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Vaccino Covid a mRNA "aumenta mortalità per effetti collaterali e danni a sistema immunitario e non impedisce contagi" - LO STUDIO su Microorganism

Gli esperti hanno ponderato i dati dello studio di Pescara del gennaio 2023 eliminando i bias metodologici e, secondo quanto emerso, il vaccino Covid non avrebbe la capacità di prevenire l'infezione né quella di ridurre la mortalità che, al contrario, aumenterebbe a causa di danni diretti e indiretti. Questo, secondo il matematico Prof. Norman Fenton e lo statistico Prof. Martin Neil, rappresenta uno dei migliori studi finora disponibili sulla questione

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Vaccino Covid, fonte: imagoeconomica

Un recente studio sui vaccini Covid a mRNA ha sollevato molti interrogativi sulla loro efficacia e sulla loro sicurezza, dai risultati infatti è emerso che non impedirebbero i contagi e dunque non proteggerebbero dal rischio di infezione. Inoltre non diminuirebbero la mortalità. Anzi, con le dosi aumenterebbe il rischio di morte per danni diretti, ossia effetti avversi, o indiretti, come l'indebolimento del sistema immunitario, che a sua volta provocherebbe lo sviluppo di altre malattie. Lo studio è stato condotto da Alessandria, Malatesta, Berrino e Donzelli e pubblicato sulla rivista biomedica Microorganisms.

Secondo il matematico Prof. Norman Fenton e lo statistico Prof. Martin Neil, questa ricerca rappresenta uno dei migliori studi finora disponibili sulla questione. Gli esperti hanno infatti condotto le ricerche partendo dai dati dello studio di Pescara pubblicato nel gennaio del 2023, eliminando però tutti i bias metodologici precedenti. Correggendo in particolare l’ITB, ossia l’Immortal time-bias, il nuovo studio ha rilevato che l’effetto protettivo dei vaccini potrebbe essere stato sopravvalutato negli studi precedenti, alterando così le percezioni pubbliche e le politiche sanitarie. Sono inoltre state rilevate perdite significative nell’aspettativa di vita tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, specialmente tra coloro che hanno ricevuto due o più dosi.

Inoltre è stata rilevata una gestione inadeguata dei tempi di follow-up. Il bias della finestra di conteggio dei casi spiega come nei primi 14 giorni dopo la vaccinazione i decessi non siano stati conteggiati tra i vaccinati, ma siano stati attribuiti ai non vaccinati o ai gruppi precedenti. Questo metodo di calcolo ha inevitabilmente condotto a risultati distorti.

Vaccino Covid "non impedisce contagi e aumenta mortalità per effetti collaterali e danni a sistema immunitario"

Il dibattito sull’efficacia dei vaccini Covid a mRNA continua a restare acceso e sono sempre più numerosi gli studi condotti in materia, studi che secondo molti avrebbero dovuto essere condotti prima di disporre la vaccinazione di massa e soprattutto l'obbligo vaccinale. Nelle ricerche è fondamentale evitare bias (errori) metodologici, come l’Immortal time-bias (ITB). Questo errore sistemico, che viene spesso ignorato, falsa le percezioni sull’efficacia dei trattamenti, favorendo il gruppo più esposto, in questo caso i vaccinati. Nonostante ciò, tale errore è presente in moltissimi studi condotti fino ad oggi anche a causa di una gestione inadeguata dei tempi di follow-up. Le prove raccolte sull’efficacia del vaccino anti-COVID-19 sono complesse e soggette a moltissimi bias, si legge su assis.it, inclusi quelli derivanti da differenze nelle strategie di test e nell’attribuzione delle cause di morte.

L’analisi dei decessi per tutte le cause è importantissima poiché può fornire un quadro più chiaro e completo dell’impatto reale delle campagne di vaccinazione. Senza distinguere le morti in base allo stato di vaccinazione è impossibile stabilire un legame tra le morti in eccesso del 2021 e del 2022 e le vaccinazioni di massa contro la COVID-19. Per questo sono importanti gli studi che correlano le morti per tutte le cause con lo stato di vaccinazione di grandi popolazioni con un lungo follow-up, considerando età, genere e fattori di confondimento come le comorbidità pregresse.

