15 Ottobre 2025
Presunto tunnel Hamas, fonte: X, @pbs
Dopo due anni, si è scoperto che i tunnel e i bunker costruiti sottoterra da Hamas in corrispondenza di complessi residenziali e di edifici a uso civile non sarebbero altro che invenzioni propagandistiche israeliane. È infatti venuto a galla che i video e le animazioni che l'Idf ha sempre diffuso siano tutti costruiti attraverso l'intelligenza artificiale, utilizzando modelli e immagini di librerie digitali pubbliche.
Negli ultimi due anni, milioni di persone nel mondo hanno visto video e immagini 3D diffusi dall’esercito israeliano che mostrano ospedali e quartieri residenziali sotto i quali si troverebbero bunker, arsenali o centri di comando di Hamas e Hezbollah. Queste animazioni, spesso accompagnate da didascalie come “illustrazioni”, sono state rilanciate da testate internazionali e piattaforme social, entrando nell’immaginario collettivo come rappresentazioni di realtà militare.
Un’inchiesta condotta dall’emittente pubblica svizzera SRF, in collaborazione con il collettivo Viewfinder, il magazine israeliano +972, e altre redazioni europee, ha però rivelato che molte di queste ricostruzioni non derivano da dati di intelligence. Analizzando 43 video prodotti dall’Idf dal 2023, i ricercatori hanno scoperto che gran parte dei modelli 3D proviene da librerie digitali pubbliche, come Sketchfab, usate comunemente per videogiochi e pubblicità.
Un caso emblematico riguarda il video diffuso nel 2023 che mostrava un presunto centro di comando di Hamas sotto l’ospedale Al-Shifa di Gaza: il modello della stanza era già comparso in un’altra animazione, due anni prima, dedicata a un’ipotetica base sotto una scuola dell’UNRWA. Anche in Libano, un villaggio descritto come “arsenale Hezbollah” si è poi rivelato inesistente.
Fonti interne all’Idf ammettono che le illustrazioni vengono approvate da ufficiali dell’intelligence ma costruite anche “per riempire i vuoti informativi” e “rendere più potente la narrazione”. L’esercito israeliano ha rifiutato di rilasciare interviste ufficiali, limitandosi a dichiarare che i video servono “a scopi illustrativi”.
Secondo Moran Yarchi, docente di comunicazione digitale all’università Reichman, queste produzioni fanno parte della “guerra percettiva”, dove l’immagine è un’arma. Ma per l’esperto svizzero Roland Popp, “una democrazia non può manipolare la propria informazione, anche in tempo di guerra”.
Come osserva Elizabeth Breiner di Forensic Architecture, il rischio è che “queste immagini, anche se smascherate, restino nella memoria collettiva, alterando per sempre la percezione dei fatti.”
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