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Osservatorio Crif, per l'Agricoltura crescono i finanziamenti alle imprese, +30,5% nel primo semestre 2025; le cooperative agricole sono le più resilienti

L’Osservatorio segnala forte crescita nel Sud e tra le società di capitali; tasso di default al 2,2% contro il 3% nazionale; pagamenti più irregolari della media ma in miglioramento, mentre crescono le cessazioni e calano le nuove imprese

09 Dicembre 2025

Osservatorio Criff, per l'Agricoltura crescono i finanziamenti alle imprese, +30,5% nel primo semestre 2025; le cooperative agricole sono le più resilienti

Nel I semestre 2025 le imprese del settore agricolo hanno registrato un significativo incremento degli importi finanziati: +30,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Confrontando questo dato con la media delle imprese italiane (+13%), si evidenzia una differenza di oltre 17 punti percentuali. Questa maggiore crescita è stata trainata principalmente dai Mutui Chirografari e dai Prestiti, che rappresentano la forma di finanziamento più diffusa per gli operatori del comparto (circa i due terzi del totale erogato): +33,3% per l’Agricoltura contro il +24,5% osservato sul totale delle imprese italiane.

Il settore agricolo, con circa 670.000 imprese attive, costituisce un ecosistema complesso che integra produzione primaria, servizi di supporto e attività connesse, generando impatti rilevanti su occupazione, sostenibilità e competitività internazionale. In termini territoriali, presenta una forte concentrazione di imprese nel Sud Italia e Isole, che rappresentano il 46,1% del totale nazionale.

Queste sono le principali evidenze emerse dall’Osservatorio di CRIF sulle imprese del settore agricolo; un settore molto importante e strategico per l’economia italiana e che comprende agricoltura, allevamento, pesca e silvicoltura.

In un contesto caratterizzato da sfide globali, come transizione ecologica, digitalizzazione, cambiamento climatico e volatilità dei mercati, l’agricoltura italiana mostra una buona tenuta sotto il profilo della rischiosità creditizia, con tassi di default inferiori rispetto al livello medio nazionale. Questi risentono positivamente della significativa presenza di cooperative agricole a mutualità prevalente, tipicamente caratterizzate da tassi di default più bassi in virtù dello stretto legame economico fra i soci e l’azienda stessa. Tale legame si traduce in un forte supporto dei soci all’attività della cooperativa, rappresentando un elemento di mitigazione del rischio. Nonostante l’incertezza e la complessità dello scenario, le prospettive per il settore agricolo vedono tassi di default che continueranno ad attestarsi su livelli inferiori al dato nazionale, seppur in lieve crescita entro la fine dell’anno”, commenta Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings.

 

L’andamento del credito

La crescita del credito erogato nella prima metà dell’anno alle imprese agricole è stata sostenuta da un quadro normativo favorevole, che ha permesso l’accesso degli operatori di settore a forme di finanza agevolata, incentivando investimenti mirati all’ammodernamento delle strutture produttive, all’adozione di tecnologie innovative e alla transizione verso pratiche agricole sostenibili, in linea con gli obiettivi di digitalizzazione e decarbonizzazione del settore. Tuttavia, tali strumenti hanno permesso solo una parziale, sebbene rilevante, copertura delle esigenze finanziarie per gli investimenti, dando maggiore stimolo al ricorso al credito bancario.

In termini di tipologia di impresa, per l’Agricoltura si evidenzia una crescita degli importi erogati più marcata per le Società di Capitali (+40,8%) rispetto alle Ditte e Società di Persone (+26,5%)

A livello territoriale, nel Sud Italia e le Isole si registra una crescita degli importi erogati superiore alla media di settore (+40,6%), mentre nel Nord-Est si evidenzia un incremento (+29,7%) sotto la media nazionale (+30,5%). 

Tra le regioni, Sicilia e Campania registrano la crescita degli importi erogati più marcata (rispettivamente +44,3% e +38,7%), mentre Emilia-Romagna (+23,8%) e Veneto (+21,9%) fanno rilevare gli incrementi meno elevati.

La rischiosità creditizia del settore agricolo

Dal punto di vista della rischiosità creditizia, a giugno 2025 il settore dell’Agricoltura presenta un tasso di default stabile rispetto alla fine dell’anno precedente e inferiore al dato nazionale, attestandosi al 2,2% contro un tasso di default medio nazionale del 3,0%.