Vaccino Covid, lo studio su efficacia e mortalità

Lo studio condotto da Alessandria, Malatesta, Berrino e Donzelli solleva domande significative sulle reali implicazioni del vaccino e della campagna di vaccinazione per la salute pubblica. Lo studio ha ripreso il dataset originale dello studio di Rosso et al. con lo scopo di correggere l’ITB e verificare il reale effetto della campagna di vaccinazione, confrontando il rischio di morte per tutte le cause tra la popolazione vaccinata e non vaccinata della provincia di Pescara.

La ricerca confronta le curve di sopravvivenza tra diversi stati vaccinali (non vaccinati, 1, 2, e 3/4 dosi), con particolare attenzione alle correzioni necessarie. Lo studio di Rosso et al. mostrerebbe che le persone con 1 o due dosi di vaccino abbiano un rischio significativamente più elevato di morte per tutte le cause, rispetto a quelli con 3 o più dosi. Il problema è che lo studio, come quello precedente condotto dagli stessi autori, è affetto da ITB, che si verifica quando un periodo durante il quale l’evento non può accadere viene classificato erroneamente, portando a una distorsione nel calcolo dell’efficacia del vaccino che può determinare una sovrastima dei suoi benefici.

Correggendo l’ITB il nuovo studio ha rilevato che l’effetto protettivo dei vaccini potrebbe essere stato sopravvalutato negli studi precedenti, alterando così le percezioni pubbliche e le politiche sanitarie.

Per correggere l’ITB tutti i partecipanti sono stati allineati su una data di inizio comune e il tempo di follow-up è stato calcolato per ciascun gruppo di vaccinazione. Il periodo totale di osservazione è stato di 775 giorni, con una media di follow-up diversa per ciascun gruppo. Sono stati considerati due esiti, ossia “morti per tutte le cause” e “morti correlate al COVID-19”.

I dati forniti dallo studio hanno mostrato come la distribuzione dei fattori di rischio e delle comorbilità sia rimasta costante tra le popolazioni analizzate, vaccinate e non vaccinate, mantenendo una coerenza nei gruppi di studio.

L’analisi univariata iniziale sembrava indicare che una sola dose di vaccino potesse diminuire il rischio di morte del 12% rispetto ai non vaccinati. Tuttavia, quando sono state considerate altre variabili cruciali mediante l’analisi multivariata, il quadro è cambiato radicalmente: una dose di vaccino sembra associata a un aumento del rischio di morte (HR = 2,40). Questo risultato può essere influenzato da altri fattori di rischio presenti in chi ha ricevuto solo una dose. Ad esempio, i soggetti ipertesi avevano un rischio molto più alto di morte, così come i diabetici e le persone affette da malattie cardiovascolari.

Per chi ha ricevuto due dosi di vaccino, l’analisi univariata mostrava un aumento del 23% del rischio di morte per tutte le cause rispetto ai non vaccinati (HR = 1,23). Anche qui, nell’analisi multivariata, il rischio è ancora maggiore (HR = 1,98). Anche in questo caso, la presenza di malattie renali e altre comorbilità ha giocato un ruolo significativo nell’accentuare il rischio.

Infine, per coloro che hanno completato il ciclo con tre o quattro dosi, l’analisi univariata mostrava un aumento del rischio di morte del 21% rispetto ai non vaccinati. Tuttavia, nell’analisi multivariata, non sono emerse differenze significative, suggerendo che le dosi di richiamo potrebbero non influenzare negativamente il rischio di mortalità, soprattutto quando si considerano le condizioni di salute preesistenti.

