14 Novembre 2024
Durante l’evento, svoltosi nel Padiglione Italia, è intervenuto anche il Ministro Uzbeko per l’ecologia, la protezione ambientale ed il cambiamento climatico Aziz Abdukhakimov. L’incontro ha voluto mettere a fuoco nelle giornate di Baku, la complessità della crisi ambientale che interessa il bacino idrico, che coinvolge Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.Il disastro ecologico del Lago d’Aral rappresenta uno dei più gravi della storia moderna e rappresenta oggi una sfida globale per la gestione delle risorse naturali e la rigenerazione degli ecosistemi.Questo evento è stato un momento di restituzione dei risultati della recente missione tecnica italiana in Asia Centrale, offrendo una panoramica dei principali temi e delle criticità identificate sul campo, dei principali stakeholder coinvolti e del progetto di rigenerazione ambientale del Lago d'Aral come modello internazionale di governance partecipativa e sostenibilità.
IGD ha intervistato il Presidente di Sogesid Roberto Mantovanelli per conoscere i dettagli di questa iniziativa che vede l’Italia in prima fila.
D: Qual è la strategia, l’applicazione di questo progetto?
R: Esiste un dialogo aperto 5+1, quindi tutti i paesi dell’Asia centrale più l’Italia; esiste una presidenza italiana di una commissione di gestione delle acque transfrontaliere che in questo momento vede l’Italia in qualità di presidenza, il ministro Cirielli in qualità di rappresentante di questa presidenza ha deciso di proporre un progetto operativo in collegamento con questo dialogo a 5+1 più la presidenza. Cirielli ha chiesto alla Sogesid in qualità di società in house della pubblica amministrazione particolarmente “skillata” sugli aspetti tecnici di gestione dell’acqua e adesso di cooperazione internazionale da almeno 5 anni, di immaginare un’iniziativa che potesse essere proposta a livello regionale. La Sogesid ha provveduto a stilare una proposta, che è stata visionata in prima battuta dai referenti italiani e poi condivisa con i referenti dei 5 paesi via ambasciatori; poi è stata oggetto di un confronto più serrato a fine maggio di quest’anno in cui si è svolta la terza conferenza dei 5+1. A quel punto i paesi hanno deciso di dare immediatamente avvio a questa iniziativa, che era di loro interesse, e il primo passo è stato (come da loro richiesto e concordato) di organizzare una missione in loco. Una missione tecnica ad opera di esperti Sogesid che ha fatto il giro dei 5 paesi incontrando con il supporto del governo e degli ambasciatori italiani (ma anche degli ambasciatori dei paesi) tutti i referenti istituzionali non solo sul tema del Mare d’Aral e della rigenerazione ambientale, per cominciare un dialogo teso a identificare zone di interesse (i famosi “geocluster”), possibili settori d’interesse per ogni singolo paese e incominciare una identificazione comune di quelli che possono essere dei progetti pilota da mettere in campo. Ovviamente il vice ministro Cirielli era in visita di stato in Kazakistan a fine ottobre, i tecnici e rappresentanti Sogesid lo hanno incontrato a fine mansione ad Astana e poi ad Almaty. Quella è stata l’occasione per fare una prima restituzione degli esiti della missione. A quel punto il vice ministro Cirielli contestualmente ha detto: “Visto che c’è la COP…perché non organizzare lì un side-event su questa iniziativa?”. I governi dei 5 paesi hanno così ricevuto inviti ufficiali per presenziare qui a Baku.
D: Com’è stato interfacciarsi con questi paesi?
