02 Febbraio 2022
Fonte: Instagram
Il Festival di Sanremo viene spesso ricordato più per la spettacolarizzazione che per le canzoni, ma ai discografici e agli sponsor interessa soprattutto questo, visto che tale situazione porta ascolti record e download alle stelle.
Il sindacato dei locali da ballo si è infuriato con Amadeus, il quale in tempo di Covid ha trasformato il Teatro Ariston in una discoteca, Achille Lauro ha scatenato la furia della Chiesa e dell’Osservatore Romano per aver emulato il sacro battesimo in diretta, i cantanti “trombati” polemizzano in ogni dove per un minimo di visibilità, la comunità gay esulta per gli atteggiamenti e gli sguardi tra Mahmood e Blanco e tra Amadeus e il direttore di Rai1 Stefano Coletta, scatenando di controparte la stizza di quella pro-family: un melange in cui le canzoni passano in secondo piano ma allo stesso tempo hanno un bacino d’ascolto impressionante; gli ascolti hanno toccato gli 11 milioni di telespettatori e lo share medio è stato del 54,7%, a dimostrazione del fatto che il fruitore aspetta lo show con non poca ansia. Sanremo è un po’ come Berlusconi: tutti dichiarano di non vederlo o votarlo ma poi stravince su tutti i fronti.
Le polemiche del Festival di Sanremo sono il suo stesso motore, altrimenti il circolo mediatico sarebbe ai livelli di un qualsiasi spettacolo di musica; la macchina organizzativa è imponente e costosa, per cui servono sforzi creativi e finanziari notevoli per mantenere cinque giorni di baracca, senza considerare prove artistiche e tecniche. Per la metà delle canzoni in gara ascoltate ieri sera è oggettivo che ci siano dei gran pezzi, destinati a portare guadagni ai cantanti come alle case discografiche, ma è pure vero il fatto che la composizione in sé nel 2022 dice poco se non abbinata a gesti eclatanti e mosse provocanti. Sanremo è tutto questo e si conferma uno spettacolo che dopo 72 anni riesce ancora a far parlare di sé, crea un hype incredibile ed è lo show più visto dell’anno televisivo italiano (e spesso anche europeo).
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