 

Le cooperative agricole mostrano un differenziale positivo rispetto alla media nazionale ancora più evidente, con un tasso di default all’1,8%. La più contenuta rischiosità delle cooperative agricole in termini di tassi di default deve essere letta alla luce delle specificità che le caratterizzano, che rendono la sola lettura delle metriche creditizie di bilancio non sufficienti a una sua corretta comprensione. In particolare, il profilo di rischio delle cooperative agricole beneficia della forte presenza di cooperative agricole di conferimento a mutualità prevalente, dove l’essere socio è spesso condizione necessaria per la valorizzazione, quando non anche la sopravvivenza stessa, dell’attività primaria del socio stesso. Ciò determina una significativa rilevanza strategica della cooperativa per il socio che è disposto a supportarne l’attività anche in contesti di difficoltà (ad esempio attraverso apporti a titolo di debito, maggiori dilazioni dei tempi di incasso, ecc.). Ne consegue che le scelte e i comportamenti dei soci, anche in contesti di crisi, sono generalmente indirizzati al sostegno della cooperativa di cui fanno parte e non sono paragonabili a quelli di un generico azionista di una società per azioni. Lo stretto legame fra socio e cooperativa agricola a mutualità prevalente rappresenta elemento di mitigazione del rischio che si manifesta in tassi di default più bassi rispetto all’intero universo delle imprese del settore agricolo.

In termini di micro-settori, l’allevamento e le attività connesse con un tasso di default del 2,4% risultano più rischiosi del totale settore agricolo (2,2%). La maggiore rischiosità di questo micro-settore risulta influenzata da diversi fattori, con potenziali impatti sulla struttura dei costi, sul fatturato e sulla struttura finanziaria degli operatori di comparto. Tra questi sono individuabili i rischi sanitari legati alla diffusione di malattie infettive e alle problematiche di sicurezza alimentare; i rischi ambientali e climatici; l’esposizione all’andamento dei prezzi dei mangimi; le potenziali modifiche nelle caratteristiche della domanda, anche in relazione al cambiamento delle abitudini alimentari da parte dei consumatori; infine, la necessità di investimenti, anche significativi, relativamente alle strutture e alle tecnologie impiegate nei processi produttivi.

La dinamica dei pagamenti commerciali

La valutazione delle abitudini di pagamento commerciale costituisce una tematica rilevante per comprendere le dinamiche del comparto agricolo. Facendo un confronto con l’economia italiana nel suo complesso, si evidenzia una minore regolarità nei pagamenti da parte delle imprese agricole rispetto alla media nazionale.

In Italia, il 43,6% delle imprese paga alla scadenza, mentre nel settore dell’agricoltura tale quota si ferma al 34,1%. Sul fronte dei ritardi brevi, il settore agricolo ricorre più spesso a pagamenti entro 30 giorni dalla scadenza (52,2% contro il 43,7% della media nazionale). Anche i ritardi più lunghi, oltre i 90 giorni, risultano leggermente più frequenti nel comparto agricolo (4,8% rispetto al 4,3%), sebbene il divario sia meno marcato.

Si aggiunge poi che le differenze territoriali sono significative. Infatti, se nel Nord-Est il 44,1% dei pagamenti avviene puntualmente, nel Nord-Ovest la quota scende al 37,8% e nel Centro al 29,4%. La situazione più critica si registra nel Sud e Isole, dove solo il 27% delle transazioni viene saldato nei tempi previsti. Il divario si accentua considerando anche le dilazioni oltre i 90 giorni: nel Mezzogiorno queste raggiungono il 7,3%, contro appena l’1,6% nel Nord-Est e il 3,7% nel Nord-Ovest.

L’analisi del trend trimestrale delle abitudini di pagamento conferma un miglioramento graduale. Tra il terzo trimestre 2023 e lo stesso periodo del 2025 la puntualità è salita dal 31,1% al 34,1%, segnalando una tendenza positiva verso il rispetto delle scadenze. Parallelamente, i ritardi oltre i 90 giorni sono diminuiti di quasi un punto percentuale, passando dal 5,7% al 4,8%.

Il turnover delle imprese di settore

L’analisi del turnover delle imprese tra il 2022 e il primo semestre del 2025 evidenzia un calo delle nuove aperture e un aumento delle cessazioni. Le nuove iscrizioni sono passate da 21.897 nel 2022 a 18.703 nel 2023. Nel 2024 si è registrato un lieve recupero, con 19.286 imprese, dove nei primi sei mesi del 2025 il numero si è attestato a 10.827. Per quanto riguarda le chiusure, invece, si riscontra una crescita progressiva, da 21.491 nel 2022 a 23.825 nel 2023 e 24.677 nel 2024. Nel primo semestre del 2025 emerge un valore pari a 15.394 imprese cessate.

Dai dati emerge che la durata di vita di un’impresa incide fortemente sulla sua stabilità. Infatti, le realtà più “giovani” sono quelle più esposte al rischio di cessazione. Il 35% delle cessazioni riguarda imprese con meno di 5 anni di attività, mentre il 31,9% interessa quelle tra i 6 e i 15 anni. La quota scende al 20,2% per le imprese con 16-30 anni di vita e si riduce ulteriormente al 13% per quelle oltre i 30 anni, confermando che le realtà più consolidate sono meno esposte al rischio di cessazione.

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