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Il trionfo di "Trump il Pacificatore". Nessuno prevedeva una pace dopo due anni di un terribile conflitto tra Governo israeliano e Islam militare

Perchè Trump si meriti veramente il Nobel e quali sono i caratteri essenziali della sua "geopolitica della pace"

10 Ottobre 2025

Il trionfo di "Trump il Pacificatore". Nessuno prevedeva una pace dopo due anni di un terribile conflitto tra Governo israeliano e Islam militare

Ebbene si, il Presidente Usa Trump si merita veramente il Nobel della Pace, sebbene ormai questa onorificenza non valga più come prima, sia in parte svalorizzata dal suo ingiusto conferimento al suo predecessore Obama, uno dei Presidente più bombaroli e devastanti di sempre. Andiamo per gradi: negli ultimi mesi Trump è intervenuto diplomaticamente con forza e abilità in molte crisi internazionali, contribuendo a trovare nuovi equilibri, per i quali non è sbagliato usare il termine: pace. Certo, non è la pace assoluta, etica, ideale, e spirituale per come molti la intendono ma a livello di rapporti di potere, di relazioni di forza e di politica internazionale si tratta comunque di evitare guerre, di raffreddare le situazioni, di migliorare i rapporti fra Stati e quindi a ragione possiamo dire che Trump abbia lavorato molto e in modo efficace dando un contributo importante per disinnescare pericolose tensioni in molte situazioni che stavano velocemente deteriorandosi: Serbia-Kossovo, Egitto-Etiopia (per la nuova diga etiope), Cambogia-Thailandia, Armenia-Arzejbagian, Pakistan-India, Congo-Ruanda e, ora: la cessazione del massacro di Gaza con la restituzione degli ultimi ostaggi e il ritiro dell'esercito israeliano. Chi si merita più di Trump il Nobel per la Pace? Nessuno. Nessun Presidente, nè Usa e nè di alcuna altra nazione si è mai così tanto dato da fare contro le guerre e per favorire nuovi accordi di pacificazione. Certamente non è un santo (chi può essere nei più alti livelli di potere?) ma senza dubbio è un Presidente rivoluzionario per il quale ora possiamo per la prima volta dopo molti decenni associare la bandiera a stelle e strisce alla pace e non alla guerra, alla diplomazia e non alla diffusione del caos e della distruzione. Trump ha imparato in fretta dai Brics (e dalle migliori tradizioni patriottiche americane) e questa sua innovativa strategia geopolitica che unisce diplomazia, affarismo di alto livello, visioni geopolitiche nuove, sovrane e decise sta portando alcuni frutti importanti per invertire la crisi interna Usa e bilanciare la crescita dell'area sino-asiatica. Ma la rivoluzione di Trump è stata anche una rivoluzione culturale: ha dimostrato nei fatti che la pace presuppone forza, libertà e l'esercizio di una sovranità congiunta con dei valori etici. La pace non è frutto della guerriglia urbana o di un globalismo etico retorico, modaiolo, confusionario ma si tratta di un lavoro politico di abilità, acume, impegno e intelligenza. Ancora di più: ha dimostrato che una "terza via" sia sempre possibile tra quegli opposti antagonisti ideologici che stavano gettando benzina sulle tensioni sociali e interne di molte nazioni europee e che si rivelano quasi sempre vicoli ciechi di odio e di regresso. Certamente la pace trumpiana è imperfetta, incerta e mossa da intenzioni politiche a favore degli interessi Usa più che da ideali spirituali ma l'importante è la concretezza dei risultati e l'emergere di una nuova visione che rida dignità agli Usa e all'Occidente. Ricordiamo infine due dati importanti: l'intervento decisivo di Trump (dietro probabile accordo con Putin) per risolvere la terribile guerra siriana che da dieci anni devastava quel popolo in una sorta di conflitto sia civile, interno che internazionale, la soluzione geniale trumpiana per evitare la degenerazione dello scontro militare Iran/Israele e infine il fatto che alla vittoria di "Trump pacificatore" su Gaza corrisponde la piena sconfitta politico-militare dell'attuale Governo israeliano. Due anni di bombardamenti, cannoneggiamenti, guerra aperta contro poche frange militari arabo-islamiche per riuscire a controllare (e malamente) solo poche decine di kilometri quadrati dentro la Striscia corrispondono a un totale fallimento militare di fronte alla straordinaria e imprevista resistenza militare araba e palestinese. Non solo: la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi rispetto a poche decine di ostaggi israeliani viene sempre letta come una grande vittoria politico-morale dai mass media e dalle popolazioni arabe e islamiche di tutto il mondo. Il progetto delirante di un "Grande Israele" mistico e militare è un parte fallito di fronte alla rivolta dell'opinione pubblica mondiale ma sopprattuto di fronte all'intervento di Trump con il quale gli Usa per la prima volta dal 1948 hanno sospeso il loro appoggio ad Israele nella continuazione di una politica folle di allargamento ai danni dei palestinesi, del Libano del sud e della stessa Siria. Il risultato finale è una sconfitta politica e d'immagine piena: la prevalenza militare non ha portato alcun vantaggio ad Israele, lo ha isolato politicamente a livello internazionale, ha riavvicinato tutte le nazioni arabe del medio-oriente, ha rafforzato Hamas che oggi recluta aderenti in una quantità cresciuta esponenzialmente. La lezione di Trump dimostra come fare affari e creare nuovi accordi sia la via giusta per evitare guerre, ristrutturare l'Occidente e anche per contenere e bilanciare la crescita dei Brics. Non solo: ha dimostrato come si possa conciliare l'interesse nazionale con la politica internazionale in modo cooperativo e innovativo. Per fare affari ad alto livello ci vogliono Governi sovrani, liberi e dotati di una visione strategica, consapevole e a lungo termine. Tutte cose che mancano alla debole, smarrita e incerta classe politica italiana che da tempo ha voluto perdere ogni consapevolezza di cosa sia il proprio interesse nazionale a favore di un "tirare a campare" da una legge di bilancio all'altra. 

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