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Delega fiscale, il Senato volta le spalle a Draghi: affondata la riforma delle tasse

Il testo, approvato alla Camera, tramonta definitivamente a Palazzo Madama: niente cancellazione dell’Irap e revisione dell’Ires. La palla passerà al nuovo governo

20 Settembre 2022

Delega fiscale, il Senato volta le spalle a Draghi: affondata la riforma delle tasse

Ci credeva, Mario Draghi. L’aveva auspicata fino alla fine, confidando in un accordo in extremis dei partiti in Senato. Non è stato così. Oggi, martedì 20 settembre, Palazzo Madama ha voltato le spalle al premier. E ha affossato la delega fiscale. Nel pacchetto di riforme delle tasse, al quale l’ex presidente della Bce lavorava da due anni, c’era la riforma dell’Irpef, la definitiva cancellazione dell’Irap, la revisione dell’Ires, l’introduzione del cashback fiscale, la revisione del catasto che doveva mappare gli immobili e scovare quelli fantasma. La delega era stata inserita del Pnrr, anche se non come riforma vincolante. Era. Perché si parla al passato. Il testo, di fatto, è stato cancellato.

Delega fiscale, il Senato volta le spalle a Draghi: affondata la riforma delle tasse

Si dice che sia stata la Lega a impuntarsi e a collegare la delega fiscale anche ad altre due riforme: ergastolo ostativo ed equo compenso, puntando soprattutto su quest’ultimo. “O passano tutte e tre o non se fa niente”, sarebbe stata la presa di posizione del Carroccio. Matteo Salvini, del resto, era stato chiaro: “Che il problema di questo Paese siano i proprietari di casa, i balneari, i tassisti, i farmacisti è tutto da capire”, aveva detto un paio di giorni fa durante un incontro alla Confedilizia di Piacenza. “È da capire perché il problema della concorrenza in Italia siano questi categorie. Chi oggi è qua a parlare, la settimana prossima sarà con incarichi di governo. Io lascio che certe scelte rilevanti le prendano gli italiani, il nuovo Parlamento. Trovo che sia una mancanza di rispetto, a cinque giorni dal voto, provare a fare dei blitz sulla delega fiscale”.

Delega fiscale, il Senato volta le spalle a Draghi: affondata la riforma delle tasse

A nulla è servito il reiterato impegno del premier Draghi a non dare attuazione alla delega, a non mettere in campo i decreti delegati che dovevano poi dettagliare nel concreto quei princìpi di legge, lasciandoli al successivo governo. Decreti cruciali per stabilire come tagliare e a chi le tasse, come riformare il catasto senza alzare le imposte sulla casa. Il centrodestra, impegnato in campagna elettorale, punta a Palazzo Chigi. E da lì, in caso di vittoria alle elezioni di domenica, conta di mettere mano al fisco secondo direttrici totalmente differenti rispetto quelle tracciate dalla delega. A cominciare dalla flat tax, che pure la riforma di Draghi prevedeva ed estendeva anche sopra i 65mila euro attuali per le partite Iva. Il lavoro di mediazione della delega era stato faticoso sin dall’inizio, ma aveva ottenuto un risultato: quello di compattare una maggioranza eterogenea (Lega, Forza Italia, Pd, M5s e Italia Viva) su un testo generico ma condiviso e approvato dalla Camera. Al Senato non è stato così. Nell’altro ramo del Parlamento quel testo non è passato. Draghi ne aveva avuto il sentore. “Non mantenere la parola non è il metodo di questo governo”, aveva dichiarato pochi giorni fa il presidente del Consiglio, secondo il quale la riforma fiscale sarebbe dovuta essere “approvata il 7 settembre”. Draghi aveva comunque confidato di aver ancora “un filo di speranza”. Un filo che si è spezzato oggi a Palazzo Madama. Sarà il nuovo governo, con le sue proposte, a occuparsi della riforma del fisco.

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