Questi risultati suggeriscono che l’efficacia del vaccino, in termini di riduzione del rischio di morte, può variare notevolmente a seconda delle dosi ricevute e delle condizioni di salute preesistenti. Ormai è chiaro che i soggetti con comorbilità preesistenti presentino un rischio significativamente più elevato di mortalità rispetto ai vaccinati senza tali condizioni.

Un altro aspetto molto importante emerge dall’analisi della riduzione della vita media stimata (RMST) e del tasso di mortalità trascurata (RMTL), che ha mostrato perdite significative nell’aspettativa di vita tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, specialmente tra coloro che hanno ricevuto due o più dosi.

Vaccino Covid "aumenta rischio di morte per cause diverse dalla Sars-Cov-2"

Dallo studio emerge che, se per coloro che hanno ricevuto 3 o più dosi il rischio di decesso per tutte le cause non è aumentato, potrebbe esserci stata una compensazione con un aumento dei decessi per altre ragioni. Di conseguenza, si potrebbe ammettere che la vaccinazione aumenti il rischio di morte per cause diverse dalla COVID-19, sia per effetti diretti (come effetti collaterali) sia indiretti (come possibili danni al sistema immunitario). Questa interpretazione suggerisce che il rischio di morte potrebbe essere più elevato dopo una sola dose rispetto a 2, e più elevato dopo 2 dosi rispetto a 3, poiché le persone più vulnerabili ai danni potrebbero essere già decedute dopo le prime dosi di vaccino.

Oltre a considerare l’età, il sesso e le patologie pregresse, lo studio ha esplorato diversi bias che potrebbero influenzare i risultati. L’effetto di mietitura (la morte dei soggetti più a rischio), si legge ancora su assis.it, potrebbe spiegare parte dell’andamento dell’HR (hazard ratio) nei decessi osservato con l’incremento delle vaccinazioni. Questo è dovuto non solo alla morte dei soggetti anziani e fragili che venivano vaccinati con priorità, ma anche a probabili effetti avversi dei vaccini.

Il bias del vaccinato sano i soggetti più aderenti alle terapie preventive hanno spesso maggiori probabilità di adottare comportamenti coerenti con uno stile di vita sano. Questo può aver sovrastimato l’efficacia del vaccino, poiché i vaccinati potrebbero già possedere una migliore salute generale rispetto ai non vaccinati.

Il calendar-time bias, invece, consiste nel non considerare né la stagionalità né le ondate pandemiche nelle analisi. Le vaccinazioni sono avvenute in momenti diversi della pandemia, con differenti livelli di rischio di morte, il che può aver influito sui risultati dello studio.

Il bias della finestra di conteggio dei casi spiega come nei primi 14 giorni dopo la vaccinazione i decessi non siano stati conteggiati tra i vaccinati, ma siano stati attribuiti ai non vaccinati o ai gruppi precedenti. Anche questo potrebbe aver distorto i risultati, complicando ulteriormente l’analisi dell’efficacia del vaccino.

Questi bias potrebbero aver contribuito a sovrastimare o sottostimare l’hazard ratio nelle diverse coorti vaccinali, complicando così l’interpretazione dei risultati. Senza dubbio la correzione per l’ITB ha migliorato la qualità dello studio, riducendo le distorsioni nei risultati, che hanno riscontrato che i rischi di morte per tutte le cause erano ancora più elevati per i soggetti vaccinati con 1 o 2 dosi rispetto ai non vaccinati, e che le dosi di richiamo sono sostanzialmente inefficaci. Inoltre si è riscontrato una lieve, ma statisticamente significativa, perdita dell’aspettativa di vita per i soggetti vaccinati con 2 o 3/4 dosi.

Questo studio apre uno spiraglio importantissimo verso una valutazione realistica e oggettiva degli eventi avversi della vaccinazione COVID-19, evidenziando quanto sia importante adottare un approccio basato su prove concrete. È essenziale continuare a monitorare attentamente la popolazione e a fare un follow-up costante per scoprire eventuali conseguenze a lungo termine della vaccinazione.

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