21 Giugno 2025
“È un’esercitazione?” “No. Questa volta no.” Il codice è stato attivato: DEFCON 3. In gergo militare significa una cosa soltanto: l’America è in allerta globale, pronta a un’escalation su più teatri contemporaneamente.
Il segnale è arrivato nella notte, silenzioso ma pesantissimo: ripositioning dei bombardieri strategici, flotte in movimento nell’Atlantico e nel Pacifico, sottomarini in immersione nell’Artico. Le squadre del Cyber Command sono già operative a livello CREMI, un codice mai dichiarato pubblicamente, ma ben noto agli apparati.
Satelliti attivi. Reti schermate. Codici incrociati. Nessun annuncio ufficiale.
Fonti militari raccolte dal GDI descrivono una situazione senza precedenti dal post-11 settembre, quando il DEFCON 3 fu attivato per l’ultima volta. Ma stavolta non si tratta di terrorismo. È lo spettro della guerra tra Stati. “È il passo prima della mobilitazione. Un respiro sotto la guerra totale.”
A preoccupare non è solo l’allerta, ma la rapidità con cui si è saliti di livello, bruciando tutte le tappe intermedie. Aerei rifornitori in volo permanente sopra il Golfo. Velivoli AWACS accesi h24. Portaerei con rotta ignota.
Chi ha superato la linea rossa? In ambienti NATO il sospetto è che un test o un’infiltrazione — non dichiarati — abbiano fatto scattare il protocollo automatico. Ma il silenzio è la conferma: quando nessuno parla, è perché tutto si sta già muovendo. “Il prossimo livello è l’inferno cinetico. Missili, droni, blackout, interferenze GPS. Si va in cieco. Si va al buio.”
Nel frattempo, la Casa Bianca tace. Trump continua a dire tutto e il contrario di tutto. Ma in una conference call ristretta, il segretario alla Difesa si è detto pronto ad ogni scenario: “Keep the options open. It’s started.”
Di Ghost Dog
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