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Meno male che c’è Orban con il suo realismo a non peggiorare le cose; preferirei un'Europa un po’ più come lui e meno ipocrita

Preferirei una Europa un po’ più alla Orban e meno ipocrita: del resto negli ultimi tre anni continuiamo a comprare gas e petrolio dai russi, il che significa pagare un pezzo della sua economia di guerra

29 Agosto 2025

Ucraina, Orban: "L'Ue è a pochi centimetri dalla distruzione, sta preparando la guerra alla Russia", ha assolutamente ragione

Viktor Orban, fonte: imagoeconomica

Qui lo posso dire e sono certo che tra i lettori di questo sito ci sarà consapevolezza del “senso politico” di quel che sto scrivendo.

Premetto che, anche stavolta come in tutte quelle in cui mi sono ritrovato a parlare della situazione in Ucraina, guardo a come uscire da una situazione di guerra che col passare del tempo diventa sempre più drammatica. Quando ricoprii l’incarico di senatore nella passata legislatura sono stato tra i pochissimi - e i Cinquestelle non erano tra costoro - a non votare mai e ripeto mai alcun atto riguardante l’invio di armi a Kiev e non perché - dicevo anche questo - non avessi pietas verso il dramma delle persone coinvolte nella guerra, civili e militari, ma perché volevo rafforzare l’idea che nelle mediazioni il valore del mediatore è fondamentale. Che mediatore puoi essere se non appari terzo rispetto alla sfida? Che mediatore sei se hai deciso che una parte va punita perché ha attaccato e non ha pietà?

È più che legittimo, tanto più di fronte alla (semplicistica) schematizzazione del giusto/sbagliato e del buono/cattivo, scegliere da che parte stare ma poi le cose non sempre vanno come si pensa: per esempio, l’intensità della guerra si fa alza sempre più, comprendendo l’uso delle mine anti-uomo o le armi sporche; le sanzioni economiche non raggiungono i risultati sperati (e poi vedremo anche perché); o perché lo schema dell’aggressore e dell’aggredito arriva a creare il corto circuito che c’è oggi nella Striscia di Gaza o in Iran e allora ecco che le parole si fanno meno nette per non disturbare gli aggressori (Israele e Usa). La politica è molto più complessa di un post o di una manifestazione, quindi bisogna sforzarsi di leggere i fatti anche dagli angoli più scomodi o moralmente discutibili.

Arrivo così a quel che all’inizio dell’articolo ponevo come posizione scomoda: per paradosso sostengo che siano un bene le prese di posizioni di Orban, il suo rifiuto a non omologarsi alla grammatica moralista dell’Unione europea contro Putin. Non lo dico per provocare - sarebbe troppo facile ridurre sempre tutto a mera provocazione, per quanto una piccola dose di provocazione ci sia - ma lo affermo perché convinto che nessuna mediazione sarà mai raggiunta dall’Europa fintanto che pensa che l’unico approdo possibile sia quello dell’umiliazione o della sconfitta di Putin. I comunicati che le solite Cancellerie si sono affrettate a scrivere dopo l’escalation di guerra delle ultime ore non servono a nulla se non a sentirsi comodi: attacco al presidente russo sarebbe stato scontato. Orban avrebbe o ha fermato le 27 diverse formulazioni perché non voleva che il suo governo fosse coinvolto. Così quella dichiarazione non è uscita nella formulazione che avrebbero voluto. Non è uscita ma è come se lo fosse, quindi il messaggio è arrivato ma - grazie a Orban - non è agli atti.

Ormai è sempre più chiaro che a breve non ci sarà alcuna mediazione possibile. E non ci sarà perché non vogliamo ammettere che Putin in questo schema politico novecentesco (che possiamo anche definire rozzo, barbaro, violento eccetera ma non cambia nulla) è più attrezzato di tutti quegli altri leader che mai avrebbero voluto rifare i conti con le guerre. Invece la situazione è questa ed è in questo campo che si deve giocare. Trump ha scelto di non isolare Putin: gli serve esattamente come a Putin serve il presidente americano. Se lo sono detti in faccia e hanno voluto che il messaggio arrivasse.

Oltre a Trump, c’è poi quel mondo che un tempo avremmo chiamato “Terzo” o dei “Paesi emergenti” e che oggi vediamo aggrumato sotto l’insegna dei Brics plus: ci sono la Cina, la Russia appunto, l’India, il Brasile, alcuni Stati africani emergenti e alcuni Paesi arabi. Lo stesso schema è replicato nella Belt and Road Initiative e nell’imminente summit che prende il nome di Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO)2025. Si tratta della grande mappa tramata dalla Cina per competere (no per sostituire perché non ne avrebbe assolutamente la forza) con gli Usa nella mappa del nuovo ordine globale sino-centrico. Ebbene, nessuno di questi Paesi - Cina, India, Brasile, Paesi del Golfo - ha mai enunciato di voler escludere Putin. Nemmeno la Turchia di Erdogan ha tale foga.

Gli unici che hanno deciso di giocare un’altra carta, cioé quella dell’isolamento e della emarginazione del “mostro”, sono gli europei, inteso soprattutto come Unione Europea e i Volenterosi. Le uniche resistenze arrivano da Orban, in maniera netta. L’Italia ha deciso di “surfare” tra il pragmatismo di Trump (scegliendo per esempio il nuovo ambasciatore a Mosca o dichiarando di non inviare truppe a Kiev) e la scelta di campo europeista. Nel suo insieme però l’Europa non ha una posizione attiva (lo ha pure ricordato Draghi), ma si limita alla più dura interdizione, preferisce cioé rompere il gioco nella speranza di sfiancare l’avversario. Il quale avversario però non si sfiancherà e, come dicevo sopra, conosce la grammatica della guerra più di tutti gli altri.

Pertanto i casi sono due: o l’Europa affonda ed entra militarmente accanto all’Ucraina oppure deve accettare che la politica fa la tara morale a tutto pur di arrivare al risultato. Preferirei una Europa un po’ più alla Orban e meno ipocrita: del resto negli ultimi tre anni continuiamo a comprare gas e petrolio dai russi, il che significa pagare un pezzo della sua economia di guerra.

di Gianluigi Paragone

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