03 Maggio 2025
Zelensky e Putin, Fonte: Facebook, @Gianluigi Paragone
I contorni di un accordo per porre fine alla guerra in Ucraina sono ormai abbastanza chiari. Si riconoscerebbe il controllo di Mosca sui territori attualmente in mano alla Russia e si dichiarerebbe che Kiev non entrerà nella NATO. In termini territoriali, si tratta di una formula molto simile a quanto discusso poche settimane dopo lo scoppio del conflitto, nell’aprile del 2022. La differenza principale, al centro delle discussioni oggi, riguarda le garanzie di sicurezza per l’Ucraina da parte dei Paesi occidentali. Su questo punto è verosimile che Vladimir Putin dovrà cedere qualcosa. Secondo alcuni resoconti, nel 2022 i russi puntavano a una sostanziale demilitarizzazione dell’Ucraina, riducendo l’esercito ad appena 50 mila uomini. Inoltre, ci sarebbero state restrizioni importanti sul tipo di armamenti in dotazione. Quel treno è già partito. Ormai, con oltre tre anni di combattimenti feroci, diventa impossibile pensare che l’Ucraina possa essere disarmata. Ha un esercito di quasi un milione di persone – grazie anche all’arruolamento forzato – di gran lunga il più numeroso in Europa. E il tentativo russo di entrare nel resto del Paese e guidare un cambiamento di governo significa che nessuno, dall’altra parte, può fidarsi di Mosca solo a parole.
Per questo sembra verosimile che si potrà mantenere il veto all’entrata nella NATO, che conviene sia alla Russia sia all’Alleanza stessa, per evitare tensioni e rischi ancora più alti; ma nei fatti ci saranno garanzie e aiuti militari importanti per l’Ucraina. L’obiettivo sarà rafforzare i confini stabiliti, in modo da scoraggiare ogni tentativo di riprendere il conflitto. In questo senso, Kiev sarà sicura di mantenere la sua indipendenza e di avvicinarsi sempre di più all’Europa, seppur con alcune limitazioni.
Tutto questo, però, ha un prezzo: il riconoscimento del controllo della Russia sulla Crimea e sui territori del Donbass che controlla. Ogni volta che si comincia a discutere apertamente di questa necessità, Volodymyr Zelensky protesta, dicendo che non si potrà mai cedere territorio, cosa che tra l’altro contraddice la costituzione del Paese. In realtà non si tratta di “cedere”, nel senso che quei territori sono già in mano a Mosca; ma si resiste a qualsiasi atto ufficiale in questo senso, con molti in Occidente che affermano il rischio di violare i principi basilari del diritto internazionale.
Il Cremlino risponderebbe parlando delle tante guerre americane che hanno violato la sovranità di altri Paesi, come anche del referendum con cui il Kosovo è diventato indipendente. Ci sono interpretazioni diverse di quegli eventi, ed è improbabile che si riesca a mettersi d’accordo in termini formali. Tuttavia, la realtà sul terreno è evidente: l’unico modo per cambiare la situazione attuale sarebbe con una grande offensiva militare sostenuta dall’Europa e dagli Stati Uniti, cioè dare vita a una guerra più ampia contro la Russia.
Dunque, lo scoglio fondamentale diventa come mettersi d’accordo sui territori quando ci sono due visioni diverse delle regole. Una possibilità è trovare una formula per riconoscere di fatto il controllo russo, ma non de jure. Non facile, ma ci sono vari esempi di regioni che sono rimaste contestate per anni in altre parti del mondo. In qualche caso funziona, in qualche caso si rimanda solo il conflitto, ma il congelamento dei combattimenti sembra un obiettivo importante e ragionevole in questo momento, con l’impegno poi di lavorare su un’intesa più duratura negli anni a venire.
Alla fine, ogni parte dovrà cedere qualcosa: la Russia sarà costretta ad accettare le conseguenze dell’invasione, cioè che il resto dell’Ucraina sarà indipendente e sostenuto dall’Occidente. Kiev non potrà riprendere il controllo dei territori contestati, ormai legati nei fatti alla Russia. Non sarà possibile raggiungere un accordo formale e complessivo in tempi brevi, ma l’unica alternativa sarebbe continuare a combattere, e quindi a morire, senza alcuna prospettiva di un cambiamento sostanziale nella realtà sul terreno.
Di Andrew Spannaus
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