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Le dichiarazioni “realistiche” di un produttore di armi vicino al Governo: “Armi a Israele: se non le forniamo noi, le fornirà qualcun altro”

“Occorre modificare la normativa per consentirci di esportare armi anche a Nazioni in guerra, la corsa al riarmo è una grande occasione per la nostra economia”

14 Maggio 2025

Le dichiarazioni “realistiche” di un produttore di armi vicino al Governo: “Armi a Israele: se non le forniamo noi, le fornirà qualcun altro”

Fonte: imagoeconomica

Da tempo infuria la polemica: l'Italia sta o no vendendo armi a Israele? Il Ministro Antonio Tajani ha dichiarato in più occasioni che l'Italia sta soltanto onorando i contratti già conclusi.
Dato che i contratti sono secretati, non vi è modo di verificare la veridicità di queste affermazioni. La normativa vigente (l. 185 del 1990), è chiarissima:
“1. L'esportazione, l'importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” (omissis)
“L'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere; b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione.”
L'Articolo 11 Costituzione recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; (omissis).”
La lobby dei produttori di armi sta facendo pressioni sul Governo perché cambi la normativa: un imprenditore che preferisce restare anonimo mi ha confidato: “La corsa al riarmo è una grande occasione per la nostra economia”.
Non ne dubito. Il Gruppo FIAT - con l'acquisizione di Valsella Meccanotecnica (nel 1984) e di Simmel Difesa (nel 1988) – fu per un decennio uno tra i maggiori produttori mondiali di mine antiuomo. Poi, nel 1994, il Governo italiano adottò una moratoria contro le mine antiuomo.
La produzione di armi – così come quella di “vaccini” - è un business straordinario, diverso da qualsiasi altro: non occorre cercare acquirenti, la politica ha carta bianca nel decidere gli incrementi di spesa. La corsa al riarmo è stata decisa senza nessuna seria opposizione e ora si tratta soltanto di approfittarne. In quest'ottica, l'imprenditore non ha torto quando definisce le proprie dichiarazioni “realistiche”: “Abbiamo deciso di riarmarci, facciamolo con armi italiane e – soprattutto - facciamo il possibile per esportare le nostre armi all'estero”.
Come ho già scritto molte volte citando precedenti storici, il riarmo porta alla guerra, la guerra non è pace, e – checché ne pensino le Signore von der Leyen e Kallas – sarebbe il caso di considerare che la convivenza pacifica si fonda sul rispetto reciproco, non sulla deterrenza armata.
Il mio – tuttavia – è il punto di vista di un pacifista. Da avvocato, uso a riconoscere la validità delle tesi altrui, comprendo che un produttore di armi sia più realista, più cinico se vogliamo: non mi sconvolgo.
Al contrario, mi sconvolgono l'ipocrisia, la mistificazione, la menzogna di chi ammetta che sì, vendiamo armi a Nazioni belligeranti, ma non sono letali e non vengono utilizzate.
Di Alfredo Tocchi

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