16 Ottobre 2025
A distanza di qualche giorno com’era prevedibile il dato sull’affluenza è già scomparso dai radar dei commentatori per rifiondarsi sulla prossima competizione elettorale. Eppure quel dato è IL dato in quanto certifica la crisi della democrazia: sottovalutarlo significa depositare la polvere sotto il tappeto. Se nelle ultime elezioni regionali nelle Marche, in Calabria e in Toscana è andato a votare solo uno su due, significa che il trend si sta consolidando. Se fossi nel Presidente della Repubblica mi porrei un problema: non è che nel tourbillon di leggi elettorali l’unico obiettivo centrato è stato quello di estromettere il pensiero dissidente? Un’asticella di qua e un’asticella di là, una lista blindata di qua e una lista blindata di là alla fine i partiti sono diventati una specie di massoneria dove o si rispettano il rito e il capo oppure quella è la porta. E infatti la gente se ne va e non partecipa più alla democrazia, <perché alla fine sono tutti uguali>. E sbaglia il generale Vannacci a dire che chi non partecipa al voto non deve più pretendere le cose: chi non va a votare semplicemente sta dicendo che il gioco è truccato e Vannacci deve stavolta stare muto perché chi non va a votare comunque paga le tasse (a meno che in questo delirio qualcuno associ evasione ad astensione) e ha tutto il diritto di pretendere che i servizi funzionino. Aggiungo inoltre che le piazze piene dei giorni erano animate da persone di destra come di sinistra che non vanno più a votare eppure sono animate da uno spirito politico.
Detto questo passiamo ora ai partiti più in difficoltà. Erano stati i protagonisti di un governo assolutamente inedito, un governo che rompeva ogni schema: il Movimento Cinquestelle primo partito oltre le aspettative e la Lega di Salvini che ballò da sola con il consenso degli alleati. Furono la sorpresa di quel 2018 che oggi appare come una foto di un’altra epoca storica, un po’ come la foto di quel ponte Morandi a Genova collassato alla vigilia di ferragosto di quello stesso anno, tragedia per cui la procura ha appena chiesto 18 anni e 6 mesi per l’allora ad di Autostrade, Castellucci. Quel crollo sembrava l’atto notarile di una Italia che stava per soccombere di fronte all’effervescenza di una insolita alleanza e infatti il giorno del funerale i membri del governo Conte ricevettero solo tante pacche sulle spalle, come a chiedere un cambiamento radicale.
E invece, poco alla volta, a cambiare furono loro: i Cinquestelle in primis e poi la Lega, in una crisi di voti e di identità. Da quando fece cadere quel governo Salvini perse l’orientamento, arrivando addirittura ad adagiarsi tra le braccia di Mario Draghi in un governo con tutti dentro, compresi i grillini dopo aver fatto il governo col Pd sotto la regia di Renzi; erano tutti dentro tranne Fratelli d’Italia, che infatti dall’opposizione costruì il suo successo, il cui peso è tuttora pressoché intatto come hanno dimostrato le recenti tornate, persino in terra toscana dove pur vincendo (ed era scontato) l’uscente Giani, FdI ha preso il largo. Chi invece ha rimediato una scoppola importante è stato il Carroccio, già malconcio nelle Marche ma non dòmo in Calabria.
La crisi in Toscana ha un nome e cognome precisi: Roberto Vannacci. Il generale non tira come prima ma ha sconquassato il partito, motivo per cui la nuova strada della Lega è… quella vecchia, quella solida dei governatori e dei sindaci, insomma degli amministratori alla Zaia, Fontana, Fedriga. Salvini è disposto a tornare all’antico? È la sua ultima chance.
Chi invece non ne ha è Conte: il “suo” Movimento si conferma debolissimo sul territorio nonostante il cambiamento organizzativo (con tanto di siluramento di Beppe Grillo) fosse indirizzato a quello. Ogni tornata amministrativa è una botta in testa notevole, tanto da metter dubbi anche nelle teste degli stessi contiani doc. Male nelle Marche; malissimo in Calabria se si pensa che il candidato presidente era suo - Pasquale Tridico - e pure grillino era il cavallo di battaglia, ossia il reddito di cittadinanza in versione regionale. Niente da fare.
In Toscana Conte riuscirà a incassare qualcosina nonostante un risultato assai deludente (M5S e Lega praticamente hanno preso gli stessi voti) grazie alla vittoria di Giani, del Pd, di Avs (il cannibale del Movimento) e soprattutto del famoso centro moderato che Conte mal sopporta. L’ex premier ora dovrà puntare tutto sulla Campania e su Roberto Fico, cioè il “regalo” che la Schlein gli ha concesso anche a costo di una trattativa complessa con De Luca padre sul ruolo di De Luca figlio. Fico dovrà trascinare i voti dei Cinquestelle: una specie di usato sicuro e garantito per vedere se qualcuna di quelle stelle brilla ancora. Altrimenti…
di Gianluigi Paragone
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