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Oro italiano a Fort Knox, 43% delle 2500 tonnellate di riserve in Usa dal dopoguerra, lo scippo americano a sostegno dell'alleanza atlantica

Meloni nel 2020 affermava: "L'oro è un bene rifugio, va rimpatriato ora più che mai", adesso FdI glissa: "Non è il momento di farlo"

18 Aprile 2025

Oro italiano a Fort Knox, 43% delle 2500 tonnellate di riserve auree in Usa dal dopoguerra, lo scippo americano a sostegno dell'alleanza 

Le riserve auree italiane contenute a Fort Knox, nel Kentucky statunitense, devono essere rimpatriate. Il tema però non sembra essere più una priorità del governo Meloni, nonostante le battaglie da lei stessa portate avanti già nel maggio 2020, quando affermava: "Oggi più che mai occorre riportare a casa l'oro italiano custodito all'estero". L'oro, che già cinque anni fa si perfilava già come "bene rifugio" -e a maggior ragione oggi- è ritornato all'attenzione nazionale dall'insediamento della nuova amministrazione Trump che ha riportato alla luce la vicenda delle riserve auree contenute a Fort Knox. Il Presidente Usa aveva detto sul tema: "Speriamo che tutto vada bene con Fort Knox, ma andremo ad assicurarci che l'oro sia ancora là. Se l'oro non c'è, saremo molto arrabbiati" annunciando che avrebbe provveduto ad aprire le riserve contenute al suo interno, in risposta alle numerose teorie che sostengono che gli Stati Uniti avrebbero portato via l'oro al suo interno, ripostate anche dallo stesso Elon Musk. L'oro italiano contenuto nella fortezza Usa sarebbe equivalente al 43% su un totale di 2500 tonnellate di riserve auree.

Oro italiano a Fort Knox, 43% delle 2500 tonnellate di riserve auree in Usa dal dopoguerra, lo scippo americano a sostegno dell'alleanza 

La cifra è impressione, si parla del 43% (nello specifico il 43,29%) di riserve auree italiane corrispondenti ad un totale di 2500 tonnellate sono stoccate a Fort Knox. Il resto, secondo quanto riportato dalla Banca d'Italia, è diviso tra Regno Unito (5,76%) e Svizzera (6,09%). In Italia rimane invece appena il 44,86%. La frammentazione del patrimonio italiano è un'eredità del secondo dopoguerra, quando l'Italia, uscita sconfitta e in ginocchio, negoziava la propria sopravvivenza economica e politica sotto l'ombrello statunitense.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia aveva un disperato bisogno di ricostruirsi. Le infrastrutture erano distrutte, la lira svalutata e il rischio di instabilità sociale alle stelle. Fu in questo contesto che l'Italia aderì al Piano Marshall, ricevendo aiuti economici dagli Stati Uniti in cambio di garanzie e fedeltà geopolitica. Ma c’era un prezzo da pagare. Fonti d'archivio poco note raccontano che, a partire dal 1947, il Tesoro italiano avviò trasferimenti graduali di riserve auree verso gli USA, ufficialmente si è parlato di "ragioni di sicurezza e stabilità" legata sia al contesto geopolitico che alla diversificazione finanziaria. La Guerra Fredda incalzava, e l'Italia era un avamposto strategico tra l'Ovest capitalista e l'Est sovietico. Affidare parte dell'oro a Washington fu considerato un atto di "fiducia reciproca".

Gli storici più critici di questa mossa però hanno parlato, senza mezzi termini, di "scippo" made in Usa riconoscendo l'oro italiano come un mezzo di assicurazione di fedeltà nei momenti cruciali della guerra Fredda e oltre. Negli anni ’50 e ’60 infatti, l'Italia divenne una pedina fondamentale nella strategia statunitense in Europa, e gli aiuti monetari a stelle e strisce forniti dal Piano Marshall una "cauzione" non scritta e mai avuta indietro. Ancora oggi, circa il 43% dell'intera riserva aurea italiana resta fisicamente nei caveau americani, nello specifico a Fort Knox. Audit interni non si realizzano da almeno 50 anni, l'ultima ispezione risalirebbe infatti al 1974 quando il segretario del Tesoro dell'epoca autorizzò la visita al deposito per mettere a tacere voci insistenti su una presunta sparizione dell'oro operata dagli Usa.

Trump su Fort Knox: "Apriremo le porte, se l'oro non c'è saremo molto arrabbiati" ma per FdI non è più una priorità: "Non è il momento di rimpatriarlo"

Il tema dell'oro italiano all'estero è ritornato all'attualità in tempi recenti a seguito delle dichiarazioni di Trump e Musk circa l'effettiva presenza o meno dell'oro a Fort Knox. Il presidente Usa e il patron di Tesla, X e Starlink stanno riprendendo proprio quella teoria che fa riferimento all'ultima ispezione effettuata nel 1974. "Apriremo le porte. Ispezioneremo Fort Knox", ha dichiarato Donald Trump durante il suo intervento al CPAC, il raduno internazionale dei conservatori più importante dell'anno, dove era presente anche Giorgia Meloni. Il presidente degli Stati Uniti vuole ispezionare il leggendario caveau delle riserve aurifere americane. Il sospetto, condiviso anche da Elon Musk, è che –per ragioni ancora oscure– l'oro non sia più lì. "Non vorrei aprire e trovare gli armadi vuoti. Se l'oro non ci sarà, saremo molto arrabbiati", ha avvertito Trump con il suo consueto tono provocatorio. Musk, da parte sua, ha acceso la miccia sui social, dedicando diversi post su X alla vicenda: "Chi conferma che l'oro non è stato rubato da Fort Knox?", ha scritto. "Forse è lì, forse no".

A distanza di oltre settant'anni, l'oro italiano all’estero resta un simbolo potente di un'epoca, di un'alleanza, ma anche di una sovranità non del tutto riconquistata. Meloni dal canto suo, non sembra più preoccupata della questione delle riserve auree un tempo a lei a cuore. Era solo il 2020 quando postava della necessità di rimpatriare l'oro italiano all'estero, ma ora a fronte del nuovo inchino a Donald Trump, pare aver dimenticato anche questo importante furto statunitense nei confronti della patria. Fratelli d'Italia sul tema ha commentato: "Non c'è necessità di rimpatriarlo ora".

 

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