21 Ottobre 2025
Embargo Cuba Fonte: Getty
Nelle strade dell'Avana, quando cala la notte, l'oscurità inghiotte interi quartieri. Solo gli hotel, alcuni ristoranti dotati di generatori e gli ospedali rimangono illuminati. Per oltre 10 milioni di cubani, i blackout sono diventati la normalità: interruzioni di corrente che possono durare fino a 20 ore al giorno, lasciando famiglie senza elettricità, acqua corrente e possibilità di conservare il cibo.
L'isola caraibica sta vivendo la peggiore crisi degli ultimi 30 anni, dall'epoca del "periodo speciale" (Período especial en tiempos de paz, ovvero la gravissima crisi economica che colpì Cuba all'inizio degli anni '90, seguita al crollo dell'Unione Sovietica).
Dall'ottobre 2024, Cuba ha vissuto quattro blackout nazionali totali, il più grave dei quali ha lasciato il Paese completamente al buio per giorni. Il 18 ottobre 2024, il collasso della centrale termoelettrica Antonio Guiteras, la più grande del Paese, ha gettato l'intera popolazione nell'oscurità. Il sistema elettrico si è ripetutamente guastato in febbraio, marzo, settembre e dicembre 2024, poi ancora a marzo 2025, causando interruzioni prolungate che hanno paralizzato l'intera isola.
Le ragioni della catastrofe energetica sono molteplici: centrali termoelettriche vecchie di oltre 40 anni, senza manutenzione adeguata da almeno 15 anni, scarsità cronica di carburante e l'impossibilità di importare pezzi di ricambio necessari. Il Venezuela, principale fornitore di petrolio, ha ridotto le forniture a 58mila barili al giorno, insufficienti per il fabbisogno dell'isola. Nel 2022, un incendio ha distrutto il 40% del principale deposito di carburanti a Matanzas, aggravando ulteriormente la situazione. Le autorità hanno risposto con misure d'emergenza: chiusura di scuole, sospensione delle attività lavorative non essenziali e razionamenti programmati. Ma per i cubani comuni, questo significa vivere senza ventilatori con temperature che superano i 30 gradi, impossibilità di refrigerare gli alimenti e pompe dell'acqua che non funzionano. La crisi energetica ha creato profonde disuguaglianze: chi ha un generatore elettrico può sopravvivere, gli altri devono arrangiarsi.
Quello che una volta era il fiore all'occhiello di Cuba – un sistema sanitario pubblico considerato tra i migliori al mondo – oggi è in ginocchio. Negli ospedali cubani mancano perfino i cerotti e le siringhe. Oltre 460 farmaci essenziali risultano introvabili, con il 70% dei medicinali di base non disponibili o accessibili solo attraverso il mercato nero, dove un flacone di amoxicillina (antibiotico comune) può costare fino a 300 pesos. Per comprendere quanto sia proibitivo questo prezzo, bisogna considerare che il salario medio mensile a Cuba si aggira intorno ai 4.000-5.000 pesos: un singolo farmaco può quindi divorare quasi il 10% dello stipendio mensile di una famiglia. Sono stati segnalati casi di persone che dormono davanti alle farmacie per assicurarsi un posto nelle lunghe code e poter acquistare i pochi farmaci disponibili. I pazienti con malattie croniche come ipertensione, diabete e asma affrontano gravi difficoltà nell'accesso ai loro trattamenti, mettendo direttamente a rischio la loro vita. Il governo ha implementato sistemi di razionamento, assegnando giorni specifici per l'acquisto di medicinali in base al consultorio medico di appartenenza, ma questo ha solo creato ulteriore disperazione e code infinite.
Le conseguenze di tutto ciò sono drammatiche: pazienti che non ricevono cure adeguate, interventi chirurgici rimandati, persone costrette a portarsi da casa garze e materiali monouso quando devono essere ricoverate. La carenza di siringhe ha reso quasi impossibile utilizzare i vaccini prodotti localmente contro il Covid-19, nonostante Cuba avesse offerto di fornirli ai Paesi poveri a prezzo di costo. Anche il personale sanitario sta fuggendo dal Paese. Medici e infermieri, formati in un sistema che garantisce un medico ogni 157 abitanti – uno dei rapporti più alti al mondo – cercano opportunità altrove. Centinaia di sanitari cubani sono stati impiegati in Calabria e in altre regioni italiane per sopperire alla carenza di personale nel nostro sistema sanitario nazionale, mentre a Cuba gli ospedali rimangono sguarniti.