R: È importante dire che Sogesid in questo caso si muove a supporto del progetto del ministero e in collaborazione con Aics. Abbiamo fatto un primo incontro con gli ambasciatori presso il ministero a maggio, da lì è partito tutto (tra cui la visita di cui parlava la dottoressa negli scorsi mesi), per cui la collaborazione sta andando avanti bene. Siamo partiti con il piede giusto con questo progetto, c’è stata una grande abilità da parte di chi lo ha seguito nel saperlo approcciare nel modo corretto. Ora vedremo gli sviluppi perché non è una zona semplice, bisogna mettere assieme tante sensibilità. Questa prima fase di dialogo dura circa 12 mesi poi, se tutto va come deve, il progetto immaginato nel suo insieme dovrebbe essere di una durata di 6 anni (3+3). Prevede in maniera dialogata e congiunta l’identificazione di alcuni micro cluster territoriali, saranno i paesi stessi a selezionarli congiuntamente all’Italia, sulla base dei dati non su preferenze. Si selezionano inizialmente queste possibili aree cluster, sulla base della raccolta congiunta dei dati si fa una scrematura, si seleziona a questo punto quale di questi geocluster può essere il più idoneo. A quel punto si identificano (sempre congiuntamente) i settori più problematici, dati alla mano. Al termine della selezione e dello “sfrondamento” i geocluster da una lista e i possibili settori da un’altra, a quel punto - senza dimenticare che si immagina che le università italiane con cui Sogesid ha molteplici accordi e le università locali collaborino insieme anche dal punto di vista scientifico, di scambio di studenti, borse di studio e quant’altro - si può immaginare di mettere in piedi una serie di progetti pilota che ben si attanagliano con la realtà identificata e così dare il via ai progetti pilota. A seconda dei risultati che questi progetti pilota daranno si può decidere quali sono delle buone pratiche e quindi quali possono essere allargati o replicati e quant’altro.
D: Nella prima visita, avete notato una differenza tra i due paesi (Kazakistan e Uzbekistan) nella tematica critica del problema, o siamo sullo stesso piano?
R:La regione è contrassegnata da alcuni elementi che sono comuni, che ritornano, ma da visioni profondamente diverse. L’Uzbekistan in tutta la regione limitrofa al Lago Aral tende a considerare più “sensitive” anche i temi sociali, perché loro hanno una popolazione che sta abbandonando le zone, non ha lavoro. C’è una tematica sostanzialmente più legata a uno sviluppo sociale operativo e lavorativo anche delle persone che abitano in quella zona (pesca e non solo). Hanno anche delle difficoltà oggettive perché non è facile portare i servizi essenziali (acqua, luce…) in zone così remote dove la popolazione è talmente scarna.
Contestualmente la regione del Kazakistan, che corrisponde all’ex bacino del Mare d’Aral, ha problemi molto più forte di salute la popolazione.
Quindi si somma il problema uzbeko della popolazione sparsa a un problema reale di salute. Tutti e due i paesi hanno focalizzato molto l’attenzione sulla piantumazione di alberi però la modalità e la gestione di questa hanno sistemi, tecniche e modelli organizzativi molto diversi. C’è una diversa gradazione delle stesse problematiche.
D: L’inquinamento dell’acqua rimane uno dei problemi più importanti per entrambi i paesi?
R: Rispetto all’acqua il Kazakistan ha costruito delle dighe, sta quindi ri-nutrendo il piccolo Aral. Cosa che dall’altra parte gli Uzbeki non hanno, anche in questo caso c’è una profonda differenza. Se i kazaki puntano molto sul progetto della World Bank che vuole decuplicare la portata della diga, e quindi rinutrire il piccolo Aral, gli uzbeki hanno sostanzialmente abbandonato l’idea. Non è vero poi che c’è una grande scarsità d’acqua, perché i kirghizi e i tagiki hanno dei ghiacciai meravigliosi, abbondanza d’acqua, nutrono tutta la regione. 95% dell’acqua della regione arriva proprio da questi due.
D: Voi avete parlato di 5 paesi, qual è il ruolo del Turkmenistan?
R: Il Turkmenistan sta operando attraverso l’Undp, anche loro piantumano (forse anche più degli altri). Sono stati disponibili, aperti al dialogo e interessati all’impianto di tipo regionale. La cooperazione fra i 5 paesi conosce delle difficoltà, con gradazioni intermedie, partendo dai problemi ambientali del singolo paese, si piò cominciare a risolvere problemi nazionali ma la somma della soluzione di questi problemi nazionali porterebbe a un beneficio regionale.
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