15 Febbraio 2025
Trump, fonte: imagoeconomica
Si muovono i primi passi della trattativa per porre fine alla guerra in Ucraina. Trump ha sentito Putin e una serie di alti funzionari americani ha partecipato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco per spiegare la posizione americana agli europei. Si tratta di una posizione relativamente chiara, anche se emergono elementi diversi, in linea con un approccio "bastone e carota" da parte di Washington.
Tutti concordano sul fatto che non sia realistico pensare che l'Ucraina possa riconquistare i territori originali e ripristinare così i confini precedenti al conflitto. Inoltre, nessuno tra gli americani contempla l'ingresso dell'Ucraina nella NATO in questo momento. Si tratta di posizioni che riflettono la realtà sul terreno e la principale preoccupazione della Russia, ossia quella di non cedere – almeno formalmente – una zona che considera parte integrante della propria storia alle forze atlantiche.
Dall'altra parte, il vicepresidente JD Vance ha parlato di "leve militari ed economiche" che potrebbero essere utilizzate per esercitare pressioni sulla Russia, senza escludere addirittura l'impiego di forze americane. Mosca ha reagito immediatamente chiedendo chiarimenti, e anche nel mondo occidentale lo stupore è stato significativo. Queste dichiarazioni, rilasciate in un'intervista al Wall Street Journal, rappresentano la parte del bastone, mentre nel suo discorso a Monaco Vance ha dato poco peso alla questione russa, affermando che la vera minaccia per l'Europa non è la Russia, ma la Cina.
I rappresentanti USA hanno anche iniziato a discutere con Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino non è contento di essere messo all'angolo, con l'idea di essere costretto ad accettare un eventuale accordo tra Putin e Trump. Per questo ha rilanciato con una proposta di intesa sulle terre rare, sperando che la fornitura di questi minerali essenziali agli alleati possa incoraggiarli a continuare a sostenere il suo Paese.
Intorno a questo processo si levano numerose lamentele da parte dei politici dell'Unione Europea. Kaja Kallas, Alto Rappresentante dell'UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, ha subito criticato i contatti tra Putin e Trump, affermando che nessun accordo potrà essere raggiunto senza il coinvolgimento degli europei. Le sue dichiarazioni riflettono un sentimento diffuso tra la classe politica europea: il timore che il processo di pace in Ucraina avvenga a spese dell'Europa. Questo perché gli americani vogliono condurre i negoziati, mentre insistono affinché gli europei si impegnino successivamente per la sicurezza e la ricostruzione. Inoltre, nel Vecchio Continente si teme che fare troppe concessioni alla Russia possa portare, in futuro, a una nuova minaccia per i Paesi dell'Est.
Questa reazione mostra delle contraddizioni, almeno per quanto riguarda l'Europa occidentale. È vero che la classe dirigente europea ha adottato appieno la linea dura verso Mosca negli ultimi anni. In questo sono state determinanti le pressioni americane, non solo dal febbraio 2022, ma già dal 2014, in seguito al referendum in Crimea e all'imposizione delle prime sanzioni.
Tale posizione, però, non è stata condivisa da tutti. Anzi, i partiti politici "populisti", così come una fetta importante dell'opinione pubblica (che la politica preferisce escludere quando si parla di temi strategici), hanno sempre auspicato un atteggiamento più aperto nei confronti di Mosca, puntando a evitare la rottura netta applicata in questi anni. Nelle discussioni private, anche in sede istituzionale, bastano pochi secondi perché emergano preoccupazioni su questo punto, con critiche agli Stati Uniti per l'allargamento della NATO, per esempio.
Ora vediamo riproporsi il tipico schema europeo: prima si esprimono dubbi e critiche agli USA, poi l'establishment del continente riesce a imporre una certa linea comune e, successivamente, quando Washington cambia approccio, gli europei si ergono a paladini della coerenza e del diritto per criticare gli americani.
Di conseguenza, mentre il mondo procede, riflettendo il maggiore realismo che caratterizza le relazioni globali in questo periodo, l'Europa rischia di rimanere indietro. Se vuole davvero contare, può certamente rivendicare il diritto di perseguire i propri obiettivi e interessi, ma lamentarsi quando lo fanno gli americani sarà poco efficace. Inoltre, rifiutarsi di riconoscere la profondità del cambiamento rispetto alle illusioni dell'epoca della globalizzazione potrebbe rivelarsi fatale.
di Andrew Spannaus
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