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Gaza, la “guerra delle calorie” di Israele: partiti nel 2008 con 2279 a testa, oggi meno di 1600, gazawi: “Spogliati della nostra dignità”

La “guerra delle calorie” sarebbe una strategia di Israele emersa nel 2012, ma avviata già nel 2008, che prevede il controllo calcolato dell’apporto calorico della popolazione di Gaza

10 Luglio 2025

Gaza, dal 2008 Israele porta avanti “guerra delle calorie”: partiti da 2279 a testa, oggi meno di 1600, gazawi: “Spogliati della nostra dignità”

Gaza "guerra calorie" Fonte: Reuters

Dal 2008 Israele porterebbe avanti una strategia sistematica definitaguerra delle calorie”: una politica di controllo alimentare sulla Striscia di Gaza che ha previsto inizialmente una soglia di 2279 calorie al giorno per persona, ridotta oggi – secondo fonti internazionali – a meno di 1600. A pagare il prezzo più alto è la popolazione civile, ormai esausta. I gazawi parlano senza mezzi termini: “Spogliati della nostra dignità”.

Gaza, la “guerra delle calorie” di Israele: partiti nel 2008 con 2279 a testa, oggi meno di 1600, gazawi: “Spogliati della nostra dignità”

Immaginate cosa significhi, per un padre, dipendere interamente dal proprio oppressore per nutrire i suoi figli. Immaginate cosa significhi sapere che quello stesso oppressore decide quante calorie può ricevere suo figlio, con quale cibo si può sfamare ed in che tempi. Ed immaginate, infine, che, nel silenzio, tutto questo va avanti da quasi 20 anni”. Le parole di Raed Sabbah, medico palestinese, descrivono senza filtri la condizione disumana vissuta da chi, nella Striscia di Gaza, si trova a lottare quotidianamente non solo per la sopravvivenza, ma per preservare un minimo di dignità. Sabbah non si lascia andare alla rabbia, ma alla frustrazione profonda di un padre umiliato, privato della possibilità più naturale: sfamare i propri figli.

A Gaza si muore anche per il cibo. In un contesto dove l’accesso agli aiuti umanitari è ridotto al minimo e controllato militarmente, è nato un nuovo conteggio macabro: quello dei “morti per il cibo”. Si tratta di civili uccisi mentre tentavano di avvicinarsi ai centri di distribuzione, spesso presidiati da militari israeliani o contractors armati. Quando questi centri vengono aperti.

Le immagini delle folle disperate al valico di Rafah, in fila per un sacco di farina, sono diventate simbolo della disperazione. Ma la realtà nasconde un aspetto ancora più inquietante: quella che viene chiamata “guerra delle calorie”, una strategia emersa nel 2012, ma avviata già nel 2008, che prevede il controllo calcolato dell’apporto calorico della popolazione di Gaza.

Tutto parte dal 2007, con la presa del potere da parte di Hamas nella Striscia. Israele rafforza il blocco già avviato nel 2006, con l’obiettivo dichiarato di isolare e indebolire il movimento islamico. Nel 2011, l’Alta Corte israeliana rende pubblico un documento del Ministero della Difesa, presentato in una causa intentata dall’Ong Gisha. Il titolo era “Red lines”.

Quel documento stabiliva in 2279 calorie al giorno il fabbisogno minimo per abitante della Striscia, utile ad evitare formalmente una crisi umanitaria. Gli aiuti che Israele lasciava passare dovevano essere calcolati esattamente su quella soglia. Non una caloria di più. Un criterio tecnico, ma anche profondamente politico.

Secondo questo modello, siamo già al punto in cui decine di migliaia di persone non hanno cibo e comunque si sfamano con meno di 300 calorie al giorno”, spiegava Arnon Khoury-Yafin, economista coinvolto nel piano e ascoltato dalla Knesset.

Una forma di manipolazione della fame come arma politica”, l’ha definita Gisha.

Dopo il 7 ottobre 2023, questa strategia si è intensificata. Il Governo israeliano – il più a destra della storia del Paese – ha puntato su due direttrici: impedire ad Hamas di ricevere aiuti e aumentare la pressione sulla popolazione civile per provocare una rivolta interna.

Secondo un recente rapporto dell’International Crisis Group, “dal luglio 2024 fino al cessate il fuoco del gennaio 2025, le restrizioni israeliane hanno limitato il Programma Alimentare Mondiale a fornire meno di 1.600 calorie al giorno per persona. Molto al di sotto rispetto a prima. La Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), la compagnia americana a cui Israele ha affidato il compito di gestire la distribuzione degli aiuti, promette di fornire leggermente di più, 1.750 calorie, ma solo ai suoi ‘centri fortificati’ di distribuzione”.

In parallelo, il mercato nero e la criminalità sottraggono ulteriori risorse agli aiuti destinati ai civili. E mentre aumentano i casi di morte per fame, cresce l’allarme per una crisi sanitaria e sociale senza precedenti.

Si tratta di una quantità inferiore al fabbisogno delle persone, in particolare di coloro che sono denutriti o hanno sofferto la fame per la maggior parte degli ultimi 19 mesi. Quindi queste non sono razioni per il recupero, ma razioni di sopravvivenza”, ha spiegato il mese scorso Robert Bletcher, esperto di conflitti dell’Icg.

L’obiettivo non è più scongiurare la crisi, ma mantenerla entro un livelloaccettabiledi malnutrizione cronica. Un equilibrio cinico, ammesso dallo stesso premier israeliano: “Per completare la vittoria, sconfiggere Hamas e liberare i nostri ostaggi, non dobbiamo arrivare a una situazione di carestia, né dal punto di vista pratico, né diplomatico. Non ci sosterrebbero”.

La testimonianza di Anas Hagag, da Rafah, è un pugno nello stomaco: “Oggi non abbiamo il lusso di accettare o rifiutare. Siamo occupati a tenere in vita i nostri figli. Stiamo affondando. Pensiamo solo a restare a galla”.

E l’allarme di Bletcher chiude ogni speranza di tregua nel breve termine: “L’equilibrio precario di Israele – mantenere la popolazione alla fame evitando una carestia conclamata – non può durare indefinitamente. Ogni ciclo lascia la popolazione di Gaza più debole”.

La domanda resta sempre la stessa, nella Striscia, dove ogni giorno è una lotta per sopravvivere: a che prezzo? Perché la guerra delle calorie non uccide soltanto, ma come dicono i gazavi:"spoglia un popolo della sua dignità”.

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