma di burro. Questa viene rimossa completamente. Solo il liquido residuo costituisce il vero Takra ayurvedico. Va consumato a temperatura ambiente, preferibilmente a pranzo o a fine pasto.
Uno degli aspetti più moderni del Takra è la sua personalizzazione, oggi diremmo medicina su misura.
In caso di gonfiore e gas intestinali, si aggiungono cumino tostato e una minima quantità di asafoetida.
In caso di diarrea o intestino debole, la preparazione è più concentrata e arricchita con cumino e coriandolo.
In presenza di intestino sensibile o infiammato, la diluizione è maggiore e si utilizzano spezie leggere come coriandolo o finocchio.
Le spezie non hanno una funzione aromatica, ma funzionale e fisiologica: modificano l’effetto del rimedio come un vero dosaggio terapeutico.
La crescente attenzione della medicina occidentale al microbiota intestinale rende questa pratica millenaria sorprendentemente attuale. Studi su prodotti lattiero-fermentati naturali mostrano benefici sulla digestione, sulla riduzione dell’infiammazione e sul riequilibrio della flora intestinale.
Il Takra, per composizione e modalità di preparazione, rientra pienamente nella categoria dei probiotici naturali non industriali, con il vantaggio di essere povero di grassi e più facilmente assimilabile rispetto allo yogurt tradizionale.
Non è irrilevante ricordare che, durante la dominazione britannica dell’India, la medicina ayurvedica venne ostacolata, marginalizzata e in parte vietata, non per ragioni scientifiche ma economiche e politiche. Il sistema coloniale favorì l’introduzione della medicina occidentale e dei farmaci chimici, relegando i saperi tradizionali a pratiche considerate “arretrate” e incompatibili con l’idea di progresso che l’Impero intendeva esportare — e commercializzare.
Si trattò di un processo tutt’altro che neutrale: la delegittimazione dell’Ayurveda aprì un vasto mercato ai prodotti farmaceutici occidentali, mentre veniva smantellato un sistema medico millenario fondato su prevenzione, stile di vita e responsabilità individuale.
È un esempio emblematico di come, talvolta, ciò che viene presentato come progresso non coincida con un reale avanzamento della salute collettiva, ma con la sostituzione di un modello di cura con un altro più funzionale agli interessi economici dominanti. Il cosiddetto progresso farmaceutico, in questo senso, non sempre ha significato maggiore benessere, ma spesso maggiore dipendenza.
Forse è anche per questo che pratiche come il Takra sono sopravvissute ai margini, tramandate più che insegnate. E che oggi, alla luce delle crisi sanitarie contemporanee e dell’eccessiva medicalizzazione della vita quotidiana, tornano a interrogarci.
Il Takra non promette miracoli, non si vende in capsule, non semplifica. Ma funziona.
E talvolta, nella precisione sobria delle tradizioni antiche, si nasconde una modernità che non abbiamo superato, ma semplicemente dimenticato.
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