16 Settembre 2025
Le positive performance occupazionali nel Mezzogiorno, evidenziate dall’ISTAT (50,1% di occupati nel secondo trimestre del 2025, record dal 2004, ma ancora di 12 punti sotto la media nazionale 62,6%), devono essere uno stimolo per non fermarsi, puntando con ancora maggiore convinzione su formazione, politiche demografiche, incentivazione del lavoro femminile, nel Sud Italia come nel resto del Paese.
È quanto emerge durante l’avvio dei lavori della prima Giornata del Mezzogiorno, promossa dalla Camera di Commercio di Bari nell’ambito della Fiera del Levante. La seconda, giovedì 18, sarà dedicata al tema dell’energia perché, come ha detto la presidente della Camera di Commercio, Luciana Di Bisceglie, nel suo saluto iniziale, sono “due facce della stessa medaglia: senza occupazione stabile, retribuzioni adeguate e produttività non c’è sviluppo; senza energia accessibile, sicura e sostenibile non c’è industria né coesione sociale”.
Ad animare il dibattito sul lavoro sono stati i dati presentati da Veronica De Romanis (Luiss Guido Carli - Stanford University). L’Italia, che secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale vedrà il suo PIL nel 2026 crescere meno della media europea, continua infatti ad essere fanalino di coda europeo in spese per la formazione (solo 7,2% delle spese totali secondo Eurostat), ultima per occupazione femminile e natalità, con un invecchiamento e calo complessivo della popolazione più marcato al Sud, anche per una minor attrattività del Meridione per le migrazioni dall’estero.
L’Italia, sempre da Eurostat, risulta terz’ultima per quota di laureati (30,6%) e seconda per persone inoccupate, che non studiano né sono in cerca di lavoro. I NEET sono il 15,2% della popolazione tra i 15 e i 29 anni. Oltre il 40% degli occupati ha più di 50 anni, il doppio di 20 anni fa, superando oggi i 10 milioni.
Quanto al Sud, “sono da circa cinque anni che la crescita dell’occupazione, della produttività del lavoro, della produzione interna è superiore a quella del Centro-Nord, tuttavia il divario secolare fra le due aree del Paese, pur lievemente ridotto, rimane ampio. Per ridurlo ancora occorre valorizzare e affinare i talenti di cui il Sud è ricco, ed è per questo necessario un sistema educativo molto più avanzato di quello attuale” – evidenzia Salvatore Rossi, ex direttore di Bankitalia e presidente di Telecom.
Anche perché i segnali di crescita registrati si riferiscono ad attività di servizi di valore aggiunto, alta tecnologia che iniziano a svilupparsi in alcuni distretti del Sud. L’analisi di Gaetano Quagliariello, direttore School of Government della Luiss, che ha chiuso i lavori, giunge alle stesse conclusioni.
Guardando ai dati demografici, “anche quando l’economia del Sud migliora o l’occupazione cresce, i flussi interni verso il Centro-Nord non si arrestano. In poco più di 20 anni, il Sud ha perso oltre 700mila residenti, 36.800 nel solo 2024, il 64% dei quali tra Campania e Sicilia.”
Per Quagliariello, fuga di cervelli e mismatch tra domanda e offerta di lavoro rendono fondamentale formazione e valorizzazione delle risorse umane e, soprattutto, “nelle politiche per il Sud, occorre privilegiare la qualità degli investimenti, indirizzandoli nel capitale umano, nella infrastrutturazione sociale, nel rafforzamento delle comunità”.
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