19 Aprile 2024
Meloni, fonte: imagoeconomica
Giorgia Meloni e il 'flirt' europeo con Draghi e Letta. La presidente del Consiglio ha accolto le ultime uscite dei due ex premier, dicendosi d'accordo col secondo, "ci sono sicuramente spunti molto importanti". "Sia Mario Draghi che Enrico Letta, due europeisti, ci dicono che l'Europa va cambiata: questo è il dibattito che va fatto", dichiara la premier.
Tra questi "la necessità di rafforzare l’industria europea, tenendo comunque conto anche della nostra vocazione manifatturiera; il riferimento all’autonomia strategica, con particolare attenzione all’energia e alle reti di connessione con i paesi terzi, che è il lavoro che in qualche modo noi facciamo con il Piano Mattei", spiega la premier.
Poi c’è "un riferimento molto coraggioso al tema della natalità, che è forse la più grande sfida economica che l’Unione europea ha di fronte se vogliamo mantenere il nostro sistema di welfare".
Della strategia industriale europea ha parlato anche Draghi, per il quale Meloni ha fatto un vero e proprio endorsement, considerando che si parla di lui, e tanto in relazione ad una possibile candidatura ai vertici della Commissione Ue, come anticipato dal Giornale d'Italia. "È una persona molto autorevole e io sono contenta che si parli di un italiano per un ruolo del genere" ha spiegato la premier, sottolineando ancora una volta il rapporto che c'è tra i due.
Ma "questo dibattito è filosofia buona per i titoli dei giornali e buona magari per fare campagna elettorale, ma non è così che funziona", ha aggiunto.
Piuttosto cita Draghi e Letta, "due persone considerate europeiste", perché “dicono che l’Europa va cambiata". "E questo è un dibattito molto interessante, il dibattito che va fatto".
Per Letta "non c’è tempo da perdere" perché "il divario tra l’Ue e gli Usa sta diventando sempre più grande, in termini di risultati economici". L'ex presidente del Consiglio, trombato anche da Parigi visto che l'Università nella quale insegnava ha detto no al reintegro, ha asserito come bisogna "rafforzare il mercato unico ed eliminare la frammentazione a partire dai residui dei tre principali lasciti del periodo Delors: l’energia, le telecomunicazioni e i mercati finanziari".
"Le mie proposte sono realistiche e pragmatiche. Non è un sogno. Non propongo alcuna modifica del trattato. Voglio essere molto chiaro, perché so benissimo che proporre modifiche al trattato oggi significa non essere molto concreti o non poter avere risultati immediati. Naturalmente, non è il modo per me di dire che non abbiamo bisogno di modifiche al trattato".
"Alle quattro libertà esistenti (di movimento dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone), voglio aggiungere una quinta, intangibile se vogliamo. E questo non contraddice quanto ho detto riguardo alla modifica dei trattati perché è possibile farlo sulla base dei trattati esistenti - spiega -. C'è l'articolo 179 del Trattato, che si concentra in particolare sulla ricerca. Quindi penso che possiamo dare un grande impulso lì, sull'Ai, l'innovazione, lo spazio, i dati".
"La questione fondamentale del mercato unico è quella evitare la frammentazione: ci sono ostacoli che sono ferme da anni e anni. Ho ripreso molte idee dal bel rapporto Monti del 2010, perché in 14 anni l'Ue non ha voluto applicare le sue raccomandazioni. Quindi oggi dobbiamo spingere davvero perché c'è un divario tra l'Ue e gli Usa".
"La nostra organizzazione, il nostro processo decisionale e il finanziamento sono pensati per il mondo di ieri, pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, pre-ritorno della rivalità tra grandi potenze. Ci serve un'Unione europea che sia all'altezza del mondo di oggi e di domani. Quindi ciò che propongo nel rapporto che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale. Che è ciò che è necessario".
"Dobbiamo raggiungere una trasformazione dell'economia europea, dobbiamo essere in grado di fare affidabile su un sistema energetico decarbonizzato affidabile, una difesa integrata europea, una produzione domestica nei settori più innovativi e una posizione leader nella produzione tecnologia".
La maggior parte degli investimenti dovrà essere coperta da investimenti privati. I risparmi privati sono molto elevati e vengono per lo più incanalati in depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita tanto quanto potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui avanzare nell’Unione dei mercati dei capitali costituisce una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività".
"Non abbiamo avuto un industrial deal a livello europeo, nonostante la Commissione stia facendo ogni suo sforzo per colmare questo gap. Nonostante le iniziative positive in corso, ci manca ancora una strategia complessiva per rispondere in queste strategie. Investiamo meno di Stati Uniti e Cina nel digitale e nelle tecnologie avanzate, compresa la difesa. Ci sono solo quattro top player europei tra i primi 50 aziende globali. Ci manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un competitività iniqua causa di assimetrie in regole, sussidi e politiche commerciali. Le industrie energivore sono un caso di studio: in altre regioni queste industrie non solo affrontano prezzi dell'energia più bassi ma anche un meno peso normativo e in alcuni casi ricevono sussidi massicci che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere. Senza azioni politiche studiate e coordinate è logico che alcune nostre industrie spegneranno le loro capacità e delocalizzeranno fuori dall'Ue".
"Per soddisfare le nuove esigenze di difesa e sicurezza", l'Ue deve "intensificare gli appalti congiunti, aumentare il coordinamento della spesa e l'interoperabilità delle attrezzature, e ridurre sostanzialmente le dipendenze internazionali". "Nel settore della difesa, la mancanza di" un'economia di "scala sta ostacolando lo sviluppo della capacità industriale europea. I primi cinque operatori negli Stati Uniti rappresentano l'80% del suo mercato più ampio, mentre in Europa ne rappresentano il 45%. Questa differenza deriva in gran parte dal fatto che la spesa per la difesa dell'Ue è frammentata".
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