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Furto al Louvre, il precedente del 1911: l'italiano Vincenzo Peruggia rubò la Gioconda come "gesto patriottico" per riportarla in italia

Uno degli episodi più celebri – e paradossalmente quello che contribuì a rendere celebre l’opera trafugata – avvenne l’11 agosto 1911: fu il giorno in cui la Gioconda sparì dal Louvre

21 Ottobre 2025

Furto al Louvre, il precedente del 1911: l'italiano Vincenzo Peruggia rubò la Gioconda come "gesto patriottico" per riportarla in italia

Il recente furto al Museo del Louvre è uno dei colpi più sensazionali della storia recente. Il museo parigino, simbolo dell'arte e della cultura non solo francese ma mondiale, era ritenuto da molti inespugnabile e compiere una rapina era da considerarsi qualcosa possibile solo nei film. I fatti però hanno dimostrato il contrario.

E non è certo un caso isolato. Il museo in questione vanta una lunga e inquietante storia di furti clamorosi e mai risolti, nonostante sia stato concepito proprio con l’obiettivo di proteggere il patrimonio culturale nazionale dopo una rivoluzione sanguinosa. Uno degli episodi più celebri – e paradossalmente quello che contribuì a rendere celebre l’opera trafugata – avvenne l’11 agosto 1911: fu il giorno in cui la Gioconda sparì dal Louvre.

Furto al Louvre, il precedente del 1911: l'italiano Vincenzo Peruggia rubò la Gioconda come "gesto patriottico" per riportarla in italia

All’epoca, il celebre dipinto di Leonardo da Vinci non godeva della stessa fama universale di oggi. Era esposto al Salon Carré, una delle sale principali del museo, ma il suo status non era ancora quello di icona mondiale. Il furto fu messo a segno da Vincenzo Peruggia, un immigrato italiano che aveva lavorato al Louvre come decoratore, costruendo cornici e teche. Quel lunedì mattina, approfittando della scarsa sorveglianza e indossando la sua vecchia uniforme da lavoro, riuscì a entrare nel museo senza ostacoli.

All’epoca era normale che le opere venissero temporaneamente rimosse per manutenzione o per essere fotografate, motivo per cui nessuno si accorse immediatamente della sparizione. Più di ventiquattr’ore passarono prima che qualcuno notasse l’assenza del quadro. A lanciare l’allarme fu un mecenate che si era recato al Salon Carré per studiare l’opera: tutto ciò che rimaneva della Gioconda erano i ganci metallici che sorreggevano la teca – probabilmente costruita dallo stesso Peruggia – in cui era custodita.

Il colpo, definito in seguito “il più grande furto d’arte del XX secolo”, fu eseguito con sorprendente semplicità. Peruggia attese che la sala fosse vuota, staccò il dipinto, lo tolse dalla cornice, lo nascose sotto il grembiule da lavoro e uscì indisturbato.

Il caso ebbe risvolti surreali: tra i sospettati finì anche un giovane Pablo Picasso, interrogato brevemente nell’ambito delle indagini. Pur non avendo nulla a che fare con la sparizione della Gioconda, emerse che il pittore spagnolo era coinvolto in un precedente furto: aveva acquistato due teste di statue iberiche rubate dal Louvre qualche anno prima e, temendo di essere implicato, le restituì alla polizia.

La Gioconda fu ritrovata soltanto due anni più tardi, nel 1913, quando Peruggia cercò di venderla a un museo italiano. Il dipinto era rimasto nascosto fino ad allora nel suo appartamento parigino. Durante il processo, l’uomo dichiarò di aver agito per patriottismo, convinto che il quadro appartenesse all’Italia. Tuttavia, la realtà storica era diversa: Leonardo aveva completato l’opera in Francia, e fu acquistata nel 1518 dal re Francesco I.

Ironia della sorte, proprio il furto contribuì in modo decisivo a trasformare la Gioconda nell’icona globale che è oggi. Prima di quel colpo audace, era uno dei tanti capolavori del Louvre. Dopo, divenne un simbolo.

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