12 Aprile 2025
Fonte: X @DailyTurkic
Un accordo strategico tra Pakistan e Turchia potrebbe cambiare il futuro energetico e geopolitico del Sud-Est asiatico. Durante il Pakistan Minerals Investment Forum 2025, tenutosi questa settimana a Islamabad, i 2 Paesi hanno firmato un’intesa per presentare congiuntamente offerte su 40 blocchi offshore nell'Oceano Indiano. Ma non mancano le implicazioni geopolitiche: parte dei blocchi interessati si troverebbe infatti in acque considerate contese o congiunte con l’India. Un elemento che potrebbe riaccendere tensioni storiche tra i 2 Paesi, entrambi potenze nucleari, che si sono già scontrati in passato su questioni di confine marittimo e terrestre, in particolare nel Kashmir. Per Nuova Delhi, l’iniziativa di Islamabad – soprattutto in partnership con un attore terzo come la Turchia – potrebbe essere vista come una provocazione o un tentativo unilaterale di consolidare la propria influenza nella regione.
L’operazione, che coinvolge Mari Energies Limited, Oil and Gas Development Company Limited e Pakistan Petroleum Limited per il Pakistan, insieme alla società statale turca “Türkiye Petrolleri Anonim Ortaklığı” (TPAO), riguarda giacimenti situati nei bacini del Makran e dell’Indo, per i quali il governo pakistano aveva lanciato una gara di esplorazione a febbraio.
Secondo Modern Diplomacy, la scoperta è il risultato di un’indagine durata 3 anni che ha evidenziato un potenziale tale da rendere questo giacimento "il quarto più grande al mondo". Solo Venezuela, Arabia Saudita e Canada possiedono riserve petrolifere provate superiori. Un potenziale che, se confermato, potrebbe “cambiare la direzione economica del Pakistan, dove una persona su quattro vive in povertà”.
Già nel gennaio 2024 Oilprice osservava come Shell avesse annunciato la vendita della sua partecipazione in Pakistan alla saudita Aramco nel giugno 2023, e come un’asta per 18 blocchi petroliferi avesse ricevuto una risposta “tiepida” dai player internazionali. Addirittura, nessuna offerta fu presentata per 15 di questi blocchi, come riportato da The Nation.
Alla base della ritrosia internazionale c’è una questione di rischio e sicurezza. Il ministro del Petrolio pakistano, Musadik Malik, dichiarava nel luglio 2024 davanti a una commissione parlamentare che “nessuna compagnia internazionale era interessata all’esplorazione offshore”, e che “quelle presenti nel Paese stavano cercando l’uscita”. Secondo Malik, “il costo della sicurezza rappresenta un ostacolo decisivo, poiché nelle aree di esplorazione le aziende devono spendere somme ingenti per proteggere personale e infrastrutture”. E la sicurezza, affidata al governo pakistano, si è rivelata spesso inefficace.
In effetti, nel marzo 2024 un attacco suicida uccise 5 ingegneri cinesi nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Gli ingegneri stavano lavorando al progetto della diga di Dasu, parte del corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) da 62 miliardi di dollari. L’attacco innescò una serie di sospensioni temporanee su altri progetti strategici.
E non si è trattato di un episodio isolato: sempre in marzo, miliziani dell’Esercito di Liberazione del Balochistan (BLA), gruppo separatista attivo nel sud-ovest del Paese, hanno assaltato il complesso dell’Autorità Portuale di Gwadar, controllato dalla Cina.
Nonostante tutto, Islamabad guarda con fiducia al futuro. Secondo il ministro dell’Energia Mohammad Ali, il Pakistan dispone di riserve per 235 trilioni di piedi cubi (tcf) di gas naturale. Basterebbero investimenti tra i 25 e i 30 miliardi di dollari per estrarne almeno il 10% nei prossimi 10 anni, invertendo la curva discendente della produzione nazionale e riducendo la dipendenza dalle importazioni.
Ma i benefici non si fermano a petrolio e gas. Modern Diplomacy sottolinea che “le aree marine del Pakistan sono ricche di risorse naturali, tra cui cobalto, nichel e terre rare”. L’obiettivo è quello di sfruttare l’“economia blu” nazionale.
"Il potenziale qui va oltre l’elettricità, comprendendo settori come la pesca, la biotecnologia marina e persino l’ecoturismo. Uno sforzo coordinato per espandere queste industrie potrebbe offrire al Pakistan una varietà di fonti di reddito e occupazione, rafforzando così la sua economia", si legge ancora.
Se da un lato Islamabad non possiede la tecnologia per lo sfruttamento minerario in acque profonde, cresce a livello globale l’interesse verso l’estrazione dei noduli polimetallici, ricchi di metalli preziosi. Anche su questo fronte, dunque, il mare del Pakistan potrebbe riservare nuove opportunità, ma anche conflitti tra India e Pakistan.
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