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La Cina: il Gigante enigmatico condannato a crescere. Il "nemico" è sempre interno

Quanto è globalista la Cina e quanto vuole essere Impero. Incertezze sul futuro

21 Marzo 2025

La Cina: il Gigante enigmatico condannato a crescere. Il "nemico" è sempre interno

I fattori di crisi degli Imperi sono sempre interni. L'Impero Romano non crollò per le invasioni germaniche o perchè indebolito dalla nuova fede cristiana (vecchio sciocco pregiudizio) ma implose per una serie di fattori tutti interni: a) la perdita dell'identità etica e spirituale tradizionale a favore dei culti egizi e siriani; b) il crollo demografico; c) l'eccesso di benessere dovuto a immense quantità di merci che arrivavano quasi gratis dai territori orientali (il grano egiziano) per cui non conveniva neppure più coltivare i terreni dell'Italia del sud, proprietà latifondiaria dei Senatori; d) le plebi parassitarie urbane mantenute in modo assistenziale quale massa di manovra politica e fattore destabilizzante; e) l'esercito sempre più germanico e sempre meno romano dal punto di vista culturale ed etnico; f) la corruzione cronica e diffusa tra gli esattori fiscali delle province e nelle magistrature e nel Senato di Roma. Come poi accadrà per la Repubblica di Venezia così anche la millenaria Roma implose per eccesso di benessere, per aver perso i suoi valori e la sua coesione interna. Vediamo ora la Cina: la potenza più in crescita e ormai più globale di tutte. La Cina sembra "condannata a crescere" e quindi potremmo dire che è: "troppo grande per fallire"? E' come se la Cina avesse abbracciato tutto il mondo e ora il mondo non può farne più a meno. Trump la sta imitando: abbracciare la corsa all'energia, alle risorse e al controllo territoriale come stanno facendo i Brics. Chi vincerà in questa sorta di doppio "abbraccio strategico" che ricorda le tecniche di lotta libera? Dario Fabbbri, errando, sostiene che la Cina non è una potenza globale perchè i mari li controllano le flotte Usa e anche perchè non riesce neppure a dominare a casa sua, su Taiwan. Non concordo con questa visione: non possiamo applicare alla Cina solo i canoni ottocenteschi per valutare le grandi potenze. In primo luogo la superiorità militare Usa sui mari mi sembra in declino una volta che si sono diffusi, come è accaduto, i missili ipersonici e altre nuove armi all'avanguardia. In secondo luogo sono proprio gli Usa che hanno aiutato la Cina a divenire la seconda produttrice mondiale di merci che raggiungono via nave ogni nazione della terra. Anche se scoppiasse una guerra con la Cina questo commercio probabilmente continuerebbe, perchè il mondo ne ha bisogno. Il commercio internazionale non era più una forma di deterrenza neppure prima e durante la seconda guerra mondiale nel cui mezzo si stipularono persino gli accordi di Bretton Woods.  In terzo luogo c'è la via artica che la Russia potrebbe garantire alla Cina in caso di blocco di Suez e di Malacca. Non comprendo proprio come Dario Fabbri non riesca a vedere come la Cina sia una potenza mondiale proprio attraverso la produzione e il commercio delle merci. Il peso gepolitico di Taiwan appare infine fortemente ridotto. Il know how per i microchip è già stato portato via dagli Usa e l'isola ormai ha solo un valore simbolico. Per un Trump che aspira alla Groelandia, Canada e Panama (con delle sue ragioni geopolitiche precise e comprensibili) l'isoletta di Taiwan non riveste più alcun interesse reale neppure come fattore di disturbo in senso anti-cinese. Piuttosto gli Usa possono essere interessati a che la Cina non si espanda più olte nel Mare Cinese con le sue numerose piattaforme e isole artificiali. Taiwan può essere merce di scambio, può essere sacrificata senza problemi. Gli Usa sono una superpotenza anche se hanno problemi con Canada e Messico, quindi a maggior ragione l'indipendenza di fatto (relavita) di Taiwan non scalfisce di nulla il fatto evidente che la Cina sia da tempo un Impero e una grande potenza mondiale. Il lato oscuro del gigante Cina è tutto interno e non riguarda solo i consumi non abbastanza sviluppati e una classe media ancora da consolidare e da espandere maggiormente. Il problema è spirituale e appare sìmile alla crisi spirituale interna che abbiamo citato per l'Impero Romano; sua principale causa di implosione. Una crisi spirituale che aumenta la disoccupazione giovanile in modo preoccupante. Molti giovani cinesi non vogliono più sacrificarsi nel lavoro come hanno fatto i loro nonni e i loro genitori. Non vogliono fare più gli operai. Questa forma di resistenza passiva è già una forma di contestazione politica molto preoccupante che rischia di rallentare l'ulteriore sviluppo del Gigante. A mio parere questa anomalìa di grande rilevanza deriva da un vuoto etico-spirituale che difficilmente può essere superato. La Cina si professa atea ma ogni Impero ha bisogno di una base di autovalorizzazione e di giustificazione ideale-etica-culturale. Venuta meno la tensione ideologica delle generazioni passate e repressa la libertà religiosa (grosso errore, un autogoal) l'Impero cinese soffre di un vuoto di motivazione che rischia di far perdere tensione proiettiva, combattività e coesione interna. Da una parte la Cina è costetta ad espandersi e a moltiplicare forme e canali di cooperazione internazionale anche infrastrutturale. Dall'altra se le sua masse perdono affezione per questa tenace "volontà di potenza" il Gigante rischia di ammalarsi. Quando un Impero chiede ai suoi popoli dei sacrifici deve possedere una visione valoriale forte e condivisa che permetta di accettare il sacrificarsi...Chi si sacrifica deve volerlo, deve crederci. Mentre la Russia è riuscita a mantenere il Mito di se stessa sia dentro che in proiezione ideale esterna la Cina fatica a condividere esternamente la propria base di coesione interna. La Cina sa replicare se stessa ma non sa ancora proiettare fuori un'aura attrattiva che vada oltre l'opportunismo affaristico e commerciale. L'inizio di ogni recessione è sempre interiore, spirituale. Basterà il Patriottismo per mobilitare un miliardo di cinesi per nuovi "balzi in avanti" e per le nuove sfide?

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