L'epidemia di dengue del 2024, con oltre 17mila pazienti ricoverati, ha messo ulteriormente a nudo le fragilità del sistema: mancano zanzariere, repellenti, farmaci per trattare la febbre e persino soluzioni per l'idratazione dei malati.
Sette cubani su dieci devono rinunciare a uno dei tre pasti giornalieri per mancanza di denaro o cibo. Solo il 15% della popolazione riesce a garantirsi colazione, pranzo e cena ogni giorno. Il sistema della libreta – la tessera di razionamento introdotta da Fidel Castro – garantisce quantità minime di olio, zucchero, sale e beni di prima necessità, ma non basta per sopravvivere.
I prezzi del carburante sono aumentati del 500% a marzo 2024. L'inflazione è fuori controllo e al mercato nero un dollaro si scambia a 328 pesos cubani, mentre il tasso di cambio ufficiale rimane fermo a 125 (era 1:1 fino al 2020). Il prodotto interno lordo rimane inferiore dell'8% rispetto ai livelli pre-pandemia, con una produzione di beni crollata del 40%.
L'embargo: 63 anni di strangolamento economico
Tale drammatica situazione è stata creata ed esacerbata nel tempo unicamente dall'assurdo e scandaloso (oltre che disumano) embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti fin dal 1962, definito "bloqueo" dai cubani. Tale infame atteggiamento politico, nato nel corso della cosiddetta Guerra Fredda, continua a produrre effetti devastanti: secondo il governo cubano, solo tra marzo 2023 e febbraio 2024 l'embargo ha causato danni per 5 miliardi di dollari. Dal 1960 a oggi, il danno cumulativo supera i 159 miliardi di dollari.
L'embargo non blocca solo il commercio diretto tra USA e Cuba, ma estende le sue ramificazioni a livello globale. La legge Torricelli del 1992 stabilisce che le navi che attraccano in porti cubani non possono entrare in porti statunitensi per sei mesi successivi. Questo scoraggia le compagnie di navigazione internazionali dal commerciare con l'isola. La legge Helms-Burton del 1996 permette a cittadini americani di fare causa a imprese straniere che "trafficano" con proprietà confiscate dal governo cubano, intimorendo investitori e partner commerciali. Contrariamente a quanto comunemente si creda, l'embargo colpisce anche medicine e alimenti. Sebbene teoricamente esclusi, nella pratica le sanzioni finanziarie e le minacce di multe milionarie alle aziende che commerciano con Cuba rendono quasi impossibile l'importazione di questi beni essenziali. I brevetti di farmaci salvavita sono spesso detenuti da multinazionali americane, e i concorrenti stranieri rischiano sanzioni se esportano a Cuba. Persino i pezzi di ricambio per produrre vitamine prenatali sono reperibili legalmente solo negli USA, dove però l'export verso Cuba è vietato.
Durante il suo primo mandato (2017-2021), Donald Trump ha imposto oltre 240 sanzioni aggiuntive a Cuba, invertendo il timido disgelo avviato da Barack Obama. L'amministrazione Biden ha mantenuto la maggior parte di queste restrizioni, nonostante durante la campagna elettorale avesse criticato la "pressione massima" trumpiana. Il 14 gennaio 2025, negli ultimi giorni del suo mandato, Biden ha rimosso Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo, un'inclusione che Trump aveva disposto nel gennaio 2021 senza prove concrete. Questa decisione ha portato alla liberazione di 533 prigionieri politici cubani, mediata dal Vaticano. Ma si è trattata di una vittoria effimera: l'embargo è rimasto intatto e con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, la situazione è precipitata nuovamente.
La nomina di Marco Rubio come Segretario di Stato nel gennaio 2025 ha segnato un punto di svolta drammatico per Cuba. Rubio, 53 anni, figlio di immigrati cubani, è considerato uno dei più feroci oppositori del governo cubano al Congresso. Cresciuto nell'odio per il comunismo instillato dal nonno, ha fatto della guerra a Cuba, Venezuela e Nicaragua la sua missione politica. Nel giugno 2025, Trump ha emesso un nuovo memorandum presidenziale sulla sicurezza nazionale, dando 30 giorni alla sua amministrazione per trovare ulteriori sanzioni contro Cuba. Rubio ha attaccato frontalmente i programmi di cooperazione sanitaria cubana nei Caraibi, accusando falsamente i Paesi che ospitano medici cubani di complicità con il "traffico di esseri umani". In un tour in Giamaica, Guyana e Suriname, ha minacciato ritorsioni economiche e migratorie contro i governi che continuano a collaborare con l'Avana.
