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Ucraina, senza fondi né soldati Kiev crolla: l’Europa paga la guerra per evitare la disfatta, Mosca avanza su ogni fronte

Senza un supporto costante e massiccio dall’esterno, l’esercito ucraino è destinato al collasso. Gli Stati Uniti, dopo aver guidato il sostegno militare nei primi anni di guerra, hanno voltato pagina: nessun nuovo dollaro da Washington, mentre l’Europa si ritrova con il cerino in mano

22 Settembre 2025

Ucraina, senza fondi né soldati Kiev crolla: l’Europa paga la guerra per evitare la disfatta, Mosca avanza su ogni fronte

Zelensky, fonte: imagoeconomica

Dopo oltre 3 anni e mezzo di conflitto, il teatro principale della guerra in Ucraina non è più il fronte di Donetsk o le trincee di Zaporizhia, ma i tavoli della finanza occidentale. Qui si decide il destino di Kiev. Senza un supporto costante e massiccio dall’esterno, l’esercito ucraino è destinato al collasso. Gli Stati Uniti, dopo aver guidato il sostegno militare nei primi anni di guerra, hanno voltato pagina: nessun nuovo dollaro da Washington, mentre l’Europa si ritrova con il cerino in mano. Il problema? Ogni anno servono almeno 100 miliardi di euro per mantenere l’Ucraina in piedi. Una cifra insostenibile per qualsiasi bilancio nazionale, soprattutto in un’Europa già provata da inflazione, crisi energetica e crescente malcontento popolare.

Il ministro della Difesa ucraino Shmyhal lo ha detto chiaramente: per il solo 2026, Kiev ha bisogno di 120 miliardi di dollari – tra forniture militari e copertura del deficit. Sessanta verranno, nelle intenzioni, dal bilancio statale ucraino (se resisterà), gli altri dalla piattaforma Ramstein, dal modello danese, dai pacchetti europei e dai fondi internazionali. Ma il nodo è uno: l’Ucraina da sola non ce la fa. E l’Europa rischia la bancarotta politica se decidesse di pagare direttamente.

Per questo Bruxelles e Washington sono tornate a discutere di un’ipotesi finora rimandata: utilizzare le riserve valutarie russe congelate in Europa (oltre 200 miliardi di euro) per finanziare la guerra contro Mosca. Una violazione del diritto internazionale? Forse. Ma, dicono i promotori della linea dura, necessaria. La BCE, la Banca Mondiale e diverse cancellerie europee sono scettiche: sottrarre quei fondi significherebbe esporsi al rischio di fuga di capitali, sfiducia nei mercati e un precedente pericoloso per tutti.

Intanto, sul terreno, la situazione per l’Ucraina si aggrava giorno dopo giorno. I russi avanzano su tutti i fronti. Kupyansk, nella regione di Kharkiv, è ormai diventata il simbolo del collasso della linea difensiva ucraina nel nord-est. Usando un oleodotto abbandonato, le truppe di Mosca sono penetrate nel cuore della città, costringendo lo stato maggiore ucraino a ordinare una resistenza disperata. Ma le linee logistiche sono ormai sotto il fuoco russo. A Pokrovsk, nel Donbass, i reparti russi hanno stretto in una morsa le forze di Kiev, espandendo i propri controlli nei sobborghi nord e ovest.

Nel settore di Zaporizhia, la situazione è altrettanto grave: Novoivanivka e Muravka sono cadute, mentre a sud, lungo il Dniepr, le truppe di Mosca avanzano verso Stepnohirsk. Il comando ucraino ha già rimosso due generali per “gravi perdite territoriali”.

A rendere tutto più drammatico è l’emorragia umana. Le defezioni nell’esercito ucraino hanno raggiunto livelli allarmanti. Secondo dati recenti, solo tra maggio e settembre 2025 si contano circa 380 disertori al giorno. Il totale dei procedimenti penali per diserzione dal 2022 supera gli 86mila casi. Ma gli stessi ufficiali ucraini ammettono che le cifre reali potrebbero essere il doppio. Roman Kovalev, comandante ucraino, ha parlato apertamente di “fuga fino al 30% nelle unità di fanteria”.

Il governo ha provato a correre ai ripari abbassando l’età della leva: si discute di coinvolgere gli over 21, se non addirittura gli over 18. Ma è una corsa contro il tempo. Da inizio guerra, l’Ucraina ha perso circa 14 milioni di cittadini: un disastro demografico senza precedenti. Giovani, donne, minori, famiglie intere hanno abbandonato il Paese. A Kiev, manca manodopera, morale e — soprattutto — uomini da mandare al fronte.

Il generale tedesco Roland Kather ha detto chiaramente che la situazione è “critica e in peggioramento”. L’Occidente, sostiene, non può più ribaltare le sorti militari. La diplomazia resta l’unica opzione.

Ma anche su questo fronte, l’Unione Europea si mostra divisa e paralizzata. Tra chi vuole trattare e chi cerca la vittoria totale, tra chi non può più sostenere economicamente la guerra e chi non può permettersi di perdere la faccia dopo anni di sostegno incondizionato a Kiev, l’immobilismo prevale.

Nel frattempo, Mosca avanza. Con oltre 700mila soldati mobilitati, l’offensiva russa ha assunto una scala che nemmeno i più pessimisti a Bruxelles avevano previsto. Le bombe plananti dell’aeronautica russa (oltre 4.300 solo ad agosto) stanno devastando le linee ucraine, impedendo rifornimenti e logistica. Ogni giorno l’Ucraina perde, tra morti, feriti e disertori, oltre 700 uomini. Il governo Zelensky è ormai in trincea anche politicamente.

Il vero punto di non ritorno, però, potrebbe arrivare se l’Europa dovesse davvero iniziare a finanziare l’Ucraina coi propri bilanci. Sarebbe un suicidio politico: i governi cadrebbero sotto la pressione delle piazze, dei populismi e dell’astensione crescente. Da qui l’idea di utilizzare i fondi russi congelati. Ma anche quella, se non altro, è una scommessa pericolosa.

La guerra in Ucraina è entrata nella sua fase finale. Ma non sarà il campo di battaglia a decretarne l’esito. Sarà l’Europa, e la sua (im)possibilità di pagare. La disfatta non è più solo militare. È, prima di tutto, sistemica.

Di Riccardo Renzi

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