05 Agosto 2025
Politecnico Milano, fonte: Instagram, @milanoguida
Il Politecnico di Milano si spacca sulla questione Gaza. La rettrice Donatella Sciuto ha votato per il solo cessate il fuoco nella Striscia, ma sono montate le proteste di 600 persone fra docenti e tecnici, che hanno scritto una mozione a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina.
Al Politecnico di Milano si apre una frattura profonda sul conflitto in Medio Oriente. Il Senato accademico ha approvato una mozione che condanna le violenze a Gaza e auspica un cessate il fuoco. Tuttavia, il documento – presentato dalla rettrice Donatella Sciuto – ha suscitato insoddisfazione tra oltre 600 membri dell’ateneo, tra docenti e personale tecnico-amministrativo, che avevano firmato una mozione alternativa, ben più articolata e incisiva.
La mozione non approvata chiedeva il riconoscimento dello Stato di Palestina, la sospensione del memorandum militare Italia-Israele, e la creazione di una commissione etica per vigilare sui progetti di ricerca, in particolare su quelli a rischio di impiego bellico. "Il documento approvato è annacquato, privo di richieste concrete e di coraggio", ha dichiarato Arturo Lanzani, professore ordinario di Urbanistica e firmatario della mozione alternativa. "È una condanna generica, messa sullo stesso piano della guerra in Ucraina. Ma l’ateneo ha relazioni con Israele, non con Hamas né con la Russia".
I docenti promotori avevano incontrato la rettrice per avviare un dialogo. Tuttavia, racconta Lanzani, "la sua contrarietà è emersa subito, e si è concretizzata nella proposta di un testo alternativo". Anche la richiesta di una commissione etica interna è stata respinta. L’obiettivo era evitare che il Politecnico, "magari inconsapevolmente, partecipi allo sviluppo di tecnologie utilizzate in scenari di guerra".
La preoccupazione dei docenti va oltre Gaza. "Temiamo che la ricerca civile finisca per dipendere sempre più da fondi legati alla difesa", sottolinea Lanzani. "È un problema etico che le università tecnico-scientifiche devono affrontare. Non è estremismo, è responsabilità pubblica".
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