L'obiettivo dichiarato rimane lo stesso da oltre 60 anni: provocare il collasso del governo cubano attraverso il soffocamento economico. Ma questo approccio ha fallito ogni volta nel suo scopo politico, riuscendo solo a infliggere sofferenze alla popolazione civile.
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato contro l'embargo per la 31ª volta consecutiva nel novembre 2023, con un risultato schiacciante: 187 Paesi a favore della fine dell'embargo, solo Stati Uniti e Israele contrari, e l'Ucraina astenuta. Ogni anno dal 1992, con l'eccezione del 2020 a causa della pandemia, la comunità internazionale ha chiesto agli USA di porre fine a questa politica, considerata illegale secondo il diritto internazionale in quanto forma di coercizione economica unilaterale che viola i diritti umani. L'Unione Europea ha criticato duramente l'attivazione del Titolo III della legge Helms-Burton da parte di Trump, che permette cause contro imprese europee che operano a Cuba. Josep Borrell, alto rappresentante UE per gli affari esteri, ha sottolineato che "nonostante le limitazioni del blocco americano, siamo il principale partner commerciale di Cuba" e ha annunciato fondi per sostenere progetti sociali sull'isola. Anche il Parlamento Europeo ha approvato risoluzioni che chiedono la fine dell'embargo, riconoscendo che le imposizioni da parte di potenze straniere sono la causa principale delle difficoltà economiche e sociali di Cuba.
Terribile situazione che ha come conseguenza una vera emorragia migratoria: dal 2022, oltre 850mila cubani sono emigrati, principalmente verso gli Stati Uniti. È una fuga senza precedenti di giovani, professionisti qualificati, medici e intellettuali che non vedono futuro nell'isola. Questa emigrazione di massa rappresenta un'arma a doppio taglio: Trump ha vinto promettendo di fermare l'immigrazione clandestina, ma l'inasprimento dell'embargo potrebbe paradossalmente accelerare l'ondata di profughi cubani verso la Florida, creando un problema politico per i repubblicani nello stesso stato che li elegge.
Cuba oggi vive un paradosso insostenibile: un Paese con indicatori di salute comparabili ai Paesi sviluppati (speranza di vita simile agli USA, bassa mortalità infantile) ma con un PIL da Paese del Terzo Mondo. Un'isola che forma medici eccellenti e li esporta in tutto il mondo, ma dove gli ospedali non hanno cerotti. Mentre si discute di geopolitica e strategie di pressione, sono le persone comuni a pagare il prezzo più alto: anziani che muoiono senza farmaci, bambini che studiano al buio, famiglie che devono scegliere quale pasto saltare.
Dal 1° gennaio 2025, Cuba è diventata membro associato dei cosiddetti BRICS(Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), insieme ad altri otto Paesi tra cui Bolivia, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda, Uzbekistan eBielorussia. Per L'Avana, questa adesione rappresenta una potenziale via d'uscita dall'isolamento economico imposto dall'embargo americano.
Il blocco BRICS+ rappresenta oggi il 36% del PIL mondiale, il 37% del commercio globale e quasi la metà della popolazione mondiale, circa 3,5 miliardi di persone. I Paesi membri contribuiscono al 40% della produzione petrolifera globale e coprono una superficie di circa 40 milioni di chilometri quadrati. Per Cuba, l'ingresso significa accesso a un sistema di commercio in valute locali che potrebbe ridurre la dipendenza dal dollaro e aprire nuovi flussi commerciali.
La Cina ha già dimostrato concretamente il suo supporto: nel dicembre 2024 ha donato 69 tonnellate di radiatori, motori e componenti per il sistema elettrico cubano, parte di un pacchetto di aiuti destinato a ripristinare circa 400 megawatt di capacità di generazione in oltre 70 centrali elettriche. La Russia ha annunciato investimenti in vari settori ed è cruciale per le forniture di greggio, mentre il Brasile potrebbe facilitare nuove partnership commerciali.
Il Presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha definito l'adesione ai BRICS "una grande speranza per i Paesi del Sud" nella lotta per un ordine internazionale più giusto. Cuba punta a contribuire con le sue competenze in biotecnologia, produzione di farmaci e cooperazione scientifica. Tuttavia, gli economisti avvertono che i benefici potrebbero essere dilatati nel tempo e che l'ingresso nei BRICS non risolverà automaticamente i problemi strutturali dell'economia cubana. Il Ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez ha sottolineato che questa adesione avviene "nonostante gli sforzi degli Stati Uniti per isolare il Paese", ma ha anche ammonito: "dobbiamo sapere come sfruttare questa opportunità." La sfida per Cuba sarà navigare le complessità geopolitiche di un gruppo eterogeneo di nazioni, ciascuna con interessi e priorità differenti, mentre implementa le riforme interne necessarie per attrarre investimenti.
