12 Marzo 2025
È stato durante la prima amministrazione Trump che è iniziata la virata post-globale degli Stati Uniti. Dopo la vittoria del Tycoon nel 2016, insieme all'importante prova di Bernie Sanders nelle primarie democratiche contro Hillary Clinton, la massa critica per un cambiamento nelle politiche liberiste della globalizzazione era stata raggiunta. Da presidente, Trump ha iniziato a imporre dazi e a tagliare le tasse allo scopo di incoraggiare gli investimenti industriali negli Stati Uniti.
L'economia americana ha continuato a crescere, ma il piano di Trump non ha raggiunto l'obiettivo. Non bastava aumentare il costo dei beni esteri, poiché mancava la capacità produttiva interna. Inoltre, dare più soldi alle grandi società ha avuto un effetto limitato, in quanto queste ultime li hanno in buona parte distribuiti agli azionisti, contribuendo così a rafforzare la dinamica delle disuguaglianze sociali.
Non significa che l'obiettivo fosse sbagliato, ma che gli strumenti utilizzati da Trump erano insufficienti. È stata l'amministrazione Biden, ironicamente, a proseguire la strada iniziata dal suo predecessore, per poi aggiungere il tassello fondamentale della politica industriale: migliaia di miliardi di investimenti nelle infrastrutture e incentivi per la manifattura, soprattutto nei settori tecnologici necessari per competere con la Cina.
Purtroppo per i democratici, gli effetti di misure del genere richiedono anni per manifestarsi. È in atto un boom nella costruzione di nuovi impianti industriali dal 2022, così come un aumento dei salari reali; questi fattori sono stati tuttavia insufficienti a compensare i disagi causati dall'inflazione, che ha toccato il 9% durante gli anni di Biden, a causa principalmente dell'interruzione delle filiere dovuta alla pandemia.
Ora è tornato Trump, deciso a ricostruire la base industriale americana. Intende farlo con misure ancora più drastiche rispetto al primo mandato, convinto ora di avere l'autorità per ignorare le critiche interne. Da una parte, utilizza i dazi per costringere paesi come Messico e Canada a combattere l'inflazione e il traffico di droga (seppur quest'ultimo quasi inesistente nel caso del vicino del nord). Per il resto, vuole riportare la produzione negli Stati Uniti.
Il problema, di nuovo, è che ci vuole tempo. I capi dell'industria automobilistica hanno dovuto spiegare al presidente che imporre dazi farebbe aumentare di parecchio, nell'immediato, il prezzo delle auto e creerebbe un danno rispetto ai competitor esteri. La risposta del Tycoon è: fate le fabbriche in America. Non è sbagliato spingere le aziende in questa direzione, perché di fatto hanno sfruttato i costi bassi altrove per creare catene di valore molto lunghe che sembrano efficienti a livello finanziario, ma che provocano forti problemi per i lavoratori e anche per l'ambiente.
Tuttavia, è evidente che imporre dazi su tutti i prodotti che entrano nel paese causerà disagi ai consumatori nell'immediato. Trump non ha la pazienza di attuare in modo ragionato la nuova direzione economica e così rischia di danneggiare tutti, perdendo anche consensi.
I mercati finanziari lo stanno segnalando. L'incertezza riguardo ai piani del Tycoon ha provocato ingenti perdite, in un dietrofront drammatico rispetto all'ottimismo delle settimane successive alle elezioni. Gli effetti si vedono anche sull'opinione pubblica. Non solo il tasso di approvazione di Trump non ha mai raggiunto il 50%, a differenza di tutti gli altri presidenti nel periodo successivo all'insediamento, ma ora gli elettori, arrabbiati per i tagli nel settore pubblico, la perdita di posti di lavoro e la riduzione dei servizi, fanno sentire la loro voce. Il presidente della Camera, Mike Johnson, ha perfino consigliato ai parlamentari repubblicani di limitare gli incontri con gli elettori, vista l'escalation dei toni in questo periodo.
Donald Trump ha alcuni istinti e obiettivi condivisibili, ma i metodi che persegue rischiano di vanificare gli sforzi positivi. Nei prossimi mesi si vedrà se il Tycoon risponderà alle pressioni economiche e politiche scegliendo un approccio più cauto, o se insisterà nella fuga in avanti, rischiando danni ancora più profondi.
Di Andrew Spannaus
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