05 Febbraio 2025
Fonte: imagoeconomica
Erano tutti d'accordo nel riportare a casa Cecilia Sala. Quando, pochi giorni dopo, è stato scarcerato e rimpatriato Mohammed Abedini, nessuno si è scandalizzato. È stato il prezzo da pagare per liberare una cittadina italiana finita in carcere per motivi politici, senza dare peso alle lamentele del governo americano, che aveva causato il problema chiedendo l'arresto e l'estradizione dell'ingegnere iraniano.
Nel caso Almasri, invece, l'opposizione insorge. Come si fa a scarcerare qualcuno accusato dalla Corte penale internazionale di violenze, torture e stupri? Se l'Europa si erge a difensore dei diritti umani, allora deve applicare la legge senza preoccuparsi di cosa pensano gli altri.
Ma cosa sarebbe successo se le autorità libiche avessero arrestato un cittadino italiano, magari un imprenditore o una giornalista? Quanti avrebbero invocato subito un accordo per liberare l'ostaggio? E, a quel punto, sarebbe stato legittimo rimandare indietro il generale libico, ovviamente per ragioni di Stato.
Il ragionamento del governo è stato evidente: non voleva esporsi a un altro caso di ricatto da parte di un Paese dove la situazione interna è tutt'altro che stabile. Certo, sono state date spiegazioni diverse e la comunicazione è stata confusa. La realtà, però, dovrebbe essere chiara a tutti: l'Italia si esponeva a grandi rischi con l'arresto di Almasri, e quindi l'esecutivo di Giorgia Meloni ha agito in anticipo per evitare un nuovo caso internazionale difficile.
L'opposizione ha il diritto di chiedere spiegazioni, ma sa bene che il governo non può dichiarare apertamente le reali motivazioni della decisione. Conviene concordare una versione di comodo. In questo caso, insistere sulle polemiche significa, di fatto, indebolire lo Stato solo per ottenere un vantaggio politico interno.
C'è una seconda considerazione importante. Nel mondo vige ancora la sovranità nazionale. Pensare di arrestare un funzionario militare di un altro Paese solleva problemi non indifferenti. Chi dà all'Italia il diritto di farlo? Non può essere la Corte penale internazionale, perché la Libia non ne fa parte (così come, tra l'altro, nemmeno gli Stati Uniti). Se si vuole affermare la giurisdizione universale della Corte, bisogna essere pronti al conflitto con chi non la riconosce. La guerra umanitaria l'abbiamo già sperimentata, proprio nel caso della Libia. I risultati sono stati disastrosi.
L'arresto e i processi ai leader politici e militari avvengono nei confronti di Paesi più deboli, che non sono in grado di opporsi a quelli più grandi. Di questi tempi, però, alcuni attori hanno trovato un'arma efficace per difendersi. A meno che non si intenda minacciare militarmente chi non accetta le regole sui diritti umani fissate dall'Occidente, occorre trattare tra Stati sovrani per evitare casi come quelli di Sala e Almasri. Ci sono molti rischi nel cercare di fare il poliziotto del mondo, anche a fin di bene.
di Andrew Spannaus
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