Alla crisi energetica e sanitaria si aggiunge un fardello pesantissimo: il debito estero. Cuba ha riserve monetarie ridotte al lumicino di fronte a un forte debito accumulato con diversi Paesi creditori. Nel 2015, l'Italia insieme a 13 Paesi membri del Club di Parigi – tra cui Francia, Spagna, Giappone, Australia, Regno Unito, Svezia e Svizzera – ha firmato un accordo storico per la ristrutturazione del debito cubano. L'accordo prevedeva componenti di cancellazione, ristrutturazione e conversione di una quota del debito durante un periodo di 18 anni. L'Italia, quarto creditore dopo Francia, Spagna e Giappone, ha concordato la conversione di parte del debito in progetti di sviluppo umano e socio-economico: circa 13,37 milioni di euro di crediti d'aiuto sono stati convertiti in iniziative di cooperazione nei settori cultura, agricoltura e sviluppo locale.
Il Parlamento Europeo ha chiesto la cancellazione dei pagamenti del debito di Cuba agli Stati membri del Club di Parigi, per consentire alle autorità cubane di affrontare meglio la difficile situazione economica. Tuttavia, il peso del debito rimane un ostacolo significativo alla ripresa economica, limitando la capacità del governo di investire in infrastrutture cruciali e servizi essenziali.
Se l'embargo strangola l'economia e il debito la paralizza, il crollo del turismo rappresenta il colpo finale. Il settore turistico, una volta considerato la principale fonte di valuta estera per Cuba, sta vivendo un collasso senza precedenti che aggrava ulteriormente la crisi. I numeri sono impietosi: nel 2018 Cuba aveva accolto 4,6 milioni di turisti. Nel 2024 sono arrivati appena 2,2 milioni di visitatori, un calo del 9,6% rispetto ai 2,4 milioni del 2023. Ma il 2025 sta registrando un vero e proprio crollo: nei primi otto mesi dell'anno si è verificata una diminuzione del 21,6% rispetto allo stesso periodo del 2024, con solo 1,26 milioni di arrivi. Nei primi cinque mesi del 2025, Cuba ha perso oltre 300mila visitatori rispetto all'anno precedente. Particolarmente drammatico è il calo dei mercati tradizionali: la Russia ha visto una riduzione del 50,9% dei turisti diretti a Cuba, passando da 43.859 nel 2024 a 22.306 nel 2025. Anche Spagna e Italia registrano cali significativi del 25,2% e 25,8% rispettivamente. Il Canada, principale mercato per l'isola, ha ridotto drasticamente i flussi turistici. Solo gli Stati Uniti mostrano una relativa stabilità, con un calo minore rispetto ad altri mercati. Anche la connettività aerea è crollata: molte compagnie hanno ridotto o cancellato i voli verso Cuba. Il risultato è che l'obiettivo governativo di 2,6 milioni di turisti per il 2025 appare ormai irraggiungibile. Se si considera che la spesa media per turista a Cuba era di circa 500 dollari nel 2022, il calo di centinaia di migliaia di visitatori si traduce in perdite di centinaia di milioni di dollari in valuta estera, risorse di cui l'isola ha disperatamente bisogno per importare cibo, medicine e carburante. Il turismo rappresentava l'ultima ancora di salvezza economica per Cuba, insieme all'export di personale medico (anch'esso in crisi con l'emigrazione dei sanitari). Il suo collasso completa un quadro di crisi sistemica da cui appare sempre più difficile uscire.
La domanda che la comunità internazionale continua a porsi è: fino a quando si potrà tollerare questa situazione? Fino a quando un residuo della Guerra Fredda potrà condannare milioni di persone a vivere senza futuro? Le 31 votazioni dell'ONU danno una risposta chiara, ma Washington assurdamente e colpevolmente continua a fare orecchie da mercante.
I BRICS potrebbero offrire una via d'uscita parziale, ma non sono una soluzione miracolosa. Cuba dovrà affrontare riforme interne difficili, negoziare il suo enorme debito estero e ricostruire un settore turistico in macerie. Nel frattempo, l'inasprimento delle sanzioni sotto Marco Rubio rischia di accelerare il collasso. E intanto, a Cuba, qualcuno aspetta nel buio che la corrente torni, sperando che ci siano ancora farmaci quando avrà bisogno di cure, mentre i turisti che un tempo affollavano le spiagge dell'isola guardano altrove per le loro vacanze.
Di Eugenio Cardi
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